Dicevo
nell’ultimo post, a proposito del validissimo articolo di Giorgio Ponziano
apparso su Italia Oggi pochi giorni fa, che una piccola chiosa mi sento in
dovere di farla. Anzi, pensandoci meglio, due.
Ponziano dice
“Cattaneo non appartiene né ai circoli economici blasonati (che non hanno
saputo prevedere la crisi) né al manipolo dei velleitari che vorrebbero
stracciare l’euro, al contrario la sua ricetta potrebbe servire a salvare la
moneta unica, riformandola”.
E’ così,
certamente, anche se dopo aver messo in sicurezza l’odierno eurosistema, rimane
aperta la possibilità di un’evoluzione che porti all’uscita integrale dall’euro
nel giro di qualche anno, sempre senza strappi e deflagrazioni: le linee fondamentali di questo eventuale sviluppo le
indicavo qui.
L’altra chiosa
riguarda l’affermazione che “i circoli economici blasonati” non hanno saputo
prevedere la crisi. Questo è verissimo se parliamo della crisi finanziaria del
2008: ma va detto, per prima cosa, che gli economisti più noti, se è vero che
hanno avuto questo limite, sono in ottima compagna. Neanche la maggior parte
dei più affermati gestori di fondi, operatori finanziari, investitori e
commentatori economici l’ha prevista. Le crisi finanziarie dovute a un eccesso
di euforia speculativa hanno l’abitudine di avvenire quando, appunto, la
maggioranza degli esperti non le prevede. Se no, non si svilupperebbe né la
bolla speculativa né il crollo conseguente…
Tutto ciò vale
per la crisi finanziaria del 2008. Ma per quanto riguarda la crisi
dell’eurosistema, che ha investito l’Italia in pieno a partire dal 2011,
l’elenco dei prestigiosi economisti che avevano denunciato il rischio e
spiegato come e perché l’euro era, nella migliore delle ipotesi, inutile, e nel
peggiore (ma probabile) scenario rischiava di dissestare le economie di mezza
Europa, è decisamente corposo. Qui trovate una buona sintesi, da cui peraltro
mancano altri nomi celebri.
In realtà la
dottrina economica si era pronunciata in maniera molto chiara riguardo alla
moneta unica europea. E’ stata la politica a non tener conto dell’opinione
degli economisti.
Ai “circoli
blasonati” casomai mi sento di muovere una critica differente. Quella di
proporre vie di uscita che presuppongono un consenso politico che non esiste, e
che non sembra prossimo a formarsi in un futuro prossimo. In pratica, vie che
chiedono qualcosa ai tedeschi:
accettazione da
parte della Germania di alti livelli di inflazione salariale per diversi anni
(per riequilibrare il costo del lavoro per unità di prodotto tra Nord e Sud
Europa, senza costringere quest’ultima al disastro economico e sociale che
l’austerità e la deflazione dei redditi stanno provocando)
oppure
trasferimenti intra-Eurozona (che, analogamente, funzionerebbero se, in parte
sufficiente, andassero a finanziare detassazioni del costo del lavoro nei paesi
che li ricevono).
Per quanto
attiene alla Riforma Morbida, quello che mi sembra interessante, e realmente
innovativo rispetto al pensiero economico “mainstream”, è appunto che può essere
adottata per iniziativa autonoma di ogni paese oggi in situazione problematica,
SENZA che si debba chiedere qualcosa alla Germania di fare qualcosa. E senza
passare dalle complicazioni di una rottura deflagrante della moneta unica
europea. Che sono le principali ragioni per cui la ritengo non solo
tecnicamente, ma anche politicamente, una via con probabilità di successo molto
più elevate.