mercoledì 30 gennaio 2013

Certificati di Credito Fiscale per riformare il sistema monetario e rilanciare l'economia


Mi chiamo Marco Cattaneo e da quasi trent’anni mi occupo di finanza aziendale e investimenti, soprattutto in piccole e medie imprese. Voglio illustrarvi il mio progetto su come risolvere il grave deterioramento della nostra economia. Si può fare, e rapidamente. La chiave è agire sulla tassazione del lavoro, utilizzando un nuovo strumento monetario.
Premessa: la crisi non nasce dal debito pubblico. Nel 2011 era 120% del PIL come nel 1995. USA, Francia, Germania, Inghilterra sono saliti in media dal 60% al 90%. Abbiamo accorciato le distanze. Il debito 1995 non era un gran guaio, perché lo è diventato nel 2011 ? e perché sono andate in crisi anche Spagna e Irlanda, dove il debito era basso ?
Nell’estate 2011 lo spread è salito e s’è detto: il debito è costoso, quindi troppo alto, e va ridotto. Invece il fenomeno è un altro. Dall’introduzione dell’euro, i costi di produzione e i prezzi dei disciplinati paesi nordeuropei sono cresciuti meno di quelli del sud. Il delta medio è stato poco più di un punto all’anno. Ma il cumulo ha prodotto una differenza del 20% circa.
In passato le monete del Nord si rivalutavano. Con l’euro si sono invece prodotti sbilanci commerciali e quindi accumuli di crediti del Nord verso il Sud. I creditori hanno cominciato a temere per i loro crediti. E il timore riduce le quotazioni. Un BTP con un valore di rimborso di 100 cala magari a 80. Se la quotazione cala, il costo sale.
Fraintendendo le origini della crisi, Monti ha agito su debito pubblico e spesa, quindi con tagli e tasse. Lo spread è sceso, ma solo per gli interventi BCE. Ma l’austerità ha compresso il PIL: nel 2012 è caduto del 2,5%, nel 2013 calerà ancora e non c’è inversione in vista.
Il problema è la rigidità dell’euro. I cambi flessibili erano l’ammortizzatore che compensava gli squilibri, il riduttore – direbbe un ingegnere meccanico – che trasmetteva il movimento senza sfridi tra ingranaggi che ruotano a velocità diverse.
Invece di svalutare il cambio, con la moneta unica i paesi in difficoltà devono svalutare i salari. Strada dolorosa, iniqua, antisociale. E destinata a fallire: il PIL cala, il gettito dovuto alle maggiori tasse viene eroso dal calo di base imponibile, il credito si blocca, le imprese non hanno soldi per investire e diventare più efficienti. Anzi spesso delocalizzano o chiudono.
Oltre a svalutare la moneta o svalutare i salari, però, una terza strada per riequilibrare i costi tra Nord e Sud c’è: abbassare le tasse sul lavoro. In Italia i costi di lavoro annui sono quasi 1.000 miliardi. I lavoratori ne percepiscono circa 500, il resto sono tasse e contributi. Immaginiamo di ridurre del 10% il costo lordo per l’azienda – 100 miliardi - e di aumentare del 10% il netto per il dipendente – 50: 150 in tutto.
Come finanziare questi 150 miliardi ? Qui entra in gioco lo strumento, i Certificati di Credito Fiscale. Aziende e dipendenti versano gli stessi euro di prima per tasse e contributi. Ma ricevono nello stesso tempo questi Certificati.
Immagina che il tuo netto sia 30.000 all’anno, mentre al lordo di tasse e contributi al tuo datore di lavoro ne costi 60.000. Tu continui a percepire 30.000. In aggiunta lo Stato ti assegna un Certificato per 3.000 d’importo. L’azienda continua a pagare 60.000, ma lo Stato italiano gli assegna un Certificato per 6.000.
I Certificati sono utilizzabili per qualsiasi pagamento dovuto allo Stato, a partire da due anni dopo l’emissione. Nel 2013 ti arrivano Certificati per 3.000 euro: nel 2015, potrai usarli per pagare tasse, imposte, ticket sanitari… perfino multe.
In pratica è un forte sgravio fiscale sul lavoro, con effetti differiti. Inoltre lo sgravio assume le vesti di un titolo. Se non ho bisogno dei soldi subito, mi tengo i Certificati. Se no li vendo: hanno un valore certo, realizzabile a due anni, quindi sarà possibile comprarli e venderli come un titolo di Stato, con uno sconto basato sugli interessi di mercato.
Punto importante: i Certificati non sono debito. Lo Stato non li rimborserà, ma li accetterà per qualsiasi pagamento: è moneta, non debito. Rispetto al contante tradizionale, però, l’utilizzo è differito di due anni. Il differimento serve perché al momento dell’utilizzo i Certificati ridurranno gli euro incassati dallo Stato. Non è un problema se nel frattempo l’economia è cresciuta e i maggiori introiti compensano quindi l’utilizzo dei Certificati.
