Il ribasso dei
mercati azionari alimenta supposizioni, commenti e tentativi di spiegazione.
Ogni volta che la borsa entra in un periodo di alta volatilità (e la volatilità
di solito è verso il basso, i rialzi tendono a essere graduali e costanti) è
inevitabile che ci si chieda (1) perché succede (2) quanto durerà (3) se si
aprono opportunità per gli investitori o al contrario è meglio affrettarsi a
uscire (4) se ci sono da temere conseguenze per l’economia reale.
Sul “perché
succede”, se ne leggono di tutti i colori. Possibile ripartenza dell’inflazione
sia in USA che in Europa (ma nei dati ancora non si vede). Possibile salita più
rapida del previsto dei tassi d’interesse (ma la Fed, nelle dichiarazioni dei
suoi esponenti, rimane gradualista, e la BCE ha tuttora in corso – senza una
previsione affidabile su quando terminerà – il Quantitative Easing).
Poi ci sono
altre incertezze, di cui magari si parla meno ma che non sono affatto da
escludere. Hard Brexit (e sì, non è per niente sicuro che tra Regno Unito e UE
si trovi un accordo ragionevole). Instabilità politica (e no, non è ancora
certo che in Germania la Grosse Koalition si faccia; per non parlare dei
pochissimo prevedibili scenari italiani post voto del 4 marzo). Eurosistema che
rimane fortemente disfunzionale (e no, le proposte di riforma franco-tedesche NON
risolveranno nulla, al massimo si può sperare in un nulla di fatto - o in "riforme" puramente cosmetiche, che perlomeno non
facciano danni). Tensioni commerciali tra USA e UE che potrebbero sfociare in
guerre valutarie, applicazione di dazi o altro ancora.
Tutto questo è,
o può rivelarsi, vero. Ma le incertezze sono, in realtà, sempre esistite. Il
mondo non è diventato un posto più agitato del solito adesso (nel senso che lo
era altrettanto anche prima).
Molto più
banalmente: i punti di svolta del mercato sono imprevedibili. Ma
diventano più probabili (a) quando i valori sono alti, nonché (b) in seguito a una
lunga fase ascendente dei prezzi, senza correzioni.
Riguardo al
mercato azionario di maggiore dimensione – gli USA - e prendendo a riferimento
l’indice più liquido e significativo, l’SP500, la condizione (b) si è
senza dubbio verificata. Contrariamente alle previsioni di allora, l’elezione
di Trump ha innescato una lunga fase rialzista. Tra la chiusura dell’8.11.2016
e il massimo del 26.1.2018, l’indice è passato da 2.140 a 2.873: un incremento del
34% in 15 mesi scarsi. Di per sé non è un fatto inusitato. Ma colpisce (ed è
un’anomalia) che si sia trattato di un rialzo pressoché ininterrotto, senza mai
storni o correzioni (rispetto al massimo precedente) superiori al 3%.
Riguardo alla
condizione (a), la domanda da porsi è: i valori massimi – o quelli attuali,
dopo la correzione degli ultimi giorni – erano / sono sopravvalutati, o no ?
Da marzo 2009 in
poi, i mercati azionari sono fortemente saliti: ci sono stati aggiustamenti, rientrati però in tempi di solito rapidi, generalmente in poche settimane. Ma i livelli
di allora (in particolare il livello da cui è partito il recupero, 666) erano decisamente a
buon mercato, in quanto riflettevano il crollo prodotto dalla crisi finanziaria
internazionale del 2007-8 e in particolare dal fallimento Lehman.
Le correzioni
venivano quindi riassorbite abbastanza prontamente perché riconducevano i
valori azionari su soglie molto attraenti per i compratori.
Dopo quasi nove
anni di incrementi, la situazione oggi è diversa.
Un metodo che
trovo particolarmente affidabile per stimare i livelli “equilibrati” del mercato
azionario si basa sull’analisi di serie storiche di lunga durata. Nel suo
“Stocks for the Long Run”, Jeremy Siegel è arrivato a determinare che il
rendimento reale (inclusi i dividendi e al netto dell’inflazione) del mercato
azionario converge, su archi di tempo pluridecennali, intorno al 6,5% - 7%
annuo.
