giovedì 29 maggio 2025

La moneta fiscale, qualche anno dopo

 Ad anni di distanza, ho trovato interessante rileggere questo articolo di Roberto Perotti ma soprattutto il dibattito che si è sviluppato nei commenti, tra l'autore e i proponenti del progetto - Biagio Bossone, Massimo Costa, Stefano Sylos Labini, Giovanni Zibordi e naturalmente il sottoscritto.

Qualcuno ha fatto considerazioni assennate, qualcun altro meno. A voi il giudizio.

martedì 27 maggio 2025

Il rating del debito pubblico è importante ?

 

Si ritiene comunemente che il rating del debito pubblico sia importante perché da quello dipende il costo che il paese sostiene per finanziarsi.

Beh, non è così.

Il rating influenza il costo del debito IN MONETA STRANIERA, o comunque il costo di un debito NON SOSTENUTO DA UN PROPRIO ISTITUTO DI EMISSIONE.

Se il debito è espresso in una moneta emessa da un soggetto sotto il pieno controllo del governo, il costo del debito dipende esclusivamente da quanto il governo medesimo decide di riconoscere ai titolari del debito stesso. In Giappone il costo è stato prossimo o pari a zero per decenni.

Tutto ciò, fermo restando che uno Stato che emette la propria moneta non ha alcun bisogno di emettere debito per finanziare le proprie attività. Naturalmente se esagera rischia di creare inflazione; ma in quest’ultimo caso, ciò avviene sia che si emettano, sia che non si emettano, titoli di debito.

domenica 25 maggio 2025

Capone e Stagnaro, grazie in anticipo per le spiegazioni…

 

Luciano Capone e Carlo Stagnaro hanno identificato nel Superbonus le cause del fallimento dello Stato italiano, dato per sostanzialmente già avvenuto - almeno a giudicare dal titolo del loro libro.


Però questa previsione, o constatazione, non risulta un granché coerente con novità recenti, tipo questa


e questa


Che ne dite, Stagnone e Caparo sapranno spiegarci il perché ?

mercoledì 21 maggio 2025

Keynes e l’”encroachment of ideas”

 


“Sono sicuro che il potere degli interessi consolidati è grandemente sovrastimato rispetto alla graduale penetrazione delle idee”.

“Graduale penetrazione delle idee”. Questa è la traduzione corretta di “encroachment of ideas”. E così la pensava John Maynard Keynes. Ma ho il timore che fosse troppo ottimista.

In pratica, JMK riteneva che idee inizialmente, apparentemente, astratte e accademiche, possano nel tempo penetrare nella mentalità comune e nelle decisioni pratiche, spesso senza che la pubblica opinione e i decisori politici ne siano consapevoli.

Nella “Teoria Generale” il concetto è esplicitato nei termini seguenti:

“Le idee degli economisti e dei filosofi politici, sia quando sono giuste che quando sono sbagliate, sono più potenti di quanto comunemente si creda. In effetti, il mondo è governato da poco altro. Gli uomini pratici, che si credono del tutto esenti da qualsiasi influenza intellettuale, sono di solito schiavi di qualche economista defunto”.

Nel contesto del suo lavoro, Keynes quindi usava questo concetto per evidenziare come le sue stesse teorie economiche (e in particolare l’importanza dell’intervento statale per stimolare la domanda in periodi di crisi) potessero gradualmente sostituire il pensiero economico classico, e in particolare la fede nel laissez-faire e nelle capacità di autoregolazione del mercato.

L’”encroachment” quindi è (sarebbe) una trasformazione culturale e intellettuale che si consolida nel tempo.

Perché ho il timore che Keynes fosse troppo ottimista ?

Perché dopo una ventina d’anni di prove incontrovertibili che il mercato non si autoregola, che l’intervento anticiclico dei decisori politici è essenziale per risolvere le crisi, che il debito pubblico non impoverisce i paesi, che utilizzare una moneta non emessa dallo Stato è pericolosissimo…

…dopo una ventina d’anni di accumulo di queste prove, siamo ancora in preda a decisori politici che parlano della necessità di “consolidare le finanze pubbliche” e di “preservare l’indipendenza delle banche centrali”. Ed altre simili amenità.