Finanzio quindi un calo delle imposte emettendo una “simil-moneta” utilizzabile nei confronti dello Stato italiano, non in tutta l’area euro. Se fosse la BCE a stampare euro, ci sarebbe inflazione in Germania, dove la domanda non è depressa.
La UE non ce lo contesta ? No: l’Italia non rimborserà i Certificati in cash, s’impegna solo ad accettarli in pagamento. E’ sui debiti da pagare cash che abbiamo vincoli con la UE, legati alle garanzie che sono state fornite. Con i Certificati non stiamo chiedendo nulla a nessuno, ci stiamo attrezzando per portare la nostra economia a regime.
I Certificati produrranno una forte ripresa: grossa riduzione dei costi aziendali, quindi più competitività, e insieme molto più potere d’acquisto per i singoli. Questo rovescia gli effetti dell’austerità e avvia subito una crescita di domanda sia interna che estera. 150 miliardi sono quasi il 10% del PIL, pari all’“output gap”, la differenza tra PIL effettivo e potenziale - quello che avremmo in condizioni normali. Il “buco” si è formato prima per effetto della crisi 2009, non è stato recuperato e si è aggravato nel 2012 a causa dell’austerità. Questo è il recupero ottenibile in un paio di anni.
L’intervento sul cuneo fiscale svolge funzioni simili a un riallineamento valutario. In un sistema di cambi flessibili i paesi più competitivi rivalutano. Questo riequilibra i costi di lavoro per unità di prodotto. Qui otteniamo un effetto analogo per un’altra via.
Perché preferisco questa via rispetto all’uscita dall’euro, che pure ritengo attuabile: gli impatti negativi di cui si vocifera – crollo dell’economia, megainflazione – sono fantasie. Gruppi di interesse forti, però, remano contro. Il rischio è proseguire con i “cerotti”, facendo il minimo per evitare crolli, default, ma senza risolvere le cause: con il Sud Europa che resta depresso, con alta disoccupazione, malessere sociale.
I gruppi d’interesse in sintesi sono tre: perché la soluzione Certificati è molto più accettabile, per loro, rispetto alla rottura dell’euro. Il primo sono gli organismi europei, UE e BCE. Non dico che il progetto li entusiasmerà perché ricrea autonomie nazionali. Loro spingono la centralizzazione, il “più Europa”. Però molto meglio un euro riformato che la fine dell’euro !
Poi i creditori internazionali: per loro ciò che riduce il rischio di default di singoli stati, o di fuoriuscite che implicano il rimborso in moneta svalutata, evidentemente è positivo.
Il terzo gruppo sono gli industriali tedeschi, del Nord Europa. L’euro che si spezza li lascia con una moneta – Euro Nord, Euro Residuo, Nuovo Marco – rivalutata, con perdita di competitività verso il resto del mondo. La riforma “morbida” no. Certo avranno più concorrenza dal Sud, ma i surplus commerciali Nord-Sud sono in calo, quindi anche lo status quo non è più così interessante.
Tra l’altro la riduzione degli squilibri commerciali non indica che i problemi si stanno risolvendo (come qualcuno sostiene). Il Sud è in depressione e l’import è crollato. Gli scambi devono equilibrarsi a fronte di un buon livello di attività, non perché il PIL dei paesi deficitari affonda. Il progetto Certificati rende il Sud competitivo e insieme aumenta il potere d’acquisto interno. L’Italia esporterà di più e comprerà anche di più, incluso dalla Germania. Ci sarà un equilibrio, ma a livelli di attività ben più alti.
Dico Sud, non solo Italia: i Certificati sono utilizzabili in tutti i paesi in deficit di competitività rispetto al “centro”, alla Germania. I paesi chiave sono Italia, Spagna e anche Francia, che è in situazione intermedia e dovrebbe quindi attivarli in proporzioni meno accentuate.
Avremo così reso il sistema sostenibile ed efficiente, con una leva di intervento, di flessibilità per armonizzare le varie economie. Italia e Sud Europa usciranno dalla depressione. Verrà meno il grande fattore di instabilità che oggi preoccupa il mondo, non solo l’Europa.
Il progetto Certificati, la riforma del sistema monetario, risolve la depressione dell’economia. Faccio appello alle forze politiche perché venga esaminato, discusso, introdotto nei programmi di governo. Non è un progetto di destra né di sinistra, non è statalista né liberale. E’ il rimedio a un meccanismo sbagliato, a un difetto di costruzione del sistema euro.
L’Italia ha un grande tessuto di imprenditoria, soprattutto di piccole e medie aziende. Le possibilità di recupero, di forte ripresa ci sono tutte. Dobbiamo solo rimuovere un blocco. Per citare Keynes ai tempi della Grande Depressione, l’auto ha solo la batteria scarica. Sostituendola è in grado di funzionare, esattamente come prima.