Sulla base di
questa constatazione, è possibile - utilizzando dati riferiti a un arco temporale
il più lungo possibile - determinare una curva di crescita per il valore “corretto”
(“Fair Value”) del mercato azionario. “Corretto” nel senso che i valori
effettivi oscillano nel tempo, al disopra e al disotto, ma le fasi di
sopravvalutazione e di sottovalutazione (tenuto conto sia della durata che
dell’intensità) si equivalgono.
Il metodo
implica delle approssimazioni perché si ottengono risultati un po’ differenti a
seconda della lunghezza del periodo esaminato. Il risultato, comunque, è un
valore (riferito alla data odierna) di 2.400, più o meno 100 punti circa.
Quindi un intervallo ragionevolmente stimabile in 2.300 – 2.500.
Ieri sera Wall
Street ha chiuso a 2.620. In altri termini, il mercato non è diventato sottovalutato. E’ meno alto di prima, ma con ogni
probabilità ancora sopra il Fair Value.
Le previsioni di
breve termine, riferite al mercato azionario, sono così aleatorie che è
scarsamente utile dedicarci troppo tempo. Ma il fattore che negli anni scorsi
produceva rapidi rimbalzi dopo uno storno (valutazioni scese a livelli attraenti)
in questo momento non sussiste.
Se la flessione
di borsa non verrà rapidamente recuperata, vanno messe in conto ricadute
sull’economia reale ? Non è detto. Ai valori attuali, il mercato è comunque un
20% circa più alto rispetto a un anno fa. Non è che si sia creata di colpo una
vasta platea di investitori impoveriti: quasi tutti, comunque, hanno ampiamente
guadagnato. E del resto, per citare Paul Samuelson, “il mercato azionario ha
previsto nove delle ultime cinque recessioni…”.
Ma ricordiamoci
anche, banalmente, che le recessioni prima o poi arrivano. Nessuna fase
espansiva dell’economia mondiale dura senza interruzioni. E il problema, nel
caso dell’Italia, è che non si è visto nulla che possa realmente essere
definito una ripresa.
La fase
congiunturale negativa dell’economia mondiale può non essere imminente, ma
prima o poi arriverà. Il che sottolinea una volta di più come per l’Italia sia VITALE,
INDISPENSABILE svincolarsi dall’attuale eurosistema. Chi lo nega (se in
buona fede) dimostra un colossale, inaccettabile livello di incompetenza.
Dobbiamo
recuperare output gap, crisi di domanda, disoccupazione e sottoccupazione.
Riportare la nostra economia a corrette condizioni di funzionamento. Uscire da
un sistema perverso, che ha generato danni enormi imponendo azioni procicliche nel momento più sbagliato.
Che ne pensi dell'impatto della riforma fiscale di Trump? Ho l'impressione che lo scopo principale sia quello di ridurre il deficit della bilancia commerciale col resto del mondo, quindi per noi si metterebbe molto male dato che sostanzialmente siamo ancora a galla perché riusciamo a fare surplus con gli USA
RispondiEliminaIndubbiamente uno degli obiettivi di Trump è quello, e per noi è un rischio. D'altra parte, i partner commerciali internazionali non possono accettare all'infinito un eurosistema impostato sulla compressione artificiale della domanda interna e sulla ricerca ossessiva di surplus commerciali.
EliminaTre semplici regole per la Borsa: 1) Acquisti solo per contanti 2)Divieto di vendere prima di aver incassato 2 dividendi (1anno e 1 giorno) 3)Valutazioni settimanali, o al massimo 1 al dì, come le pillole, per i più malati.Così mandiamo a quel paese tutti gli speculatori...
RispondiEliminaClaudio Zanasi.
Una volta ho detto a un amico, amministratore delegato di una SIM, che la borsa dovrebbe essere aperta un giorno all'anno. Suo commento: "mi rovineresti, però sarebbe giusto..."
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