E questo è difficile da spiegare se non con la constatazione che i poteri consolidati, i ”vested interests” hanno un potere tutt’altro che sovrastimato.


domenica 18 maggio 2025

Destra, sinistra e l’inutilità di certe classificazioni

 

Ringrazio in anticipo chi mi saprà spiegare come mai una frase ricorrente di molte persone (che si dichiarano essere) di sinistra è “se dici di non essere né di destra né di sinistra, sei di destra”.

E ringrazio anche chi mi saprà spiegare quale sia la necessità di attribuire etichette.

Io vengo spesso ritenuto essere di destra da persone (che si definiscono) di sinistra, e di sinistra da persone (che si definiscono) di destra.

Forse che la realtà è un po’ più complessa ? su tutti i temi politici, economici, sociali esistono variazioni e sfaccettature che sono un tantino troppo articolate per essere inquadrate in una distinzione binomiale.

Personalmente mi documento, rifletto e cerco (non sempre riesco) di formarmi un’opinione. E ascolto quella del prossimo. Disponibile a lasciarmi convincere (o meno) dalle argomentazioni di chiunque.

A prescindere da come si autoetichetta, ammesso che lo faccia. Ma apprezzo se non lo fa, o meglio apprezzo che le sue argomentazioni non siano fondate sull’etichetta che (eventualmente) si attribuisce.

giovedì 15 maggio 2025

L’intelligenza non si può misurare

 

Mi fa sorridere sentir parlare di “quoziente d’intelligenza” e vedere dei tentativi di quantificarlo, di affermare che a 100 sei una persona normale, a 120 sei brillante e a 150 sei un genio.

Mi fa sorridere perché ritengo che l’intelligenza non possa essere non dico misurata, ma neanche definita con precisione.

Arrivo a sostenere che l’intelligenza non esiste. Esistono attitudini. Esistono capacità. Di vario tipo, e nessuno le possiede tutte, e neanche la maggior parte.

Chi ha forti capacità analitiche spesso non ha competenze adatte a creare relazioni interpersonali.

Chi si esprime molto bene oralmente a volte non è altrettanto efficace per iscritto.

Chi ha attitudini grafiche magari è scarso nella memorizzazione di dati e testi.

Chi ha talento nella manipolazione di strutture fisiche può essere mal coordinato sul piano motorio.

I cosiddetti test di intelligenza ben che vada possono essere utili per valutare alcune di queste attitudini.

Ma nessuna attitudine di per sé rappresenta quello che comunemente s’intende per “intelligenza”.

Corollario: attenzione a sottostimare il prossimo perché lo si giudica “poco intelligente”. Scoprirai che qualche attitudine, di scarso rilievo in un particolare contesto ma essenziale in un altro, la possiede – e magari molto più di te.

domenica 11 maggio 2025

Il deficit pubblico che non si finanzia

 

Come si può credere che esista un problema di “finanziamento del deficit pubblico” ?

Con il deficit pubblico, con l’eccesso di spesa governativa rispetto alle tasse prelevate, si IMMETTONO soldi nell’economia privata.

Non è il risparmio dei privati che deve essere utilizzato per finanziare il deficit pubblico. E’ il deficit pubblico che PRODUCE RISPARMIO PRIVATO.

Avere in testa che lo Stato abbia bisogno di “raccogliere risparmio se vuole spendere più di quanto tassa”, cioè se il suo bilancio è in deficit, equivale ad accettare che l’emissione di moneta non sia una funzione statale.

E come si può accettare che non sia una funzione statale ?

Significa demandare a interessi privati la gestione del sistema economico-monetario.

Significa svuotare di contenuto l’attività statale, e quindi vanificare il controllo dell’elettorato su di essa.

Significa svuotare di contenuto la democrazia.

giovedì 8 maggio 2025

Il cosiddetto debito pubblico

 

Il cosiddetto “debito pubblico” espresso in moneta propria, cioè in moneta emessa dallo Stato, NON E’ DEBITO. E’ un deposito vincolato, con un termine di scadenza per il suo rimborso, presso il ministero dell’economia dello Stato emittente.