21 commenti:

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  2. La proposta di adottare i CCF è stata formalizzata nel forum M5S al link:
    http://www.beppegrillo.it/listeciviche/forum/2013/02/certificati-di-credito-fiscale.html

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  3. Mе parесiа гaro lеer un articulo аsi en esta рagina pero estοу
    bastantе aѕombгado esta vеz

    Si ԁeseas seguir leуendo : Mario

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  4. Questi certificati sono debito. Quando li usi per pagare le tasse è come se lo Stato ti desse dei soldi con cui paghi le tasse. E' come emettere titoli a due anni, che poi non siano contati nel debito pubblico è solo un magheggio contabile

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    1. Questi certificati NON sono debito. Non li devi rimborsare a nessuno. Lo Stato li accetterà in pagamento di obbligazioni finanziarie nei suoi confronti: questa è la definizione di MONETA, non di debito.

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    2. ILFALSARIO il 07/10/13 alle 07:28 via WEB
      Punto importante: i Certificati non sono debito. Lo Stato non li rimborserà, ma li accetterà per qualsiasi pagamento: è moneta, non debito. COME NO, è MONETA FALSA, DIFFERITA DI 2 ANNI. MI RICORDA LA BANCA DI ROMA, QUANDO STAMPAVA, X COPRIRE I BUCHI DI BILANCIO, CAUSATI DA PRESTITI SENZA GARANZIE AI POLITICI AMICI, DOPPIONI DELLA MONETA IN CIRCOLAZIONE. GB

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    3. Ci rifletta un attimo: se i CCF sono moneta falsa, erano false anche le lire... avevano valore in quanto lo Stato italiano le accettava. E' ESATTAMENTE lo stesso principio.

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  5. Ma che differenza c'è tra dare dei soldi o rinunciare ad incassare dei soldi dovuti? E' una differenza puramente formale, la sostanza non cambia

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    1. Nel momento in cui i CCF vengono emessi, la Stato non assume nessuna obbligazione di rimborso, e per due anni non si ha nessun calo di gettito fiscale, nemmeno a parità di PIL.
      Dopo due anni A PARITA' DI CONDIZIONI il gettito calerebbe: a questo punto la valutazione è se il recupero del PIL è sufficiente a compensarlo. La risposta è: sì, più che sufficiente, come da analisi sintetizzata al post 21.4.2013.
      I CCF non sono MAI debito, né al momento dell'emissione né successivamente. Sono un fattore che PRODURREBBE un calo del gettito futuro e quindi UN AUMENTO DEL DEBITO A PARITA' DI CONDIZIONI, ma sono anche un presupposto DI UNA CRESCITA DI PIL E DI GETTITO che lo compensa abbondantemente - e nel frattempo genera un forte recupero dell'economia e dell'occupazione.

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  6. Intendiamoci, sono d’accordo con lei sul fatto che adesso sarebbe opportuno stampare moneta – se la BCE ce lo permette bene, se no usciamo dall’euro. Ma secondo me questo va fatto con chiarezza e non con sotterfugi che chi è contrario a politiche espansive smonterebbe subito. Data la possibilità di venderli, non c’è nessuna differenza sostanziale tra un CCF a due anni ed un titolo di stato zero coupon della stessa scadenza (o forse il CCF varrebbe solo il 99.99% dell’altro per l’incomodo di trovare qualcuno che deve pagare delle tasse - comunque la stragrande maggioranza della popolazione). “Rimborsare” ed “Accettare in pagamento” sono la stessa cosa, se dei pagamenti sono dovuti.
    Se poi chi è contrario a politiche espansive ci casca ed accetta questo escamotage, posso dire che è paradossale darsi delle regole e poi ingegnarsi ad aggirarle? Se le regole sono sbagliate, vanno abolite e basta.

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    1. Non è un problema di "trovare escamotage", ma di identificare il sistema migliore per disinnescare una mina...
      1) il consenso politico e di pubblica opinione sull'uscita dall'euro in Italia non c'è ancora, e nessuno sa quando tempo sarà necessario per ottenerlo.
      2) Operativamente, il break-up è più complesso (vedi post 26.2 e 15.4) in primo luogo per la necessità di attuarlo in segreto e di sorpresa.
      3) Il break-up lede ben precisi interessi del Nord Europa (vedi 1.4) che non sono invece toccati dall'introduzione dei CCF.
      I CCF non sono un sotterfugio perché possono (anzi devono) essere proposti, discussi e analizzati in piena luce del sole. Nello stesso tempo, non violano alcun trattato e la loro introduzione rientra pienamente nell'autonomia di politica economica dei singoli paesi.

