lunedì 28 settembre 2020

Rivedere la terminologia della finanza pubblica

 

Come spiega qui molto bene Stephanie Kelton, definire “deficit” l’eccesso di spesa pubblica rispetto alle tasse è, per un paese che emette la propria moneta, completamente fuorviante.

Si ha un “deficit” quando si è carenti di qualcosa. Come si può essere carenti di una cosa – la moneta nazionale fiat – che può essere prodotta in quantità illimitate ?

L’eccesso di spesa pubblica può creare un problema di inflazione se è spinto oltre il livello appropriato. Ma questo non ha niente a che fare con una “carenza”. Casomai con un eccesso.

Se ho a disposizione gasolio gratuito, senza limiti di quantità, per riscaldare una casa, posso esagerare e riscaldarla troppo, soffrendo per il troppo caldo invece che per il troppo freddo.

Ma nessuno affermerebbe che “ho un deficit di gasolio”. Direbbe, banalmente (e al contrario) che ne ho usato una quantità superiore a quella necessaria.

La terminologia è estremamente importante. Usare termini inappropriati sedimenta nella testa della pubblica opinione idee completamente errate.

L’Italia nel 2020, grosso modo, avrà una spesa pubblica eccedente gli incassi dell’erario, per una differenza pari a circa il 10% del PIL.

E’ fuorviante dire che l’Italia nel 2020 avrà un deficit pubblico del 10%.

E’ invece corretto dire che le politiche del governo italiano produrranno nel 2020 un surplus privato del 10%. Perché la spesa pubblica eccedente le tasse prelevate rimarrà nelle tasche di famiglie e aziende.

Inoltre, un paese ha un ulteriore afflusso o deflusso netto di mezzi finanziari prodotto dagli scambi con l’estero, il cosiddetto saldo delle partite correnti. Saldo che per l’Italia da parecchi anni è positivo e mediamente pari a circa il 3% del PIL.

Questi sono ulteriori mezzi finanziari che i residenti italiani accumulano (sarebbe il contrario se i conti con l’estero fossero negativi).

Quindi il surplus privato interno italiano è ancora più alto: è il 13% del PIL.

Vi pare la stessa cosa leggere sul Sole24Ore

“deficit pubblico 2020 al 10% del PIL”

oppure

“surplus privato interno 2020 al 13% del PIL” ?

Per ragioni analoghe, non bisogna parlare di “debito pubblico pari al 160% del PIL” ma di “risparmio presso il Ministero dell’Economia pari al 160% del PIL”. Risparmio investito in titoli di Stato e altre emissioni pubbliche.

Dato tutto ciò, in Italia esiste un problema di finanza pubblica ?

Esiste, ma solo perché le emissioni di titoli pubblici italiani sono espresse in moneta straniera, l’euro. Moneta che l’Italia non emette e non controlla, e che quindi non è disponibile in quantità illimitata (anche se il suo costo di produzione ovviamente è nullo, trattandosi di moneta fiat).

Questa è la principale, catastrofica conseguenza dell’essere entrati nell’euro.

Le emissioni di titoli pubblici da rimborsare in euro vanno effettivamente limitate, ma non, assolutamente non, cercando di portare il bilancio pubblico in pareggio.

Vanno limitate utilizzando una categoria di titoli emessi e gestiti dallo Stato italiano, e sui quali lo Stato (non essendo soggetto a obblighi di rimborso) non può andare in default.

Questa è la logica del progetto Moneta Fiscale / Certificati di Compensazione Fiscale.

 

2 commenti:

  1. Paolo Canziani: è verissimo che il deficit sono per lo più [ma non per i monopattini elettrici, ad es.] risorse in danaro liquido versate nelle tasche dei residenti.
    Ma non è vero che siano contemporaneamente illimitate e gratuite.
    E anche se lo fossero hanno il difetto (devastante ai miei occhi di liberale) di essere intermediate/decise dalle burocrazie statuali (parlamento, governo e suoi enti) e perciò intrinsecamente inefficienti quanto all'allocazione delle risorse.

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    1. Mai detto che possano essere illimitate. Ma finché generano domanda, mettono al lavoro risorse produttive altrimenti inutilizzate, e quindi non generano inflazione, a tutti gli effetti pratici SONO gratuite. Se poi non ti piace l'intermediazione delle burocrazie statali (ma non credo proprio che tu sostenga o ritenga possibile l'azzeramento della spesa pubblica), "tifa" non per maggiore spesa ma per minori tasse.

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