venerdì 3 settembre 2021

Esiste il “tasso naturale d’interesse” ?

 

Secondo la definizione di questo documento di ricerca disponibile sul sito della Banca d’Italia, il tasso naturale d’interesse è “il tasso d’interesse reale coerente con il prodotto al suo livello potenziale e l’inflazione in linea con l’obiettivo della politica monetaria”.

Il tasso naturale d’interesse dovrebbe in pratica essere una sorta di “sacro graal” che produce una situazione economica ideale: PIL al potenziale massimo, inflazione al livello che la banca centrale ritiene essere ottimale.

Implicita in questa definizione è l’idea che la banca centrale possa “sintonizzare” l’economia in modo perfetto: quindi, ottenere nello stesso tempo sia il pieno impiego che la stabilità monetaria.

Naturalmente si può obiettare che le condizioni esterne si modificano continuamente, e di conseguenza anche il livello del tasso naturale. Ne deriva che la sintonizzazione dovrebbe essere costantemente controllata e “aggiustata”. Esattamente come, se sono in auto e sto ascoltando la radio, spostandomi posso osservare oscillazioni nella qualità dell’audio che richiedono di smanettare un po’ sulle frequenze.

Ma non dovrebbe essere un grosso problema, le menti illuminate delle banche centrali sono lì per quello, giusto ? e come diceva Milton Friedman, la sintonizzazione monetaria ha il grosso vantaggio di poter essere effettuata con interventi veloci sia nell’esecuzione che nei risultati. Al contrario della politica fiscale, dove occorre un parlamento che approvi leggi dopo averle discusse, un governo che le metta in atto, un’amministrazione pubblica che elabori e coordini i provvedimenti attuativi, eccetera.

Con il rischio, diceva Friedman, di varare per esempio pacchetti di politiche espansive per contrastare una recessione che al momento dell’attuazione (delle politiche) magari si è già risolta da sé.

Il punto è che Friedman, così come in generale chi credeva (o crede ancora ?) all’esistenza del tasso naturale d’interesse, aveva in mente un contesto economico fondamentalmente stabile, in cui le economie crescevano in modo regolare e l’anno di cosiddetta “recessione” era quello in cui il PIL reale aumentava dell’1-1,5% invece che del 2,5-3%.

Con tutto quello che è avvenuto dal 2008 in poi, tra crisi finanziari mondiali, crisi dei debiti sovrani dell’Eurozona, e pandemie, quella sopra descritta sembra una favola. Ma in realtà è la situazione in cui ci siamo trovati grosso modo per un quarto di secolo, diciamo dal 1983 al 2008 (appunto).

Quando arrivano gli shock veri, avremmo dovuto saperlo ma ce l’eravamo scordato, il fine tuning monetario, un punto di tassi, due, tre, cinque in più o in meno, non risolve nulla. Anche perché quando i tassi arrivano a zero evidentemente molto spazio di discesa ulteriore non c’è (OK siamo arrivati ai tassi negativi, che ante 2008 sarebbero sembrati a tutti un assurdo, ma come si è visto anche il -0,5% invece di 0% non fa ripartire le economie e neanche l’inflazione).

Né risolve nulla il Quantitative Easing, che nelle intenzioni doveva essere il sostituto di una “super-riduzione di tassi”. Invece di portarli al -5%, si inonda il mercato finanziario di liquidità comprando titoli. Peccato che questo aumenti il valore delle attività finanziarie (perché quelle vengono comprate) ma non generi domanda di beni e servizi reali e non ottenga, quindi, di far ripartire PIL e occupazione.

Per contrastare gli shock, serve l’espansione fiscale: altrimenti detto, soldi nell’economia reale. E casomai (per prevenire o risolvere strozzature dal lato dell’offerta) la politica industriale: che si fa anche quella con i soldi. Per investimenti reali però, non per comprare attività finanziarie.

 

2 commenti:

  1. Lo stato dovrebbe fare più investimenti visto che i privati si tengono i soldi in tasca sulla luna si è arrivati coi soldi pubblici l'internet è nato con investimenti pubblici il rilancio del cinema in sudcorea è stato fatto con investimenti pubblici le aziende pubbliche italiane come l eni e altre quasi sempre hanno fatto bene la sanità pubblica italiana è stata presa a modello per efficienza in proporzione alla spesa il pubblico nonostante abbia i suoi difetti ne ha meno del privato...
    Gech

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    1. Sono assolutamente d’accordo. Ma le regole dell’eurosistema e della UE sono gravi ostacoli a tutto questo.

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