lunedì 24 settembre 2018

CCF e bilancia commerciale


Per qualche strana ragione, un’obiezione ricorrente che mi sento formulare riguardo al progetto Moneta Fiscale / CCF è che produrrebbe squilibri nei saldi commerciali esteri, in quanto una parte rilevante del maggiore potere d’acquisto in circolazione si rivolgerebbe all’acquisto di prodotti stranieri.

In generale, politiche espansive dal lato della domanda incontrano – a parità di altre condizioni - un limite dovuto alla bilancia commerciale. Oggi per la verità c’è molto margine, perché l’Italia ha da anni un surplus di 50 miliardi abbondanti. Ma il limite effettivamente esiste, se non siamo in grado di abbinare all’azione espansiva un miglioramento di competitività delle aziende localizzate in Italia. Miglioramento che potrebbe essere ottenuto in tempi molto rapidi solo – si afferma - tramite un riallineamento valutario: altrimenti detto, tramite l’uscita dall’euro e la svalutazione della Nuova Lira.

Questa obiezione è sorprendente perché fin dalla sua primissima formulazione, il progetto CCF prevede di erogarli anche alle aziende, in funzione dei costi di lavoro sostenuti. Altrimenti detto: il datore di lavoro sostiene un determinato costo lordo in euro, ma l’assegnazione di Certificati di Credito Fiscale riduce il costo effettivo.

Tanto è vero che il primissimo articolo da me pubblicato sul tema (sul Sole 24 Ore, nientemeno: era l’ormai lontano 31 ottobre 2012) aveva come titolo “Certificati di credito per il cuneo”.

Magari in seguito io e i miei colleghi del Gruppo della Moneta Fiscale abbiamo dato meno enfasi a questo aspetto della proposta: meno, intendo, rispetto a quanto sarebbe stato opportuno. Forse proprio perché lo davamo per evidente ed acquisito. Comunque tutte le esposizioni del progetto l’hanno debitamente menzionato.

In effetti, emettere CCF mette nelle mani del governo due macroleve di intervento sull’economia: una che agisce sulla domanda interna (i CCF assegnati a lavoratori, pensionati, a integrazione della spesa sociale, a rafforzamento degli investimenti pubblici), e un’altra (l’azione sul cuneo fiscale, appunto) che interviene sulla competitività aziendale.

Nelle varie formulazioni del progetto, uno split tipico è tre quarti sulla domanda interna, un quarto sulla competitività. Una proporzione plausibile, che richiama l’incidenza dell’import e dell’export sul PIL italiano (incidenza che,  appunto, è intorno al 25%).

E’ sicuro che sia la proporzione giusta per evitare una parziale dispersione dell’impulso espansivo a causa del deterioramento dei conti con l’estero ? sicuro no, in quanto stimare l’elasticità di import ed export alla domanda interna da un lato, e al costo del lavoro dall’altro, è un esercizio complesso.

Tuttavia, la “manopola cuneo fiscale” può essere facilmente regolata in corso d’opera. L’allocazione dei CCF a riduzione del cuneo può essere aumentata o diminuita via via che si constata, eventualmente, una riduzione del surplus commerciale estero – o, al contrario, un suo incremento: anch’esso da evitare, perché l’obiettivo non è di seguire la Germania lungo la via, destabilizzante, del mercantilismo. E’ di rilanciare produzione e occupazione a saldi commerciali esteri invariati.

Un'ulteriore obiezione è che riducendo il costo del lavoro effettivo delle aziende (tramite, lo preciso perché pure qui nascono equivoci, allocazione di CCF, non riduzione di salari netti - che anzi si accresceranno, perché i CCF vengono assegnati anche ai lavoratori) si creano sì le condizioni per migliorarne la competitività: ma solo se le aziende abbassano i prezzi.

Questo, tuttavia, è vero anche nel caso di una svalutazione. Le aziende italiane non vendevano all’estero (e non venderanno in futuro, ove mai si andasse al breakup) in lire, ma in dollari, yen, sterline, franchi svizzeri, marchi. L’adeguamento dei listini era sempre necessario.

Ma è anche facile e molto conveniente attuarlo, nel momento in cui permette alle aziende di aumentare, a parità di margine di contribuzione unitario, le quantità prodotte e vendute. Soprattutto se nel sistema economico esiste (ed oggi è così) un ampio livello di capacità produttiva inutilizzata, che consente di migliorare i margini di contribuzione totali senza aumentare i costi fissi.


