Parlavo non molto tempo fa di come la politica di controllo dei tassi adottata in Giappone, che schiaccia a zero o poco più i rendimenti dei titoli di Stato anche a lunga scadenza, contrariamente a quanto spesso si sostiene produce una certa debolezza del cambio, ma solo entro certi limiti. Non certo un deprezzamento esponenziale e irreversibile.
La ragione è semplice. Se la debolezza del cambio non innesca inflazione (e proprio l’esempio del Giappone prova una volta di più che questo non accade), la svalutazione trova un suo limite naturale nelle transazioni commerciali. Altrimenti detto, i beni e servizi prodotti all’interno del paese diventano così convenienti da innescare domanda estera. E la maggior domanda estera compensa la tendenza del risparmio interno a cercare maggiori rendimenti fuori dal paese.
Detto in altri termini, la tendenza del cambio a indebolirsi spinge i movimenti di capitale verso il deficit ma i saldi commerciali verso il surplus. C’è quindi un fattore di riequilibrio che ferma il declino del cambio ben prima che diventi esponenziale.
Spesso mi viene obiettato che data la facilità con cui è possibile muovere i capitali, le transazioni finanziarie sono complessivamente di importo multiplo, anche di decina o centinaia di volte, rispetto a quelle commerciali.
Ma quest’ultimo è un fattore in realtà irrilevante, perché l’ammontare totale delle transazioni finanziarie dipende delle attività di trading – c’è chi compra e c’è chi vende – che vanno appunto in entrambe le direzioni. Il saldo netto delle transazioni finanziarie è dello stesso ordine di grandezza del saldo netto delle transazioni commerciali, anche se il -100 delle prime può essere generato da -10.000 e +9.900 e il +100 delle seconde da +500 e -400.
E quello che
conta è il saldo netto. Al limite la maggior velocità delle transazioni
finanziarie può anticipare l’effetto di pressione al ribasso del cambio prima
che avvenga il riequilibrio. Ma il riequilibrio, magari con un ritardo di mesi (non
certo di anni) arriva.
Mi ero sempre immaginato il Giappone come un paese mediamente in surplus commerciale, in realtà da Tradingeconomics vedrei che coll'estero è spesso in deficit commerciale ma che è quasi sempre in surplus di conto corrente.
RispondiEliminaGrazie al reddito degli investimenti esteri, mentre chi investe in reddito fisso giapponese ottiene zero...
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