mercoledì 12 marzo 2014

Ma l’Italia è un paese ad alta inflazione ?


Nel dibattito relativo alla necessità (per l’Italia) di recuperare la sovranità monetaria, un’obiezione molto comune è che la lira è “sempre” stata, storicamente, una valuta debole.

Una nuova moneta italiana ricadrebbe quindi (si afferma) nel comportamento “poco virtuoso” degli anni pre-euro. Tenderebbe ad essere caratterizzata da inflazione elevata (rispetto ai principali partner commerciali), perdita di competitività, circolo vizioso inflazione-svalutazione, eccetera.

Vale la pena (come sempre) di esaminare i dati.

Dal sito www.inflation.eu, qui di seguito le variazioni medie annue dell’indice dei prezzi al consumo per le principali economie occidentali, su un lungo arco temporale – dal 1956 al 2013.


Indice dei prezzi al consumo - media 1956-2013
Ita
UK
Fra
USA
Ger
Spa
Sve
Svi
5,9%
5,2%
4,6%
3,8%
2,7%
7,2%
4,6%
2,6%

 
Si nota un’inflazione media elevata, nei due paesi del Sud latino, rispetto agli altri. Ma il trend dei prezzi italiani è stato decisamente più contenuto rispetto a quello spagnolo, e molto più vicino (per esempio) al livello del Regno Unito.

Ancora più interessante, tuttavia, è notare che le differenze si sono prodotte in larga misura durante il periodo degli shock petroliferi (Guerra del Kippur 1973, crisi degli ostaggi iraniani 1979) e nel periodo susseguente, durante il quale l’inflazione è stata decisamente più alta, rispetto agli anni sia precedenti che successivi, in tutti i paesi.


Indice dei prezzi al consumo - media 1973-1984
Ita
UK
Fra
USA
Ger
Spa
Sve
Svi
15,7%
12,5%
10,6%
7,9%
4,8%
15,8%
9,7%
4,5%

 
I dodici anni compresi tra il 1973 e il 1984 hanno visto una fortissima crescita delle materie prime energetiche (petrolio in primis) che ha colpito le economie in maniera decisamente più sensibile rispetto a quanto avverrebbe oggi. La componente manifatturiera incideva infatti, ai tempi, in misura ben superiore rispetto alla situazione odierna (in cui pesa molto di più il terziario).

Il PIL potenziale, equivalente all’offerta aggregata massima di un sistema economico, nel momento in cui un input produttivo così importante sale repentinamente di costo, cala in maniera sensibile. C’erano, negli anni Settanta, due possibilità: la prima era lasciare che la domanda scendesse in termini sia monetari che reali. Questo avrebbe lasciato in equilibrio domanda e offerta ed evitato forti fenomeni di crescita dei prezzi. Ma avrebbe prodotto un calo del PIL tanto nominale quanto reale, ridotto i redditi sia dei lavoratori che delle imprese, alimentato ampi fenomeni di insolvenze, mandato in blocco il sistema creditizio.

L’alternativa era accettare l’inflazione: non far scendere la domanda in termini monetari e compensare il calo dell’offerta aggregata reale con una crescita dei prezzi. E’ stata percorsa questa seconda strada, il che ha evitato la depressione generalizzata delle economie occidentali.

Il prezzo pagato sono stati vari anni di inflazione elevata, tassi d’interesse alti e variabili, andamenti erratici delle economie. Ma la crescita non si è interrotta e non si è creata disoccupazione di massa.

Nei primi anni Ottanta l’inflazione è stata, alla fine, domata tramite l’effetto combinato di una forte recessione (indotta dall’aumento dei tassi d’interesse reali) e del calo dei prezzi del petrolio.

L’alta inflazione dei periodo 1973-1984 ha colpito un po’ tutti, ma il ventaglio tra i vari paesi si è, in quegli anni, parecchio allargato – rimanendo immutata la tendenza dei “teutonici” a controllare il fenomeno con maggiore disciplina, e dei latini a essere invece meno rigorosi.

Mi pare appropriato notare, comunque, che un fenomeno di shock dal lato dei costi è molto meno plausibile oggi che in passato, appunto perché le economie sono in proporzione meno manifatturiere e più orientate ai servizi: quindi anche una quadruplicazione del prezzo del petrolio (che già di per sé appare molto meno probabile) come quella sperimentata tra il 1973 e il 1980 avrebbe impatti nettamente inferiori.