Il deposito può (non necessariamente deve) essere cartolarizzato mediante emissione di titoli di Stato. Questo ovviamente ne agevola la trasferibilità. Ma rimane un deposito monetario.

E se è un deposito monetario in moneta di Stato, non esiste che possa creare un problema di insolvenza. Può creare un problema di inflazione. MA NON UN RISCHIO DI CREDITO.

Il rischio di insolvenza sul cosiddetto “debito pubblico” esiste se, e solo se, il debito è emesso in moneta NON DI STATO. In pratica, se è emesso in moneta straniera… o in moneta emessa da una banca centrale NON controllata dallo Stato.

lunedì 5 maggio 2025

Draghi è competente – in che cosa ?

 

A sentire gli euristi incalliti, la salvezza dell’Eurozona e della UE passa attraverso l’implementazione del “piano Draghi per il miglioramento della produttività”.

Ma una domanda che i summenzionati euristi farebbero bene a porsi è: quali sono le credenziali di Draghi riguardo all’identificare, ancora prima che ad applicare, politiche di rilancio della produttività, e in generale dell’economia reale ?

Mario Draghi ha indubbiamente dimostrato di avere le doti necessarie per conseguire una carriera di primissimo piano nelle istituzioni nazionali e sovrannazionali.

Detto ciò... quali sono le sue credenziali in materia di politica e gestione industriale / aziendale ?

Ha evitato il collasso dell’euro (senza risolverne le disfunzioni) pronunciando tre parole. Non ci voleva molto a capire che erano quelle giuste. Magari non era altrettanto facile ottenere il consenso politico per formularle. O forse sì, dato che non c’era alternativa, a quel punto, se non il crollo del sistema.

Ma facile o difficile che fosse ottenere quel risultato, l’opinione di Draghi in merito a come occorre sviluppare, riformare, far evolvere un sistema economico che coinvolge qualche centinaio di milioni di persone non è meno rispettabile di quella di tante altre persone. Ma nemmeno di più.

Che il piano Draghi sia il libro dei miracoli, possiamo augurarcelo. Però nulla lascia pensare che valga la pena di scommetterci.

 

sabato 3 maggio 2025

L’alibi della piccola dimensione

 

Un luogo comune degli euristi / europeisti / euroausterici è che uno dei problemi strutturali dell’economia italiana sia la piccola dimensione media delle aziende.

A sentire per esempio le proposte di Luigi Marattin, gli incentivi alle aggregazioni dovrebbero essere un elemento non secondario delle azioni di politica economica.

I dati a sostegno di questa posizione sono facilmente confutabili. Trovate qui la spiegazione del perché la minore produttività delle PMI è solo apparente, e qui del perché i dati sulle retribuzioni medie vadano interpretati diversamente.

In effetti chi insiste sul tema “piccolo è brutto” dovrebbe porsi una domanda molto semplice.

La dimensione media delle aziende italiane è sempre stata inferiore a quella britannica, francese, tedesca, per non dire statunitense. Ma questo non ha impedito, per mezzo secolo, all’economia italiana di crescere più velocemente, e di guadagnare terreno, rispetto alle medie occidentali.

Questa tendenza si è bruscamente invertita a fine anni Novanta, non perché le aziende italiane si siano improvvisamente rimpicciolite, ma perché l’Italia ha preso la scellerata, catastrofica decisione di entrare nell’euro.

La piccola dimensione delle aziende italiane è figlia delle caratteristiche degli imprenditori, che a loro volta riflettono quella della popolazione.

L’italiano è tipicamente un grande individualista. Creativo, mentalmente flessibile, spesso geniale nel risolvere situazione impreviste, intuitivo. Ma poco organizzato, a disagio nell’inquadrarsi in grandi organizzazioni, nell’irregimentarsi in strutture rigide.

La piccola dimensione media delle aziende è un alibi eurista. Uno dei vari, implausibili tentativi da negare quale disastro sia stato e continui a essere l’euro per l’Italia.