domenica 6 aprile 2025

Trump, i dazi e la globalizzazione


La mossa aggressiva, anche più del previsto, dell’amministrazione Trump, l’introduzione di dazi molto pesanti, è un grosso colpo contro la globalizzazione. E la globalizzazione ha fatto grandi danni. Per cui al di là delle incertezze, al di là della caduta dei mercati azionari, al di là delle comprensibili inquietudini, c’è da esserne contenti.

O no ?

Non ne sono così sicuro.

Il problema della globalizzazione, e l’ho detto più volte già anni fa, vedi ad esempio qui, è l’aver messo le classi meno abbienti dell’Occidente in diretta concorrenza con i lavoratori dei paesi emergenti. Invece di tutelare il potere d’acquisto dei cittadini occidentali a fronte di una crescita dei paesi ex poveri, si è criminalmente preteso di farli incontrare a mezza strada.

Criminalmente ? sì, perché mentre i redditi del ex terzo mondo aumentavano, quelli dei ceti medi, medio-bassi e bassi del primo mondo calavano. E insieme ai redditi reali, anche le tutele sociali e il welfare.

La globalizzazione è stata gestita così. Si è raccontato che era inevitabile. Ma non lo era. L’appropriato utilizzo dei deficit pubblici avrebbe consentito di redistribuire i vantaggi prodotti da delocalizzazione e globalizzazione, ripartendoli anche a vantaggio del lavoro e non solo del capitale.

Non era necessario abbattere le tutele sociali. Non era necessario comprimere gli investimenti pubblici. E invece si è fatta austerità in Europa con la scusa (totalmente inventata) dell’insostenibilità dei debiti pubblici; e si sono invece accettati i deficit pubblici negli USA ma solo per tagliare le tasse ai ricchi e alle aziende (quindi ancora ai ricchi, perché in azioni investono i benestanti).

Adesso Trump usa la leva dei dazi per riequilibrare i saldi commerciali esteri. Ma ammesso che ci riesca (ed è tutto da scoprire) almeno a parole (a fatti vedremo) la sua amministrazione spinge anche sulla necessità di comprimere deficit e debito pubblico. Altro che rilancio del welfare.

Il debito pubblico e il debito estero USA sono IN DOLLARI. Non c’è nessuna, proprio nessuna, situazione di insostenibilità finanziaria. Né oggi né in prospettiva.

Per correggere le distorsioni, pesantissime, della globalizzazione così come è stata attuata, serve un rilancio dei deficit pubblici (azzerare il patto di stabilità nella UE) e un riorientamento della spesa verso finalità sociali (negli USA).

Ma l’Unione Europea è aperta a un ampliamento dei deficit pubblici solo per il riarmo, e gli USA parlano di contrarre il deficit.

Tutto questo non mi piace. Il problema della globalizzazione, per l’Occidente, non è azzerarla ma correggerne le distorsioni. E la correzione non la vedo avvenire. Non tramite i dazi USA, comunque.

3 commenti:

  1. Beninteso, dall'agitazione che sta producendo Trump potrebbe nascere qualcosa di molto positivo, addirittura direi di risolutivo, per l'Italia se ci consentirà di svincolarci dalle pastoie UE. Serviranno idee molto chiare; e molto acume politiche.

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  2. Gabriele Ascione: Ma se il debito USA in dollari è sostenibile, malgrado il pesante passivo della bilancia commerciale, perché mettono i dazi?
    E in modo così massiccio e direi teatrale.

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    1. Perché vogliono riportare negli USA i posti di lavoro emigrati all'estero.

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