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  7. Avevo seguito anche il suo intervento su byoblu. L'idea è interessante, considerando anche che l'analisi economica è la stessa degli economisti che incita no il ritorno alla valuta nazionale. Affiancare una sorta di seconda moneta aiuta non poco l'economia. In Sardegna è stato creato il Sardex, non so se ne ha mai sentito parlare.
    Ha sicuramente ragione sul fatto che i grandi centri di potere globalisti non digerirebbero la scelta di un'uscita non solo dall'€, ma anche dall'UE. Fare una sorta di resistenza contro i grandi poteri , in stile Venezuela... utopia? Paura?

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    1. Riprendere in mano la carta dei nostri padri costituenti non sarebbe male, dato che è stata calpestata ed è in completa antitesi con le idee dei trattati europei

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    2. Ho sentito parlare del Sardex, del sistema SCEC, del progetto Grano eccetera, non mi riesce però chiaro come si ottiene l'accettazione dello strumento monetario complementare se non c'è un'entità statale che se ne fa garante. Nel senso che si impegna ad accettarlo, in primo luogo, lei stessa.
      Quanto a come si evolverà il sistema in funzione delle dinamiche politiche: si possono formulare molte analisi e previsioni, tutte interessanti ma, evidentemente, anche fortemente dubbie. Il mio impegno sul progetto CCF, cioè sulle ipotesi di riforma "morbida", è dovuto alla mia opinione che siano politicamente e operativamente molto più facili da applicare rispetto al break-up. In primo luogo però bisogna aumentare moltissimo il livello di consapevolezza della pubblica opinione e l'intensità del dibattito.

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  8. Solo un "piccolo" appunto: bella l'idea, ma cosa vogliamo dire del fatto che il nostro stato sperpera il 55% della nostra ricchezza? Con questo sistema non si cambiano le cose e non si risolve il problema di base, si allunga solo l'agonia. Lo stato resterebbe sempre e comunque la palla al piede criminale che è. Questa teoria si basa sul presupposto che così l'economia riprenderebbe a crescere, ma con una simile macchina statale, con la peggior giustizia del mondo, non ci può essere crescita alcuna, qualunque cosa si faccia.
    E poi, se come auspicabilmente lo stato fallirà, che ce ne faremmo dei certificati?

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  9. Signor Pellis cerco di sollevarla un po' dal suo pessimismo cosmico... la spesa pubblica interessi esclusi è il 45% del PIL (non 55%). Con il progetto Certificati siamo in grado di riportare il PIL ai livelli di occupazione 2007, che vuol dire 300 miliardi in più, principalmente riducendo l'impatto delle tasse sul lavoro (sia dal lato dipendenti che dal lato aziende). Con questo già scenderemmo al 38%. E con un'economia dinamica, in crescita, molti interstizi di malaffare e spreco nella spesa pubblica (e anche in quella privata...) si riducono da soli perché la gente vede meglio valorizzati professionalità e lavoro onesto.
    Poi, tutto "sperpero criminale" la spesa pubblica ? sa che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha posizionato l'Italia al secondo posto mondiale (dopo Singapore) per qualità del sistema sanitario ? che abbiamo meno mortalità infantile e una durata media della vita più lunga della Germania con una spesa pro-capite inferiore (per tacere degli USA...) ?

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  10. Si possono fare altre cose anche più efficaci. Il problema è dei politici che non vogliono risolvere il problema. Si potrebbe ad esempio alzare l'IVA e con i soldi ottenuti abbassare le tasse ai lavoratori e alle aziende in questo modo la manovra sarebbe neutra, ma non per le aziende straniere che sarebbero svantaggiate

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    1. Sarebbe del tutto insufficiente, comunque. Le manovre a saldo zero possono dare un contributo ma solo marginale. Serve una forte ESPANSIONE della risorse messe a disposizione dell'economia reale.

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  11. Buongiorno, sto leggendo con interesse il suo libro e le volevo chiedere una cosa. Se i CCF possono essere utilizzati solo dopo due anni, come fanno a sostenere la domanda e far crescere il PIL nell'immediato?

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    1. Siccome hanno un valore certo a una data definita - due anni dopo l'emissione - saranno negoziabili sul mercato (vendendoli a soggetti che sanno di avere tasse da pagare in futuro) con uno sconto non molto diverso da quello di un titolo di stato zero coupon a due anni. Il tema, e altri collegati, e' trattato nel post del 6.6.2014.

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