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martedì 7 ottobre 2014

Quattro possibili scenari


La crisi dell’euro sta entrando in una fase di accelerazione. A indicarlo sono il rifiuto francese e italiano di attuare ulteriori manovre restrittive per inseguire obiettivi di finanza pubblica comunque irraggiungibili. Cosa, quest’ultima, che dovrebbe (ma a quanto pare non è) essere perfettamente chiara a tutti, Bruxelles e Berlino incluse. Nonché la sempre più palese inutilità dei palliativi monetari che la BCE sta mettendo in campo.

Mi pare che possano essere identificati quattro possibili scenari di evoluzione e soluzione dell’eurocrisi.

 

Scenario “buon viso a cattivo gioco” (1)

Francia, Italia e Spagna sforano i limiti di bilancio pubblico, portando il deficit per esempio al 7% per un periodo di tempo adeguato a riassorbire almeno la maggior degli effetti della crisi sull’occupazione (probabilmente circa tre anni). Una sostanziosa quota dello sforamento viene destinata (via minore tassazione) a ridurre i costi del lavoro e della produzione domestica in genere, evitando quindi che la spinta sulla domanda interna squilibri i saldi commerciali esteri dei vari paesi. Berlino, Bruxelles e Francoforte abbozzano e lasciano fare. Anzi, la BCE mantiene in essere la garanzia implicita sui debiti pubblici dei vari paesi.

 

Scenario “buon viso a cattivo gioco” (2)

Francia, Italia e Spagna mettono in atto la Riforma Morbida. Berlino, Bruxelles e Francoforte abbozzano e lasciano fare. Anzi, la BCE accetta i CCF come collaterale per le sue operazioni di somministrazione di liquidità al sistema bancario (magari in alternativa parziale o totale ai controversi programmi TLTRO, ABS eccetera).

 

Scenario “ho capito, hai messo la pistola sul tavolo”

All’annuncio che la Riforma Morbida sta per essere introdotta, la BCE (con l’accordo della UE e della Germania) attua un’azione di “helicopter money” che consegue effetti analoghi.

 

Scenario “Aventino tedesco”

La Germania, considerano inaccettabile la piega che hanno preso gli eventi, esce (sdegnata ?) dall’eurosistema, probabilmente con Paesi Bassi, Austria e qualche altro paese al seguito.

 

Continuo invece a non considerare realistico il breakup unilaterale (o anche di gruppo) di uno o più paesi mediterranei. Non impossibile, ma con livelli di probabilità molto bassi, in primo luogo a causa delle complessità tecniche che comporta.

lunedì 25 agosto 2014

Mario Draghi e il cavallo di Keynes


La citazione probabilmente più famosa, tratta dalle opere di John Maynard Keynes, è “nel lungo periodo siamo tutti morti”. Così celebre che si ha quasi pudore di utilizzarla: per quanto profonda e vera, è menzionata così frequente da suonare quasi banale.

Un’altra, invece, la sentivo altrettanto spesso ai tempi ormai lontani dei miei studi universitari. Molto meno oggi. In realtà Keynes citava a sua volta – se ho ben capito – un proverbio popolare inglese. Comunque si applica particolarmente bene alla situazione odierna, soprattutto con riferimento alle prossime probabili mosse della Banca Centrale Europea.

La frase è: “tu puoi portare un cavallo alla fontana, non puoi costringerlo a bere”.

La BCE ha in parte già varato, e in parte sta valutando, l’adozione di una serie di misure finalizzate ad agevolare il credito e a renderlo meno oneroso. E’ già stato annunciato il TLTRO, può darsi che venga avviato un programma di QE (Quantitative Easing).

Le descrizioni tecniche di queste iniziative non sto, qui, a rammentarle. Ottimi articoli al riguardo ne trovate quanti ne volete.

Quello che mi interessa chiarire in questa sede è un’altra cosa.

Non serviranno a niente.

Il motivo è che sono tutti sforzi finalizzati a portare a bere un cavallo che non ne ha nessuna voglia. Famiglie e imprese, nei paesi economicamente depressi dell’Europa mediterranea, non vogliono indebitarsi. Perché il loro potere d’acquisto è in costante deterioramento, a causa di politiche economiche che continuano ad aumentare tasse e a contenere spese pubbliche, seguendo il mantra del “consolidamento fiscale”.

Se circola sempre meno potere d’acquisto, voglia di indebitarsi non c’è. Gli individui temono ulteriori deterioramenti dei loro redditi – il lavoratore dipendente ha un posto di lavoro a rischio, il lavoratore autonomo un’attività che gli rende sempre di meno. Le redditività delle aziende è in continuo calo.

Tutto questo rende problematico far fronte ai debiti attuali: altro che incrementarli. Per quanto agevolati e a buon mercato i nuovi debiti possano essere.

Si esce da un contesto di depressione e di deflazione immettendo direttamente potere d’acquisto nell’economia. Deve essere emessa moneta non per agevolare il credito, ma per attuare forti politiche di deficit spending: che vogliono dire più reddito e più patrimonio spendibile per aziende e individui.

BCE e Commissione Europea continuano a essere disperatamente in ritardo rispetto alle esigenze economiche dell’Eurozona. I programmi di agevolazione del credito partiranno, e serviranno a far perdere altro tempo – sei mesi ? un anno ? – prima che sia constatata e conclamata la loro inutilità.

Oh, e nel frattempo ferve il dibattito sull’opportunità di attenuare il ritmo del consolidamento fiscale – allentare i vincoli di Maastricht, il Fiscal Compact.

Dovendo andare da Milano a Venezia, in altri termini, si è partiti a 200 all’ora verso Torino. Adesso si discute di rallentare un filino la velocità, perché – guarda un po’ – siamo arrivati a Vercelli invece che a Vicenza.

Prima o poi anche gli eurocrati capiranno come stanno le cose. Immagino. Forse.

Nel frattempo, preparatevi a leggere (non da parte mia, per carità: ma avrete modo di leggerne parecchie) dotte disquisizioni, venate di stupore e di costernazione, su come e perché il cavallo, condotto a queste bellissime fontane, si rifiuta ostinatamente di bere.