Notoriamente, l’Italia
ha un livello elevato di debito pubblico, ma anche un alto ammontare di
risparmio privato.
In effetti i due
fenomeni sono strettamente connessi. Il debito pubblico si è formato tramite l’effettuazione
di spesa che è stata meno che altrove coperta da tassazione: il che equivale a
dire che gli italiani hanno prestato allo stato quello che non pagavano in
tasse.
Un altro modo di
spiegare il fenomeno è che i cittadini italiani traevano vantaggio dalla spesa
pubblica (che è fonte di reddito privato) ma accettavano di finanziare con i
loro risparmi una parte significativa (più significativa che altrove) di questa
spesa. In pratica, i beneficiari della spesa pubblica ne ricevevano i vantaggi
economici (indirettamente, ma in buona sostanza è così) sotto forma di titoli
di Stato.
Se il debito
pubblico italiano fosse rimasto
denominato in lire, tutto questo avrebbe creato ben pochi problemi (come
non ne crea in Giappone un debito pubblico molto più alto di quello italiano in
percentuale del PIL, espresso in yen).
L’avvento dell’euro
ha cambiato questa situazione in peggio: sia dal punto di vista dell’Italia –
che oggi si trova con un debito denominato in una moneta di cui non controlla l’emissione
– che dal punto di vista di altri stati membri dell’Eurozona – che temono un
dissesto finanziario e bancario conseguente a crisi del debito pubblico che
colpiscano singoli stati.
L’Eurozona ha
adottato un insieme di meccanismi – l’OMT e il Fiscal Compact, in particolare –
che avrebbero dovuto mettere il sistema in sicurezza.
In buona
sostanza, il meccanismo di sicurezza è la garanzia della BCE sui debiti
pubblici dei vari stati, fornita sotto la condizione che ogni stato punti a
raggiungere il pareggio di bilancio e la graduale discesa (fino al 60%) del
rapporto debito pubblico / PIL.
Questi meccanismi
danno l’impressione di essere stati concepiti (anche) sulla base del concetto che l'eccesso di debito pubblico può essere eliminato facendo leva sul risparmio
privato. E l’Italia, come detto, è il paese più di tutti in questa condizione.
Far leva sul
risparmio privato per limitare il debito pubblico tuttavia non significa (necessariamente)
che uno debba essere ridotto per abbassare l’altro. Anche e soprattutto perché il
risparmio privato si riduce a seguito di manovre fiscali restrittive, che in
periodo di economia depressa alimentano contrazione economica, deflazione,
disoccupazione, fallimenti aziendali e incremento
del rapporto debito pubblico / PIL – non viceversa.
E’ esattamente
la situazione che il complesso dell’Eurozona, ma soprattutto l’Italia, stanno
vivendo da parecchi anni.
Nell’ambito dell’Eurozona,
c’è una (forse l’unica) maniera sensata per far leva sul risparmio privato allo
scopo di ridurre il debito pubblico. Consiste nell’introdurre uno strumento
finanziario che rappresenta un’effettiva riserva di valore, ma che non potrà
mai forzare (non essendo destinato a essere rimborsato) il paese emittente ad
andare in default.
Questo
strumento, naturalmente, può essere costituito dai Certificati di Credito Fiscale.
La combinazione CCF + clausole di salvaguardia comporta che l’Italia (come qualsiasi altro paese
dell’Eurozona che ne abbia necessità) possa attuare le necessarie politiche
fiscale espansive quando (come oggi) occorra contrastare situazioni di domanda
depressa, senza tuttavia incrementare l’indebitamento espresso in euro (o per
essere più precisi, l’indebitamento tout court).
In pratica, ai
tempi della lira l’alto debito pubblico italiano era sostenuto dal risparmio
privato, cioè dalla disponibilità degli italiani a detenere titoli di Stato in
lire nel proprio portafoglio.
Con la
combinazione CCF + clausole di salvaguardia, i cittadini italiani sostengono l’alto
debito pubblico senza ridurre il proprio risparmio privato (con le conseguenze
disastrose per l’economia reale che stiamo sperimentando). Il risparmio privato anzi aumenta, ma una parte significativa dell'incremento assume la forma di CCF.
Il debito a
rischio default non aumenta, anzi si riduce in proporzione al PIL
(tranquillizzando la BCE e i partner dell’Eurozona) e l’economia viene
rilanciata da azioni espansive attuate mediante erogazione di CCF.
E, finalmente,
PIL, occupazione e risparmio privato risalgono.
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RispondiEliminaIl debito pubblico:
RispondiEliminaA) Da cosa è causato?( nascono da zero ?)
B) Come mai è aumentato in questi ultimi anni in modo vertiginoso ( ultimi dieci anni)
C) È desiderabile azzerare il debito pubblico come disse Schioppa molti anni fa?
Lorenzo z.
A) Nasce da zero per forza, ma praticamente tutti gli stati ce l'hanno. La mia miglior spiegazione è quella del post 3.11.2013.
EliminaB) In Italia in realtà l'aumento vertiginoso non si è affatto avuto negli ultimi 10 anni, ma negli anni Ottanta (dal 60% circa del PIL al 120%). E la ragione sono stati gli alti tassi d'interesse reale pagati ai sottoscrittori del debito pubblico, a loro volta spiegabili con un contesto internazionale in cui i tassi reali erano alti un po' dappertutto, ma in Italia più che altrove per cercare di mantenere il cambio fisso con il marco nell'ambito dello SME (precursore dell'euro e dei suoi disastri...)
C) Se ce l'hai in moneta nazionale no. Diventa in pratica una forma di emissione monetaria, in moneta sovrana, che offre ai titolari un rendimento positivo (al contrario della detenzione di cash) a scadenza. Il debito pubblico è invece rischiosissimo se non è nella moneta che lo stato emette e controlla: questo è una dei ciclopici problemi dell'euro - aver convertito il debito pubblico da moneta nazionale a moneta estera...
Le do un dato, la spesa per interessi nel 94% arrivò a toccare il 12% del PIL, oggi siamo intorno al 3% e diciamo che gli interessi ci stanno strozzando.
RispondiEliminaAh...il risparmio degli italiani sul Pil dagli anni 70 fino al 92 (gli anni dei deficit monstre) si è ridotto passando dal 28% al 20% a dimostrazione che più debito non vuol dire più risparmio.
Guarda che strano, il 12% di interessi sul PIL in lire non ci strozzava, il 3% in euro sì. Sarà forse perché le lire le stampavamo e gli euro no ???
EliminaSull'altro punto: è il DEFICIT pubblico che a parità di condizioni incrementa il risparmio privato che si forma nell'anno (non lo stock). Vedi il post del 28.4.2019.