Una breve
(ennesima…) sintesi: i Certificati di Credito Fiscale, o CCF, non sono debito
in quanto non esiste un’obbligazione di pagamento in cash da parte
dell’emittente (nella nostra proposta, lo Stato italiano).
Lo Stato assicura
a chi possiede un CCF, a partire da una certa data futura (due anni
dall’emissione) il diritto di ridurre pagamenti altrimenti dovuti alla pubblica
amministrazione – per tasse, imposte, contributi o qualsiasi altra motivazione.
I principi
contabili Eurostat li identificano senza ambiguità come non-payable tax credits, che non sono debito. Debito è ciò che si è
impegnati a pagare. Non quello che si può portare in compensazione di pagamenti
altrimenti dovuti.
E’ vero che a
fronte dell’utilizzo dei CCF si verificherà ceteris
paribus un calo di gettito fiscale: questo però non implica che i CCF siano
debito – bensì che debbano essere predisposte azioni compensative da attivare soltanto se, e nella misura in cui,
l’effetto espansivo su PIL e gettito del maggior potere d’acquisto in
circolazione (nel periodo intercorrente tra emissione e utilizzo dei CCF) non sarà sufficiente.
Queste azioni
compensative possono anche essere definite fin dall’emissione dei CCF, ed
attivate o meno in funzione delle necessità. Il che rende il progetto
completamente privo di rischi sui saldi di finanza pubblica (come si spiegava qui).
Il fatto che i CCF
siano titoli negoziabili e trasferibili non rileva. Non c’è debito se non c’è
impegno di pagamento. Mentre c’è debito anche se l’impegno di pagamento non è
incorporato in un titolo (altrimenti un finanziamento diretto allo Stato
italiano da parte di un’istituzione sovranazionale, tipo FMI, non sarebbe
debito).
Anche il fatto che
i CCF siano un impegno incondizionato (non-contingent)
non rileva. Gli impegni italiani verso il fondo salvastati ESM (63 miliardi di
cui meno della metà versati) sono tutti parte del debito pubblico anche se sono
(per la parte non versata) contingent,
vale a dire condizionati, al fatto che l’ESM li richieda. La parte a oggi non
utilizzata potrebbe non essere mai richiesta, ma c’è impegno di pagamento, e
quindi c’è debito.
I CCF non sono
debito all’emissione e in effetti neanche al momento dell’utilizzo. Quando sono
utilizzati, si estinguono. A quel punto si vanno a verificare i saldi di
finanza pubblica effettivi, si constata se sono in linea con gli obiettivi di
finanza pubblica, e in caso di disallineamento si interviene: altrimenti no.
Ai sensi di
trattati e regolamenti UE i CCF, semplicemente, non sono mai da includere nel debito pubblico.
Marco Mori ha scritto una critica ai minibot (http://www.studiolegalemarcomori.it/un-po-chiarezza-sullinutilita-dei-minibot/) in cui dice:
RispondiElimina«Le obiezioni a tale strategia, che si prospetta a prima vista come fallimentare per chi ha competenza giuridica ed almeno un’infarinatura di competenza economica, sono molteplici. In diritto il nomen iuris che si attribuisce ad un atto o ad un fatto non rileva, conta ovviamente il contenuto di esso per inquadrare le norme applicabili di volta in volta.
In pratica se ho una palla sotto il braccio e decido di chiamarla cubo, ciò non cambia la realtà dei fatti, io avrò sempre una palla. Parimenti se prendo un titolo di Stato, tolgo la scadenza e gli interessi, e lo faccio circolare “come” moneta io non ho più un titolo ma appunto ho denaro. Ergo non servono acrobazie giuridiche per dire che questa è pacificamente ed incontrovertibilmente un’azione di politica monetaria (lo dichiarano i suoi autori d’altronde) e che pertanto sia atto in aperta violazione anche semplicemente dell’art. 127 tfue che assegna la politica monetaria in senso omnicomprensivo al SEBC»
Mi chiedevo se si potesse argomentare in maniera simile per i CCF, nel senso che nella forma i CCF non hanno nessun problema, ma nella sostanza con una interpretazione un po' fantasiosa stai facendo più deficit e quindi violi i trattati.
In generale se l'UE tentasse in tutti i modi di bloccare il progetto dei CCF, qual è la situazione peggiore che si potrebbe venire a creare?
Ma sarebbe la UE a cercare di chiamare cubo quella che invece è una palla ! un titolo diverso dalla moneta legale (quella ad accettazione obbligatoria, l'UNICA il cui monopolio di emissione è riservato alla BCE) può tranquillamente essere utilizzato come contropartita in operazioni di compravendita di beni, servizi, attività finanziarie ecc. Chi impedisce oggi di pagare una fornitura di merce dando BOT in cambio, se la controparte è d'accordo ?
EliminaTra l'altro le monete complementari esistono già oggi, vedi Sardex, e sono perfettamente legali, appunto in quanto vengono accettate volontariamente (dagli aderenti a un circuito) e non sulla base di un'imposizione di legge.
La UE non ha basi legali per bloccare né il progetto CCF né i Minibot. La situazione peggiore (tra quelle plausibili) che riesco a immaginare non richiede in realtà un grande sforzo di immaginazione: perché è quella di oggi - un governo allineato a interessi esteri esegue "prescrizioni" che arrivano dall'esterno. Motivo ? antepone una serie di interessi personali a quelli nazionali...
L'Europa potrebbe di nuovo "condizionarci", come fece nel 2011 quando la BUBA mise in vendita, in quantità massiva, i nostri titoli di Stato?
RispondiEliminaSarebbe sicuramente un'arma di ricatto fortissima (come hanno ripetutamente fatto con la Grecia) ma che impedirebbe, di fatto, all'Italia ogni tipo di ripresa economica e consentirebbe alla Germania, come oramai appare assodato, di continuare ad esportare grazie ad un Euro sotto valutato a dalla presenza di "economie deboli" nell'Euro.
Non fu la Buba (alias la Bundesbank) ma una serie di banche private, che tenevano la deflagrazione dell'euro. Non credo che nessuno abbia voglia di assistere alla ripetizione del 2011. In ogni caso se avviene qualcosa di simile la soluzione è tenere nel cassetto un decreto legge di uscita dall'eurosistema e ripristino della lira.
EliminaIn pratica i CCF sono "immuni" da qualsiasi regola capestro come il fiscal compact e pareggio di bilancio non essendo obbligazioni/debito giusto?
RispondiEliminaEsattamente. I CCF emessi / in circolazione non concorrono alla formazione né del deficit né del debito pubblico.
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