giovedì 10 marzo 2022

Espansione fiscale per calmierare i costi degli input produttivi

 

L’economia mondiale sta soffrendo per gli aumenti dei costi di energia, materie prime e input produttivi in genere. Problema già pesante da parecchi mesi, a causa delle strozzature di offerta causate dalla rimessa in moto delle catene produttive dopo la conclusione dell’emergenza Covid. Ma diventato ancora (molto) più grave in conseguenza della crisi ucraina, che ha fatto esplodere il prezzo di petrolio, gas, commodities agricole eccetera.

Come affrontare questa gravissima situazione ?

Una possibilità da esaminare molto seriamente è la riduzione (diretta o indiretta) dell’imposizione fiscale che grava, sotto molteplici forme, sui costi degli input produttivi. Ad esempio:

abbassando l’IVA sui prodotti alimentari

abbassando le accise sui carburanti

abbassando gli oneri di sistema sui consumi di gas

erogando ristori a favore di famiglie e aziende consumatrici degli input produttivi, o dei prodotti da essi derivati, che stanno subendo incrementi di costi

eccetera.

Tecnicamente uno Stato che emette moneta è libero di procedere con azioni di questo tipo. Lo è anche l’eurozona, alla sola condizione di buttare a mare gli attuali vincoli di governance (cosa totalmente necessaria, come era evidente da ben prima che si verificassero queste gravissime tensioni dal lato dell’offerta), e/o utilizzando l’emissione di Moneta Fiscale.

Si pone una domanda, relativa agli impatti di azioni di questo tipo sull’inflazione.

Il limite dell’espansione fiscale infatti non è l’incremento del deficit o del debito pubblico oltre soglie prestabilite (quello è un problema totalmente inventato, e più che mai oggi è indispensabile smettere di considerarlo un vincolo).

Il limite dell’espansione fiscale è l’innesco di livelli di inflazione indesiderata.

Ora, al contrario della decade 2010, le economie avanzate soffrono attualmente di un problema d’inflazione troppo alta, non troppo bassa.

Quale effetto prevale ? l’espansione fiscale rivolta alla riduzione dei costi degli input produttivi aumenta l’inflazione (perché c’è più potere d’acquisto in circolazione) o riduce l’inflazione (appunto in quanto mitiga i costi di produzione) ?

I prezzi alla produzione e (in misura minore, ma significativa) i prezzi medi al consumo finale sono, come detto, in tensione da diversi trimestri. Il che indica che le strozzature dal lato dell’offerta hanno creato uno squilibrio. La capacità produttiva del sistema economico mondiale ha subito un impatto negativo, creando un eccesso di domanda e quindi una salita dei prezzi.

Ridurre gli oneri accessori di natura fiscale che gravano sugli input produttivi non mette automaticamente a disposizione più petrolio, più gas, più navi da trasporto o più semiconduttori, ma consente a parecchie aziende di tornare a operare a condizioni economiche sostenibili. Si evitano quindi ulteriori fermi produttivi e si rimettono al lavoro una serie di produttori che erano stati costretti a ridurre o a fermare l’attività.

Ridurre i costi effettivi di produzione che gravano sulle aziende tende quindi a riequilibrare il rapporto tra offerta e domanda. Questo effetto è probabilmente superiore all’impatto sulla domanda generato dalla maggiore disponibilità di potere d’acquisto che ne deriva per il consumatore finale.

Del resto abbiamo negli ultimi trimestri assistito al fenomeno opposto: prezzi al consumo finale in salita nonostante i rincari tendano a limitare i consumi finali.

Abbiamo quindi necessità di un rapidissimo e significativo intervento di contenimento dell’imposizione fiscale sugli input produttivi. Gli effetti saranno di vario tipo, ma tutti positivi:

Evitare fermi produttivi e riportare alla normalità l’attività di aziende che oggi sono costrette a lavorare a ritmi inferiori alla loro capacità fisica.

Evitare penalizzazioni per i consumatori finali, in particolare per le categorie economicamente disagiate.

Sostenere il PIL reale evitando di interrompere la ripresa post Covid (che diversamente rischia invece di lasciare il posto a una ricaduta in recessione).

Avviare un’inversione del trend di incremento dei prezzi al consumo finale.

Controindicazioni nessuna, salvo il possibile incremento dei rapporti tra deficit / debito pubblico e PIL. Ma – fatto salvo che gli effetti positivi sul denominatore potrebbero essere sufficienti per evitarlo – questi vincoli di finanza pubblica devono comunque essere mandati al macero. Il prima possibile.

 

3 commenti:

  1. Su un articolo in rete de laRepubblica c'è scritto che in effetti ci sono giacimenti d'oro più ricchi di quelli del Sudafrica sul monte rosa ma che per questioni ambientali non si vuole sventrare la montagna... mentre per quanto riguarda il fondo della 'Ndrangheta da 400 miliardi di euro lo Stato potrebbe offrire immunità a certe famiglie che potrebbero godere di una piccola parte di quei 400 miliardi anziché vivere nascosti sottoterra come i topi con la paura di essere arrestati come fanno quasi tutti i grandi boss di cosa nostra, 'ndrangheta e camorra e in cambio lo stato avrebbe centinaia di miliardi di euro da investire per la questione morale bisogna ricordare che tutte le mafie italiane messe assieme non hanno fatto neanche un millesimo di tutti i morti fatti da USA e gb e che gli inglesi hanno fatto la rivoluzione industriale uccidendo 23 milioni di indiani...
    Salvo

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    1. Beh se lo dice la repubblica le probabilità che NON sia vero sono molto, molto alte :)))

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    2. Rita mabel Schiavo esperta museale del monte rosa l'ha dichiarato nel 2014 ai giornali... per quanto riguarda la questione morale sull'accordo Stato MAFIA gli USA hanno finanziato e appoggiato FASCISTI MAFIOSI E TERRORISTI ISLAMICI ed è tutto documentato per cui non c'è nulla di cui vergognarsi...

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