Una critica molto
frequente al progetto Moneta Fiscale (ma in effetti a qualsiasi proposta di
politica espansiva della domanda) si può riassumere grosso modo come segue.
Come fai a
sostenere che sia sufficiente immettere domanda nel sistema economico, per
uscire dalla depressione e rilanciare domanda, PIL e occupazione ? dove sono le
tue idee in merito a politiche industriali, sistema fiscale, recupero di
efficienza, contenimento di sprechi, evasione, corruzione, eccetera eccetera ?
La risposta,
semplice al punto da sembrare banale (ma non lo è): le politiche di sostegno
della domanda sono il modo per riempire di carburante il serbatoio di un’auto
rimasta a secco.
Tutto il resto
sono proposte rispettabilissime in merito a come guidare meglio, come
ottimizzare i consumi, come migliorare le prestazioni. Obiettivi belli,
interessanti e importanti. Ma completamente inutili se la macchina non si mette
in moto.
Se volete una
spiegazione leggermente più analitica di quanto detto sopra, immaginate di
voler risolvere i problemi dell’economia italiana mediante interventi di
“ricomposizione della spesa”. Invece di immettere più potere d’acquisto nell’economia,
lo alloco diversamente. Taglio alcune spese / tasse / tariffe e ne aumento
altre, per gli stessi importi totali. Se sono molto, ma molto, ma molto
bravo, so come farlo in modo da conseguire un miglioramento di efficienza del
20%.
Vi assicuro che
guadagnare il 20% di efficienza è un obiettivo molto ambizioso. Ma siamo
fiduciosi e ipotizziamo, appunto, di sapere come realizzarlo.
Bene, se rialloco
30 miliardi di spesa, questo equivale al medesimo impatto di un intervento
espansivo non di 30 ma di 6 miliardi: il 20% di 30, appunto.
Ora, 30 miliardi
per l’economia di un paese – l’Italia – il cui PIL è vicino ai 1.700 spostano
qualcosa, anzi parecchio. Sei, poco o niente.
Ma c’è di più. Per
riallocare 30 miliardi, occorre che questo ammontare di risorse finanziarie
venga TOLTO a qualcuno e DATO a qualcun altro.
Che cosa succederà,
nei fatti ?
Anche assumendo
che un illuminato ministro dell’economia sappia perfettamente dove intervenire
per conseguire quel guadagno di efficienza, in pratica dovrà affrontare enormi
resistenze da parte di tutti i gruppi d’interesse che subiscono le riduzioni.
Il risultato è che
riuscirà a fare alcune cose ma parecchie altre no, e che gli interventi che
potrà effettivamente avviare interesseranno non 30 ma, poniamo, 10 miliardi. E
le azioni varate non necessariamente saranno le più utili ed efficaci. Quindi
il beneficio sarà non del 20% ma magari del 10%.
Il 10% di 10
miliardi fa 1. Il nostro brillante ministro dell’economia riuscirà quindi a
ottenere un beneficio pari a un trentesimo di quello che avrebbe conseguito
un’azione espansiva di 30 miliardi.
Come dire, niente.
Un impatto pari a un arrotondamento di calcolo: inavvertibile.
A questo punto,
quando sentite dire per esempio al ministro Padoan che “non ci sono risorse in
più” (a causa dei “vincoli” dell’Eurosistema, si capisce) ma si agirà tramite “ricomposizioni
di spesa”, sapete già che cosa aspettarvi.
Se tutto va bene,
niente di positivo...
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