Il più noto
istituto di credito tedesco, Deutsche Bank, vive da anni una situazione di
grave incertezza, che ultimamente non ha fatto di aggravarsi. L’enorme
portafoglio di posizioni in derivati finanziari è un fattore di rischio di cui
è praticamente impossibile valutare l’effettiva dimensione. Ed è in corso un contenzioso
con le autorità USA per ridurre una sanzione di 14 miliardi di dollari connessa
a finanziamenti immobiliari ad alto profilo di rischio (subprime). La riduzione ci sarà, ma la sanzione resterà pari a
svariati miliardi.
Il rischio d’insolvenza
di DB è concreto, e per evitarlo si parla di possibili azioni, tutte però politicamente
rischiosissime per il governo di Angela Merkel. Si fa molta fatica a capire
come potrebbe essere giustificata, di fronte all’opinione pubblica tedesca, una
ricapitalizzazione con fondi pubblici, o l’applicazione del bail-in agli obbligazionisti e magari
anche ai depositanti. Ma lo stesso vale per l’eventuale richiesta di linee di
credito speciali alla BCE – il famigerato Emergency Liquidity Assistance (ELA)
di cui si è parlato tanto nei primi mesi del 2015, con riferimento alla Grecia.
Difficile
immaginare la Germania che mette soldi pubblici in DB (violando peraltro le
normative UE) o falcidia i risparmiatori. Ma anche la prospettiva della prima
banca tedesca (prima in passato per dimensione e redditività, oggi ancora prima
per notorietà, quantomeno) attaccata al tubo dell’ossigeno BCE per un periodo
di tempo indefinito è difficile da concepire.
Esiste però
almeno un’altra possibilità: la zombificazione. Nessuna iniezione di fondi di
Stato, nessun bail-in, nessuna
richiesta di ELA. Ma, in maniera poco visibile e soprattutto facendo il minimo
di rumore a livello di opinione pubblica, vengono lasciati aperti una serie di canali
di rifinanziamento BCE. Rifinanziamenti a fronte di garanzie (titoli e attività)
di qualità dubbia, e senza guardare per il sottile riguardo alla loro (non)
aderenza alle regolamentazioni.
Tutto questo
nella misura necessaria a far sì che non si verifichino insolvenze sul rimborso
di obbligazioni o depositi, e non s’inneschi quindi una crisi generalizzata di
fiducia – evitando quindi corse agli sportelli fisiche, o virtuali.
La conseguenza è
che DB si trasformerebbe, con ogni probabilità, in una sorta di banca zombie: ridurrebbe
al lumicino l’assunzione di nuovi rischi e abbasserebbe progressivamente gli
impieghi – “autocongelandosi”, in pratica. Ma senza attuare operazioni
straordinarie di grande visibilità, ed evitando insolvenze.
Non è la
soluzione del problema, ma la sua “sospensione”, buttando il barattolo in
avanti. Che poi è il modo tipico in cui la UE affronta i problemi
economico-finanziari (nonché la ragione per cui non ne risolve mai uno).
Lo stesso
modello potrebbe essere applicato a MPS (se non si riuscirà a varare il
pacchetto aumento di capitale + cessione di crediti problematici, su cui si sta
molto faticosamente lavorando). E magari tra non moltissimi mesi a qualche
altro istituto, magari tedesco (Commerzbank ?), magari italiano (Unicredit ?)
Dovessi scommettere,
punterei sullo scenario “zombificazione”.
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