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sabato 17 dicembre 2022

I “depositi congelati”, ovvero come perdere tempo su un problema inesistente

 

Ho già spiegato in vari post, il più recente dei quali è questo, quale sia lo sfondone logico e concettuale di chi insiste a dire che i soldi depositati sui conti correnti bancari sono risorse ferme, inattive, congelate. Quindi non mi ripeto e vi rimando a quella lettura.

Però sull’argomento ci ritorno, perché di fronte alle mie spiegazioni, qualcuno ribatte che “sì OK ho capito, i soldi sui conti si muovono da un detentore all’altro, il livello non ci dice proprio nulla in merito alla movimentazione. Però i soldi depositati in banca dai risparmiatori italiani sono una quantità molto più elevata, in proporzione al PIL, rispetto agli altri paesi. Questa è un’inefficienza, perché quella moneta va canalizzata verso l’economia produttiva”.

Questa argomentazione l’ho sentita senza che fosse fornito alcun dato a supporto. Per cui mi sono messo a cercarli io (i dati).

E ho trovato questi, elaborati da Trading Economics sulla base di informazioni raccolte dalla Banca Mondiale. Stranamente non è citato l’anno di riferimento ma c’è da supporre che siano i più recenti disponibili, probabilmente relativi al 2021.

La prima cosa che si nota è che livelli molto bassi del rapporto depositi bancari / PIL si riscontrano in alcune economie poco sviluppate, presumibilmente con un sistema bancario ancora, almeno in parte, embrionale.

La seconda cosa che vale la pena di mettere in evidenza è il confronto tra l’Italia e le altre principali economie. Mi limito qui ai principali paesi dell’Eurozona, più gli USA e il Giappone.

Italia                     103%

Germania             95%

Francia                 107%

Spagna                 120%

Paesi Bassi           104%

USA                     101%

Giappone             260%

Ma guarda un po’, l’Italia non è assolutamente disallineata. Stanno tutti intorno al 100%.

L’unico outlier è il Giappone, e la ragione è molto semplice. Il Giappone ha un debito pubblico elevatissimo (260% sul PIL, casualmente la stessa percentuale dei depositi) che però per il 100% circa è stato acquistato dalla banca centrale. Ciò equivale a dire che un ammontare di debito pubblico pari al PIL è stato finanziato tramite emissione monetaria. E questa moneta è finita nei depositi bancari della popolazione.

Giappone a parte, la situazione italiana,  confrontata con le altre grandi economie occidentali, è NORMALISSIMA. A quanto pare, depositi bancari pari all’incirca al PIL sono quanto serve a famiglie, imprese e amministrazioni pubbliche per gestire le proprie transazioni (non posso smobilizzare un titolo ogni volta che effettuo un pagamento. Devo avere soldi in banca prontamente utilizzabili).

Perché insisto su questo tema ? perché non ne posso più di sentire giornalisti, politici, ma anche economisti, discettare con aria pensosa sulla necessità di “mobilitare e mettere al lavoro il risparmio congelato degli italiani”, ventilando soluzioni più o meno fantasiose.

A giudicare dalla frequenza con cui l’argomento viene citato e discusso, sembrerebbe che occupi una frazione non irrilevante degli sforzi e del “pensiero economico” di vari parlamentari ed esponenti governativi, magari “illuminati” sul tema da professori universitari e alti burocrati assortiti.

Che questi signori perdano una quantità di tempo non risibile a baloccarsi con un “problema” completamente immaginario, a me preoccupa. Anche perché non ci ravviso secondi fini, ma la semplice incapacità di fare un passettino in più nel riflettere su un tema francamente banale.

Il che è anche peggio.

 

mercoledì 24 marzo 2021

I “soldi congelati sui conti correnti”

 

Di tanto in tanto, qualche politico se ne esce con la scoperta che se l’economia italiana è bloccata da dieci anni abbondanti, una ragione (forse la principale ?) è che il risparmio “giace inattivo sui conti correnti”.

Cito dati a memoria giusto per avere in mente qualche ordine di grandezza: l’ultima volta che ho controllato, i depositi dei residenti italiani presso il sistema bancario erano pari a circa 1.700 miliardi, mentre le attività finanziarie totali (che includono anche titoli di Stato, fondi d’investimento, obbligazioni societarie, titoli di credito di vario tipo, partecipazioni azionarie) erano nell’intorno di 5.000.

Bene, definire quei 1.700 miliardi “soldi congelati” sembra implicare che se quell’ammontare diminuisse, l’economia riceverebbe una spinta, un’iniezione di vitalità. E che i depositi siano soldi inattivi, in quanto tesaurizzati.

Dal che si deduce (non è una novità) che la partita doppia è una disciplina scarsamente nota a molti politici.

Ci sono tre vie (che non si escludono l’una con l’altra) tramite le quali l’economia può rivitalizzarsi (a prescindere dalla riapertura delle attività che arriverà, si spera presto, quando termineranno le restrizioni introdotte per fronteggiare la crisi Covid).

La prima è la crescita del deficit di bilancio pubblico: lo Stato aumenta la spesa o diminuisce le tasse, e quindi immette potere d’acquisto nel sistema economico.

La seconda è l’espansione del credito: le banche aumentano i finanziamenti erogati, e anche questo accresce il potere d’acquisto di famiglie e aziende (anche se, in questo caso, a fronte di una crescita del debito privato, da rimborsare a scadenza).

La terza è l’aumento del surplus commerciale: la differenza tra esportazioni e importazioni si accresce, grazie a miglioramenti di competitività delle aziende e/o a una più forte domanda netta estera.

Se si verificano una o più delle tre cose sopradescritte, le attività finanziarie possedute dai residenti italiani non diminuiscono, ma al contrario aumentano. Dovrebbe quindi essere chiaro che veder scendere i depositi bancari non è affatto un indice di vitalità dell’economia, e vederli salire non è qualcosa di cui preoccuparsi.

Se quanto detto sopra non vi è chiaro, può essere utile un’ulteriore riflessione. Fatta salva la modesta (in valore) quota di transazioni che viene regolata in contanti, se gli scambi nell’ambito dell’economia – le compravendite di beni, servizi e attività finanziarie - aumentano, significa qualcuno preleva soldi dai propri depositi bancari e li usa per pagare qualcun altro, accreditando il conto corrente di quest’ultimo.

L’ammontare di depositi bancari non corrisponde a soldi che “rimangono congelati”. Se gli scambi all’interno dell’economia si accrescono, i saldi attivi presso le banche rimangono esattamente gli stessi. Qualcuno preleva ma per pagare qualcun altro, che automaticamente accresce i suoi depositi.

Inoltre, se si espande il credito bancario, i saldi attivi aumentano. Se mi erogano un mutuo, immediatamente si accrescono i miei depositi presso la banca. Certo, quei soldi li uso subito, in genere per comprare una casa. Il che vuol dire che il deposito incrementale non sarà più mio ma sarà trasferito al venditore. Ma sempre di un deposito incrementale si tratta.

Molti politici queste cose non le capiscono perché non vanno oltre i luoghi comuni. Fate una riflessione in più: eviterete parecchi errori e parecchie trappole dialettiche.