Quanto l’Italia tenda (o meno) strutturalmente a una maggiore inflazione rispetto agli altri principali paesi occidentali può essere, a mio parere, meglio stimato esaminando i dati dell’arco temporale 1956-2013, escluso però il periodo degli shock petroliferi (e anni immediatamente successivi).


Indice prezzi al consumo: media escluso periodo 1973-1984
 
Ita
UK
Fra
USA
Ger
Spa
Sve
Svi
3,5%
3,4%
3,0%
2,8%
2,2%
5,0%
3,3%
2,1%

 
E’ confermato che tedeschi e svizzeri sono meno “inflattivi” di tutti gli altri. Ma il dato italiano si scosta, in realtà, di pochi decimi di punto rispetto a Regno Unito, Francia, Svezia, e poco di più rispetto agli USA.

Si potrebbe pensare che su questo incida molto la convergenza avvenuta nell’”era euro”, ma i dati non supportano questa convinzione. I tassi di cambio si sono assestati nel 1997 ai livelli che sono poi diventati definitivi con l’introduzione dell’euro (nel 1999). Le medie dal 1997 al 2013 indicano quanto segue.
 

Indice dei prezzi al consumo - media 1997-2013
Ita
UK
Fra
USA
Ger
Spa
Sve
Svi
2,2%
2,1%
1,5%
2,4%
1,5%
2,7%
1,2%
0,6%

 
E’ curioso che la riduzione dell’inflazione media sia avvenuta nei paesi che non sono entrati nell’euro (Regno Unito, Svezia, Svizzera, oltre ovviamente agli USA) grosso modo quanto negli altri.

Le medie storiche che escludono sia gli anni degli shock petroliferi che l’”era euro” sono le seguenti.
 

Indice dei prezzi al consumo - media 1956-1996 escluso 1973-1984
Ita
UK
Fra
USA
Ger
Spa
Sve
Svi
4,4%
4,2%
4,0%
3,0%
2,6%
6,4%
4,6%
2,9%

 
Quanto è “inflazionistica” l’Italia con la sua moneta, e in anni non caratterizzati da un grosso shock (con ogni probabilità non destinato a ripetersi, non almeno in proporzioni anche solo lontanamente comparabili agli anni Settanta) dal lato delle materie prime ?

Più dei teutonici e degli USA, ma decisamente meno della Spagna. E praticamente alla pari con Regno Unito, Francia e Svezia.

20 commenti:

  1. Luca Pieroni: Ottima rappresentazione a sfatare un luogo comune, ma ... come ha inciso la leva fiscale (agendo sul reddito disponibile e quindi sulle reali possibilita' inflattive) sulla dinamica ? A differenza degli altri paesi che hanno avuto una fiscalita' sostanzialmente costante, l'Italia si presento' alla mata' degli anni 70 con una fiscalita' ragionevolmente leggera (contrappesata comunque da un sommerso e un nero rilevanti oltre ad un sistema pensionistico assai generoso) ... Poi la fiscalita' nel paese e' cresciuta senza sosta, sempre contrappesata dallo stesso trinomio ... mentre la fiscalita' degli altri paesi non e' cresciuta a pari (recentemente la Ffrancia e' riuscita a battere l'Italia ma e' un periodo breve) ... Guarda che non dico alta o bassa in assoluto, ma "costante e pianificabile" ... La Svezia era altissima, e' rientrata un poco, ma sta sempre nella fascia ... La Svizzera idem ha sempre la sua fascia. In quei paesi quando c'e' una emergenza fiscale e' gestita come tale poi si rientra creando un collar stabile. Da noi ogni emergenza diventa strutturale, non c'e' mai stata restituzione del fiscal drag, etc ... etc ... Non credo che tale differenza sia neutrale alla dinamica dell'inflazione. Se oggi ci fosse un po' del "lasco fiscale" del 74-82 o del 91-96 probabilmente l'economia sarebbe un filo piu' dinamica, la propensione al consumo piu' alta, ... e forse ci sarebbe un poco piu' di inflazione Non e' apologia di evasione, solo un esempio di come possono agire fattori collaterali importanti sulle dinamiche inflattive. Fatto salvo il discorso sui "panieri" di monitoraggio dell'inflazione non omologhi tra paesi.

