Secondo qualche
frequentatore di social network, twitteristi in particolare, io indulgo troppo
all’autocitazione. I miei interventi di solito includono un link a un articolo
di questo blog, dove l’argomento della discussione viene sviluppato, o vengono
comunque forniti elementi a supporto.
L’autocitazione,
mi dicono, è “inelegante”. Francamente non ho capito la motivazione di questo
giudizio. Il blog è lo strumento che utilizzo da sette anni per sviluppare le
mie opinioni su (soprattutto) temi macroeconomici. Se l’argomentazione è già
predisposta (come molto spesso capita) cosa dovrei fare, un copia incolla ? una
parafrasi di quanto ho già scritto altrove ?
Una variante sul
tema è quella degli accademici che dicono qualcosa del tipo “come puoi pensare
che il post di un blog esprima un’opinione degna di essere presa in
considerazione, leggi invece [segue link ad articolo di 50 pagine in inglese
con 10 pagine di formule in allegato e 40 citazioni di altri articoli].”
Ora, io non ho
problemi né con l’inglese né con le formule, e l’articolo linkato me lo leggo
volentieri. Però rimango dell’idea che se si hanno le idee chiare su un
argomento di macroeconomia, per spiegarsi non servono 50 pagine e neanche formule di analisi infinitesimale (sapete poi cosa diceva al riguardo Keynes,
laureato in matematica – non in economia – a Cambridge ? ecco qui).
Se si hanno le
idee chiare, i 280 caratteri di un tweet (o magari di due o tre in successione)
bastano per renderle esplicite, in termini comprensibili a persone di media
cultura. OK poi le fonti esterne a supporto per chi vuole approfondire,
verificare i dati eccetera. Ma il nocciolo, credetemi, o la sai sintetizzare oppure…
sei tu che non l’hai capito.
Pochi giorni fa,
un docente di economia internazionale (non mi ricordo in quale università) ha
preso cappello di fronte alla mia affermazione che il Regno Unito non aveva
nulla da temere dalla Brexit perché è in deficit commerciale nei confronti
della UE (è il cliente, in pratica, non il fornitore) e perché non acquista
(dalla UE) nessun prodotto o servizio che non possa essere prodotto
internamente o fornito da aziende non-UE.
Il tipo si è
inalberato dicendo che dovevo “leggere la letteratura scientifica di
riferimento” (link non forniti, in questo caso) per comprendere dove sbagliavo.
Beh, è mia ferma
convinzione che se avesse avuto le idee chiare, avrebbe spiegato in un paio di
tweet perché il Regno Unito rischia gravi danni dalla Brexit. Citando fonti a
supporto dove era il caso (comprese quelle scritte da lui stesso, ove mai
esistessero…): ma per corroborare concetti che nel frattempo aveva resi noti
all’audience.
Meglio l’autocitazione
che la non-spiegazione, insomma. La prima magari sarà inelegante, ma della
secondo proprio non so che farmene.