23 commenti:

  1. L'altra volta parlando del gioco d'azzardo ho detto che su 100 miliardi € di giro d'affari lo stato ne prende solo 8-10 quindi un decimo sul totale e dicevo che con il monopolio statale lo stato ne avrebbe incassati tutti e 100, in realta' mi voglio correggere: bisogna sottrarre ai 100 le vincite che valgono 77 miliardi € quindi su 100 ne rimangono 23 persi dai giocatori che finiscono quasi 10 allo stato e 13 ai privati. Morale: i soldi nazionalizzabili dallo stato non sono 80 miliardi ma 13 che finiscono ai privati e' comunque una buona cifra, 3 potrebbero andare ai privati e allo stato in totale andrebbero non 10 miliardi come oggi ma 20. 10 miliardi € in piu. Che ne pensa ?
    Luca il KAKAKATSO PATRIOTA

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    1. Sicuro di aver tenuto conto anche delle tasse e delle concessioni pagate dai privati ?

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    2. Sull'articolo che ho letto parlavano dei privati dicendo che incassano 12-13 miliardi mentre lo stato ne incassa solo 10 non si parla di tasse e concessioni, probabilmente la tassa e' del 45% visto che lo stato incassa 10 miliardi sui 23 ma non potremmo statalizzarlo direttamente con leggi speciali ? 10 miliardi € in piu' servirebbero.
      Luca il KAKAKATSO PATRIOTA

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    3. Credo che il grosso siano concessioni, quindi vanno viste le date di scadenza.

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  2. Ho letto su IlFatto che lo stato incassa solo dal 6 al 19% sulle vincite poi dipende dai vari giochi, non sarebbe meglio tassare del 50% quei 77 miliardi di vincite visto che lo stato deve poi pagare i danni sociali della ludopatia che ammontano a 29 miliardi di € annui, in questo scoraggiamo la gente a giocare e lo stato su 77 miliardi incasserebbe anziche' una media del 12,5% una decina di miliardi ne prenderebbe il 50% 38,5 miliardi di € ? Le vincite sono troppo poco tassate, ricordiamoci che il giro d'affari in meno di 20 anni e' decuplicato ?
    Luca il KAKAKATSO PATRIOTA

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    1. Diciamo che sicuramente preferisco tassare il gioco che altre cose… semplicemente perché se vuoi evitare la tassa, basta non giocare ! e non è una cosa di cui non si può fare a meno.

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  3. http://www.padovaoggi.it/cronaca/npl-gacs-banche-numero-verde-19-agosto-2018.html

    Le segnalo quest'articolo su Gacs e metto questo passaggio grave:

    "Belluco torna poi sulla questione Gacs (garanzie dello Stato sui presunti debiti che potranno essere contestati o non esigibili) e tratteggia una situazione "pericolosa": "E' suicida che lo Stato, nella persona dell'ignaro risparmiatore, debba garantire sulle sofferenze bancarie da decine di miliardi di euro. E' una follia voluta da Renzi -Padoan e continuata dal ministro Tria: è inammissibile allora che il governo che si dice del "cambiamento" continui con le malefatte di quelli precedenti per favorire le banche che hanno distrutto le famiglie e il risparmio. Seguire le indicazioni del presidente dell'ABI Antonio Patuelli, che vuole più scelte europeiste in politica economica, ci porterà a fare la fine della Grecia"

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    1. Ho presente. Non avere più una banca centrale a garanzia del risparmio, e in generale essersi spossessati della potestà statale di emissione monetaria, conduce a queste "soluzioni" raffazzonate e inadeguate, quando non controproducenti.

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    2. Ma sul fatto che Tria continui su questa road to hell che ne pensa ? Congetture?

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    3. Si può fare di meglio senza riappropriarsi della capacità di emettere moneta ? il problema è sempre quello a monte.

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    4. Sarebbe ora che si diano una svegliata e chiamino lei Zibordi Micalizzi.. se non lo fanno comincerò a pensare che siano in malafede.. sbaglierò? Vedremo

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  4. Ho letto su PagellaPolitica che le importazioni di materie prime arrivano a 168,8 miliardi € poi pero' IlFatto dice che sono 70/110 miliardi € dipende dai costi dei combustibili fossili. Ha ragione IlFatto o PagellaPolitica, forse PagellaPolitica considera tutto anche le importazioni di grano ad esempio ?
    Luca il KAKAKATSO PATRIOTA

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    1. Credo che dipenda dalla definizione di "materia prima". I beni arrivano quasi sempre con un qualche livello di lavorazione, quindi la distinzione tra materia prima e semilavorato è in parte una convenzione.

