Almeno a giudicare
dalle reazioni riportate dai media, in Germania la decisione della BCE di
ridurre (il 7 novembre scorso) il tasso d’intervento dallo 0,50% allo 0,25% è
risultata particolarmente impopolare.
I tedeschi hanno
una sensibilità decisamente alta verso i rischi di instabilità dei prezzi, e
questo di solito viene attribuito all’esperienza dell’iperinflazione di Weimar
(1921-1923).
Non so fino a
che punto sia vero, tenuto conto che ancora più pesante è stato l’effetto delle
politiche di austerità deflattiva attuate tra il 1929 e il 1933. Hitler fu
portato al potere dalla deflazione, non dall’inflazione.
E’ plausibile
quanto sostengono alcuni commentatori, cioè che i tassi bassissimi non suscitino nei
tedeschi tanto il ricordo di Weimar, quanto la preoccupazione per i rendimenti dei
titoli di Stato e per il rischio che i fondi pensione non riescano a coprire
l’inflazione futura.
Grettezza ? si
fa fatica a chiamarla in un altro modo. Mezza Europa attraversa la peggiore
crisi economica degli ultimi ottant’anni (almeno) e l’unico tra i principali paesi
che ne è immune si preoccupa perché, forse, il potere d’acquisto dei suoi
pensionati non sarà tutelato fino all’ultimo decimale.
L’atteggiamento
è quello constatato in altre occasioni. Lo stato delle cose dà a me vantaggio
10, svantaggio 1 ? agli altri vantaggio zero, svantaggio 100 ?
I vantaggi miei
me li merito, gli svantaggi non li accetto, e i problemi degli altri se li
devono risolvere da soli.
Detto questo, va
riconosciuta una cosa. La Germania, in questo come in altri casi, non sta
sollevando un problema inesistente. L’impossibilità di adottare una politica
monetaria appropriata per tutti i paesi dell’Eurozona è, effettivamente, un
danno per tutti.
Anche perché l’unica
soluzione plausibile, se il sistema monetario europeo rimane rigido com’è oggi,
presuppone di alzare significativamente l’inflazione MEDIA tedesca e di portarla
a livelli DECISAMENTE più elevati rispetto al Sud Europa. Non sarebbe più una
questione di decimali, se vogliamo risolvere l’eurocrisi per questa via.
Servirebbe un’inflazione
tedesca a livelli non inferiori al 5-6% per svariati anni.
Che questo
spinga la Germania a decidere di uscire, lei, dall’euro, continua a sembrarmi
molto improbabile, almeno a breve termine. Perdere di colpo competitività non solo
verso il Sud Europa ma nei confronti di tutto il resto del mondo, e svalutare i
suoi crediti, sarebbe un prezzo veramente elevato da pagare.
Ma di fronte a
una proposta che evita tutto questo…
Nessun commento:
Posta un commento