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mercoledì 10 giugno 2015

Il problema greco si risolve con uno strumento monetario nazionale



C’è molto da riflettere su alcuni passaggi di questa intervista al ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, pubblicata ieri dalla rivista tedesca Tagesspiegel. I punti chiave sono a mio avviso i seguenti.

D. Se confrontiamo i dati delle due proposte (NB quella dei creditori e quella del governo greco) i creditori chiedono misure fiscali per circa 3 miliardi di euro e la Grecia offre 1,87. Non sembra una differenza insormontabile, non le pare ?

R. Ma potrebbe fare la differenza tra uccidere, o meno, quello che è rimasto dell’economia greca. Stiamo continuamente contraendoci da sette anni. Se cerchiamo di estrarre altri 3 miliardi tramite tasse e tagli alle pensioni il deficit sarà più alto l’anno prossimo. E’ come bastonare una mucca malata cercando di farle produrre più latte: la uccideresti. Perfino la nostra proposta di 1,8 miliardi di surplus è eccessiva, dovremmo andare a zero.

D. Ma questo non è sufficiente a mettere fine alla recessione.

R. Questo è il motivo per cui le misure fiscali e le riforme sono solo un terzo del programma che stiamo negoziando. Abbiamo anche bisogno di ristrutturare il debito in modo che i rimborsi siamo gestibili. E abbiamo bisogno di un programma di investimenti. Stiamo proponendo che i fondi vengano dalla BEI (NB la Banca Europea per gli Investimenti).

Quanto dice Varoufakis è coerente con una sensazione che era emersa, esaminando le dichiarazioni del governo greco, fin da febbraio: le proposte di Syriza non sono affatto radicali, sono casomai troppo moderate.

E in effetti la discussione in merito al surplus di bilancio primario – che sia 3 oppure 1,8 oppure zero – è in un certo senso un falso problema. Sono tutti livelli insufficienti a produrre la ripresa di domanda, produzione e occupazione, quindi a invertire il ciclo depressivo-deflattivo che affligge le Grecia da sette anni.

Ora, il governo greco dovrebbe riflettere molto seriamente, a mio avviso, su quanto segue.

L’accordo sul surplus primario alla fine si può anche trovare. E di fatto anche il riscadenziamento del debito in qualche modo è un tema che si risolve da sé. Entro poche settimane succederà una delle due seguenti cose. I creditori erogheranno finanziamenti con cui si rimborseranno quelli vecchi – il che equivale a un allungamento di scadenze: nient’altro. Oppure, la Grecia farà default – non pagherà – e si troverà, sul piano della sostanza, in una situazione comunque simile: il debito sarà sempre quello, l’unica differenza è che non esisterà più un piano di rimborso contrattualmente valido, e si dovrà continuare a lavorare per ridefinirne uno. Che il riscadenziamento avvenga prima o dopo il default, non cambia, di per sé, molto.

Il tema più importante è l’ultimo tra quelli citati da Varoufakis. L’economia greca ha bisogno di una forte iniezione di potere d’acquisto per riavviare un ciclo positivo di consumi, domanda, investimenti e occupazione. L’accordo sul surplus di bilancio e sul riscadenziamento non sono sufficienti.

Di quanti soldi si sta parlando ? non cifre enormi in assoluto, gli ordini di grandezza sono probabilmente 6-9 miliardi all’anno (3-5% del PIL greco). Ma le probabilità che questi soldi arrivino dalla BEI o da qualche altra istituzione europea mi appaiono veramente remotissime, direi fantascientifiche.

Dati i dubbi, i tentennamenti, la mancanza di leadership, le incomprensioni, le diffidenze che caratterizzano i creditori della Grecia e le autorità europee, i primi due punti potrebbero trovare attuazione non necessariamente perché si troverà un accordo, ma anche solo per inerzia.

In questo scenario, la Grecia non realizzerà 3 miliardi di surplus primario, e neanche 1,8. Il rallentamento dell’economia connesso, naturalmente, anche all’attuale situazione di incertezza, porterà a zero il saldo incassi – pagamenti. Lo stato greco userà i soldi che riesce a raccogliere dai suoi cittadini, e stop.

E il riscadenziamento avverrà di fatto, a seguito del default.

Ma se queste due cose possono, e hanno buone probabilità di, accadere (come detto sopra) per inerzia, un grosso programma di investimenti richiede al contrario una decisione esplicita, per la quale non si intravede alcuna volontà politica, da parte di nessun governo e di nessuna istituzione.

Questo ci riporta alla proposta di emissione di una forma di strumento monetario nazionale, come i Certificati di Credito Fiscale greci. Risolto, in un modo o nell’altro (non fosse altro che per inattività) il problema del surplus e quello del riscadenziamento, rimane quello (decisivo) delle risorse nuove, fresche, necessarie a far ripartire l’economia.

Dall’esterno non credo proprio che possano arrivare. Non dalla UE o dai creditori attuali. Dalla Russia o dalla Cina in teoria sì: ma gli sconvolgimenti geopolitici che ne seguirebbero fanno apparire molto fantasioso questo scenario (mi pare).

Rimane la strada dell’emissione di CCF greci: uno strumento finanziario-monetario che è in grado di far ripartire l’economia, e senza mettere in atto la rottura dell’Eurosistema.

E’ una strada innovativa: ma è più plausibile, a mio modesto avviso, di tutte le altre, e il motivo è molto semplice. La Grecia la può attuare senza chiedere nulla a nessuno.