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  5. L'Italia importa 42 miliardi € di alimentari dall'estero 30/35% di grano tenero-duro, idem il mais addirittura il 51% del pesce. Cosa fare per essere piu' indipendenti ? Dicono che per il grano si cerchera' di importare meno grano canadese prodotto con inquinanti ed essere piu' autarchici,potremmo trovare altri metodi, surrogati per essere indipendenti ? Tra l'altro siamo indipendenti per la frutta e la verdura potremmo mangiare piu' frutta e verdura e meno pasta :) !!!!! ?
    Luca il KAKAKATSO PATRIOTA

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    1. Qui però entrano in gioco tutti gli accordi di libero scambio, UE CETA WTO e chi più ne ha più ne metta. Tenuto conto che abbiamo un surplus commerciale complessivo di 50 miliardi, i deficit in particolari settori non mi preoccupano. Sicuramente non a livello macroeconomico: salvo ipotizzare che i fornitori di prodotti alimentari ci vogliano affamare per ragioni politiche, ma non riesco a vederlo come un tema da mettere al top delle preoccupazioni...

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    2. Non e' un tema da mettere al top delle preoccupazioni ma risparmiare 42 miliardi € e' importante, e poterli rimetterli in circolo nel mercato interno lo e' anche di piu' :) !!!!!
      Luca il KAKAKATSO PATRIOTA

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    3. Certo, ma le risposte devono venire in prima battuta dai produttori agroalimentari italiani, che sicuramente ci stanno lavorando - è il loro mestiere lanciare prodotti e proteggere o accrescere le loro quote di mercato. Mentre la politica economica deve occuparsi - sempre in prima battuta - di assicurare un adeguato livello di domanda interna e di migliorare la competitività delle aziende con strumenti adeguati: quali i CCF, appunto :)

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  6. leggo adesso un tweet del Suo collega Zibordi:
    Per capire come sia tutto orchestrato dal mondo della finanza devi chiederti : perchè lo Stato si finanzia con BTP, su cui c'è la spread, invece che con CCT, per i quali basta fissare un rendimento minimo pari all'inflazione (1%-1,2%) e di colpo le famiglie italiane li comprano ?

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    ecco : perché ?

    Saluti

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    1. Perché i BTP, al contrario dei CCT indicizzati, sono uno strumento speculativo, e larga parte del mondo finanziario (non tutto, ma larga parte) vive di speculazione...

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    2. lo ho chiesto perché in una discussione in un forum , un altro interlocutore mi ha postato questa considerazione e io sono rimasto spiazzato perché non informato (non ci ho mai pensato )..e mi ha aggiunto questo:

      "...In breve e in conclusione, le modalità operative per uscire dall’euro in modo non doloroso ci sono a sufficienza, il problema è che manca del tutto la volontà politica perché la gran parte delle forze politiche nel parlamento italiano sia all’opposizione che al governo sono per l’euro e la UEE vita natural durante, per alcuni di loro va bene lo status quo, altri invece vorrebbero riforme ma l’elemento comune è quello di voler stare nell’euro e nella UEE vita natural durante perché nessuno di loro ( fra quelli che vogliono le riforme ) ha dato mai ultimatum seri finora….."

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      e allora io mi son domandato ? ma l'attuale governo puo emettere in sostituzione CCT invece che BTP ...ed eliminare il problema dello spread.

      Perché se cosi dovesse essere , l'interlocutore che ha messo il problema dovrebbe aver ragione: cioè non usano tutti i mezzi a loro disposizione per sia opporsi ai ricatti dell'UE ma anche per uscirne se necessario. Si emette CCT e non BTP ...ma sono obbligati ad emettere BTP ? e se no ..perché l'attuale governo notoriamente "contro" non si serve dello strumento CCT ?

      questo è il mio quesito?

      la sincera verità ? è la prima volta che sento questa cosa...e non ho le idee chiare.

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    3. ho messo dei punti interrogativi che non servono.

      Questo è il mio quesito …..(senza punto interrogativo )

      si stanno scervellando per sforare nel deficit….Savona che cerca 50 miliardi...possibile che non abbiano pensato anche ai cct in sostituzione dei BTp?

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    4. In realtà stanno pensando a soluzioni per - de minimis - calmierare lo spread e stabilizzare il debito. I CIR di Siri vanno in quella direzione: conti individuali con agevolazioni fiscali per individui che comprano titoli di Stato impegnandosi a non venderli per un certo periodo di tempo. Non si conoscono ancora i dettagli (almeno a quanto ne so io) ma le finalità sono analoghe.

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