sabato 26 dicembre 2015

Ancora sulla gestione dei saldi commerciali esteri nell’ambito del progetto CCF

Una riflessione aggiuntiva in merito a quanto detto nell'ultimo post.

Il progetto CCF prevede di evitare squilibri nei saldi commerciali esteri in quanto abbina (a) un’azione espansiva della domanda interna con (b) la riduzione del costo del lavoro lordo per le aziende che producono in Italia (allocando a queste ultime una parte delle erogazioni di CCF, in funzione dei costi di lavoro sostenuti).

In tal modo la competitività delle aziende italiane migliora, consentendo una crescita delle esportazioni nette adeguata a compensare l’aumento dell’import di materie prime e di altri beni o servizi non sostituibili con produzione interna.

Ora, va sottolineato che questo beneficio è tanto maggiore quanto più il sistema economico che attua il progetto CCF parte da una situazione di sottoutilizzo delle risorse produttive interne (“output gap”).

La migliore competitività prodotta dai minori costi di lavoro lordo può essere sfruttata dalle aziende (1) riducendo i prezzi e aumentando le quantità prodotte e l’occupazione interna.

Oppure, alternativamente (2) lasciando i prezzi invariati e incrementando i profitti, ma senza aumentare né la produzione né l’occupazione.

L’incentivo ad attuare quando descritto sub (1) è tanto più accentuato quanto più in partenza le risorse produttive sono sottoutilizzate: in tal caso, infatti, la produzione potrà essere accresciuta con necessità molto inferiori di sostenere incrementi di costi fissi e/o investimenti in maggiore capacità produttiva. L'incremento di produzione e vendite risulterà, quindi, decisamente più redditizio.

L’allocazione di CCF a riduzione dei costi di lavoro lordi delle aziende è quindi particolarmente efficace, in questo momento, per l’Italia, appunto perché la capacità produttiva è fortemente sottoutilizzata.

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