martedì 26 novembre 2013

Germania e “denaro facile”

Almeno a giudicare dalle reazioni riportate dai media, in Germania la decisione della BCE di ridurre (il 7 novembre scorso) il tasso d’intervento dallo 0,50% allo 0,25% è risultata particolarmente impopolare.
 
I tedeschi hanno una sensibilità decisamente alta verso i rischi di instabilità dei prezzi, e questo di solito viene attribuito all’esperienza dell’iperinflazione di Weimar (1921-1923).
 
Non so fino a che punto sia vero, tenuto conto che ancora più pesante è stato l’effetto delle politiche di austerità deflattiva attuate tra il 1929 e il 1933. Hitler fu portato al potere dalla deflazione, non dall’inflazione.
 
E’ plausibile quanto sostengono alcuni commentatori, cioè che i tassi bassissimi non suscitino nei tedeschi tanto il ricordo di Weimar, quanto la preoccupazione per i rendimenti dei titoli di Stato e per il rischio che i fondi pensione non riescano a coprire l’inflazione futura.
 
Grettezza ? si fa fatica a chiamarla in un altro modo. Mezza Europa attraversa la peggiore crisi economica degli ultimi ottant’anni (almeno) e l’unico tra i principali paesi che ne è immune si preoccupa perché, forse, il potere d’acquisto dei suoi pensionati non sarà tutelato fino all’ultimo decimale.
 
L’atteggiamento è quello constatato in altre occasioni. Lo stato delle cose dà a me vantaggio 10, svantaggio 1 ? agli altri vantaggio zero, svantaggio 100 ?
 
I vantaggi miei me li merito, gli svantaggi non li accetto, e i problemi degli altri se li devono risolvere da soli.
 
Detto questo, va riconosciuta una cosa. La Germania, in questo come in altri casi, non sta sollevando un problema inesistente. L’impossibilità di adottare una politica monetaria appropriata per tutti i paesi dell’Eurozona è, effettivamente, un danno per tutti.
 
Anche perché l’unica soluzione plausibile, se il sistema monetario europeo rimane rigido com’è oggi, presuppone di alzare significativamente l’inflazione MEDIA tedesca e di portarla a livelli DECISAMENTE più elevati rispetto al Sud Europa. Non sarebbe più una questione di decimali, se vogliamo risolvere l’eurocrisi per questa via.

Servirebbe un’inflazione tedesca a livelli non inferiori al 5-6% per svariati anni.
 
Che questo spinga la Germania a decidere di uscire, lei, dall’euro, continua a sembrarmi molto improbabile, almeno a breve termine. Perdere di colpo competitività non solo verso il Sud Europa ma nei confronti di tutto il resto del mondo, e svalutare i suoi crediti, sarebbe un prezzo veramente elevato da pagare.
 
Ma di fronte a una proposta che evita tutto questo

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