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    1. Comunque la mia tesi è che in realtà quelli disallineati sono i tedeschi. Se ti leghi rigidamente a loro è un disastro. Ma il resto del mondo sostanzialmente viaggia su uno standard simile al nostro. Fermo restando che il sistema deve avere i suoi gradi di flessibilità perché asimmetrie da assorbire ce ne saranno sempre. Il dramma dell'unione monetaria, costruita come oggi, è che si crede che la rigidità sia stabilità...

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    2. Luca Pieroni: Sposo pienamente la tua tesi ... purtroppo avendo Prodi (ottuso opportunista) al tempo, nessuno ha negoziato opportunamente le rigidita' del sistema che si andava a creare : a quel tempo l'economia tedescca dipendeva strettamente dall'economia italiana (eravamo il principale mercato mondiale per i tedeschi), avevano il terrore dei marchi "neri" rientranti dai paesi oltrecortina (temevano rientrassero tutti generando inflazione - l'euro e' anche stato un modo per cancellarli), il marco che era gia' stato fortissimo tra il 92 e il 96 stava rientrando di corsa perche' alla fine producevano per il magazzino ... Allora ti mettevi li e gli potevi spiegare la bellezza di un certo margine di flessibilita', che la bundesbank e la Banca Europea sono cose diverse (quindi no nun olandese alla guida), ... della tolleranza per i modelli degli altri ... senno' che facessero l'Euro con gli olandesi, i danesi, e forse i francesi ... Oggi sarebbe diverso. Credo.

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    3. Dovrebbe essere diverso, perché l'assurdità di proseguire politiche che prolungano artificialmente una crisi così grave diventa ogni giorno più evidente... il dubbio è politico: le classi dirigenti che - non solo in Italia, in Francia forse anche di più, e naturalmente in Germania (ma lì sono molto meno evidenti i danni, chiaramente) si sono identificate con il progetto euro arriveranno mai ad ammettere quanto spaventosamente sbagliata sia la direzione che si è presa ? o è necessario il crollo e la catarsi ? e in che tempi potrà avvenire ?

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    4. Mauro Ammirati: Considerando che oggi siamo una landa desolata, rimpiango gli anni dell'inflazione a due cifre che, come lei ha dimostrato, era un male necessario (se proprio male vogliamo definirlo).

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    5. E, ripeto, legato a circostanze molto particolari (lo shock petrolifero) che non sono assolutamente presenti oggi (e di cui è molto difficile ipotizzare il ripetersi in misura simile).

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    6. Solo le potenze mondiali con bombe atomiche, eserciti ed energia possono spadroneggiare coi propri prodotti. Noi lo abbiamo fatto in passato perché eravamo protetti dalla Nato e dall'Urss. Col ritorno alla lira in Italia, la germania andrà a costruire le auto in Cina e le importerà in italia al prezzo delle Fiat in lire. L'Italiano preferirà comprare la golf fatta in Cina pur di non dare i soldi alla Fiat. Ci siete? Non puoi "spadroneggiare" con i tuoi prodotti se non sei una potenza. Devi allearti ad alcune potenze. Se non volete l'Europa potete scegliere America o Cina. Ma entrambe vogliono riforme serie. Cioè spesa pubblica da abbattere. Preferite che i vs figli parlino l'Inglese, il Tedesco o il Cinese? A voi al scelta.

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    7. Se devo scegliere, l'inglese... ma non penso proprio che l'Italia abbia bisogno di tutto questo per tornare a essere una potenza economica di primissimo piano.

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  2. Dott.Cattaneo, vorrei il suo parere su una soluzione che mi sembra più immediata e che lei conoscerà sicuramente.Chiedo scusa per il ot.
    http://marcodellaluna.info/sito/2014/02/20/art-123-tue-rompere-il-cappio-del-debito-e-dellinganno/
    So bene cheper qualsiasi soluzione l'unica molla necessaria è la volontà politica .
    Gabriele Guazzaroni

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    1. Certamente, conosco bene Giovanni Zibordi (coautore del libro che stiamo per pubblicare) e Claudio Bertoni. Tecnicamente funziona, c'è il problema di riequilibrare il CLUP Italia - Germania per evitare sbilanci commerciali ma non è difficile pensare a sistemi per indirizzare in misura adeguata il risparmio di interessi alla riduzione della fiscalità sul lavoro.
      Il dubbio che rimane è francamente solo uno: c'è una volontà politica perversa, oppure siamo vittimi di un dogma - "forme di sostegno keynesiano alla domanda finanziata da emissione monetaria PER DEFINIZIONE non possono essere la soluzione della crisi ?" Non è detto che una motivazione escluda l'altra, e non è poi nemmeno molto importante stabilirlo... Importante è solo far cessare in fretta questa situazione assurda.

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    2. Risolvere la crisi con politiche keynesiane equivarrebbe a sprecare anni e anni di propaganda liberista

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    3. O a non ammettere di aver sbagliato tutto per anni e anni...
      Solo un osservazione sul termine "liberista": applicato alle politiche che si stanno imponendo all'Eurozona da diversi anni, lo ritengo improprio.
      O quantomeno, io associo il liberismo a Milton Friedman e a Margaret Thatcher: politici ed economisti convinti che le risorse si impiegassero meglio lasciandole ai privati invece di farle gestire dal sistema pubblico. Quindi meno tasse e meno stato.
      La fede nelle superiori qualità allocative del privato è sicuramente discutibile ed è stata, da allora, smentita in variee occasioni. Ma oggi l'Unione Europea sta facendo qualcosa di MOLTO peggio. Non sta spostando risorse economiche: le sta distruggendo. Non è meno tasse e meno stato. E' più tasse, meno occupazione, meno produzione, più reddito e più debito...

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    4. ma quali politiche liberiste ragazzi? dove? ma se non si può fare neanche una professione che non sia sotto corporazione con cooptazione. tutti i servizi sono pubbblici. esistono solo rendite e nessuna concorrenza. nessuna azienda public company. nessuno può fare concorrenza allo stato. liberismo? casomai comunismo.

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    5. Comunismo è un'altra cosa ma sono d'accordo sul punto... critichiamo pure il liberismo, ma Bruxelles & C. hanno creato qualcosa di ben diverso. E molto più letale.

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    6. l'europa è solo tornata alle monarchie (partitocratiche e aristocratiche). dopo il crollo del comunismo è tornata indietro pur di non accettare il libero mercato. cioè andare avanti. schauble lo disse. non accetteremo mai l'economia stile america. come dire che se non accetti il mercato, e vuoi abolire i diritti dei lavoratori, vuol dire che stai tornando alla monarchia. e infatti l'europa è un "congresso di vienna" numero 2. un muro. contro il resto del mondo. la solita vecchia europa.

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  3. Non dimenticate una cosa però. In italia esiste una evasione superiore agli altri pesi che nasconde la vera inflazione. In altri paesi lo scostamento tra dati veri e falsi è minore che in Italia. Quello che conta allora è il costo della vita reale e non il dato inflattivo ufficiale.

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    1. Ma in che modo l'evasione (che non è affatto molto più alta in Italia che altrove) nasconderebbe l'inflazione ?

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    2. gli affitti in parte in nero nascondono il vero prezzo. le compravendite di attività spesso hanno una parte in nero. vado al benzinaio e metto 10 euro ma in realtà nel serbatoio me ne vanno 9,5. professionisti che si fanno dare 100 per un servizio ma registreranno 50. l'evasione abbassa il gettito iva per lo stato e lo stato deve rialzarla e il comemrcio deve rialzare i prezzi al consumo e quindi l'inflazione. ecc. ecc.

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    3. Sì ma sono fenomeni che esistevano anche prima. I prezzi reali possono essere più alti di quelli dichiarati (ma mediamente di quanto ?) Questo però non significa che il TASSO DI CRESCITA (quindi l'inflazione) sia più alto.

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  4. non ci crede nessuno a questi dati dottor cattaneo. quello che conta è quanta moneta viene emessa e quanta è tornata a "casa". carta vera, non numeretti elettronici su computer. quei dati possono benissimo essere alzati o abbassati in base ai momenti. come lo spread. vi arrovellate su teorie accademiche. il mondo non funziona con le terorie ma con i giochi di forza.

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