domenica 3 novembre 2013

Si può fare a meno del debito pubblico ?

Uno stato dotato di sovranità monetaria in linea di principio ne potrebbe fare a meno. Ma…
 
In condizioni economiche normali, dove cioè non esistono alti e cronici livelli di disoccupazione, il governo stabilisce il livello di spesa pubblica necessario alle attività svolte dallo Stato, e preleva tasse dai suoi cittadini.
 
A livello politico, si definisce l’allocazione della spesa, a quali finalità cioè le risorse pubbliche devono essere destinate. E quali tasse prelevare, in che forma – sui redditi, sui consumi, sul patrimonio – con che livelli di progressività, eccetera.
 
Immaginiamo ora che per effetto, ad esempio, di una crisi finanziaria e bancaria prodotta dall’esplosione di una bolla speculativa, l’economia cada in una situazione di depressione.
 
La domanda scende nettamente al di sotto del livello necessario alla piena occupazione. E anche azzerando i tassi d’interesse praticati dalla banca centrale, e magari fornendo ulteriore liquidità al sistema finanziario con manovre di “quantitative easing”, l’occupazione non recupera livelli appropriati.
 
Questa situazione richiede forti politiche pubbliche di “deficit spending”, cioè di spesa pubblica molto più alta del prelievo fiscale. Ma lo Stato non ha bisogno di indebitarsi per attuarle: fino al momento in cui la domanda non ha recuperato livelli vicini alla piena occupazione, non c’è rischio che l’inflazione vada fuori controllo. Il sostegno alla spesa può quindi essere finanziato emettendo moneta.
 
In altri termini, lo Stato non ha bisogno di emettere debito né in condizioni economiche normali, né in situazioni di domanda depressa.
 
Nel primo caso, il bilancio pubblico può essere mantenuto in pareggio. O per essere più precisi, è appropriato un leggero deficit finanziato comunque da moneta (non da debito) perché in condizioni normali l’economia cresce, ed è quindi corretto che aumenti anche la quantità di moneta in circolazione.
 
Ma pure nel secondo caso, lo Stato non ha bisogno di indebitarsi per attuare le politiche di “deficit spending” massiccio necessarie a risollevare l’economia da una situazione di depressione profonda della domanda: può finanziarle emettendo moneta, senza significativi impatti sull’inflazione.
 
Rimane allora da spiegare perché i debiti pubblici esistono. Una ragione, forse in pratica la più importante, ha a che fare con la formazione del consenso politico.
 
Piaccia o no, la spesa pubblica è anche un meccanismo di acquisizione del consenso. Se un politico acquista consenso aumentando determinate categorie di spesa, e lo perde – invece - aumentando le tasse, ci sarà un incentivo a fare la prima cosa ma non la seconda (o non nella stessa misura).
 
Quindi esiste un incentivo ad aumentare il deficit in situazioni in cui l’economia non è depressa. Le motivazioni della spesa, intendiamoci, possono anche essere pienamente condivisibili. Quello che però tende a non avvenire, è che spesa e imposte crescano nella stessa misura.
 
Oppure: il politico si rende popolare abbassando le tasse. Magari eliminando tasse oggettivamente inique o mal concepite. Ma senza effettuare riduzioni di spesa corrispondenti.
 
In pratica, è un “deficit spending” da marketing politico. Che non è una politica di sostegno della domanda.
 
E il modo migliore per attuarlo (dal punto di vista di chi cerca consenso elettorale) è di finanziare il deficit (eccesso di spesa rispetto alle tasse prelevate) con debito pubblico.
 
Do qualcosa in più a qualcuno, non aumento le tasse a nessuno (o viceversa, abbasso le tasse senza tagliare spese). E copro il deficit chiedendo soldi ai miei cittadini (o anche a investitori esteri) ma a titolo di prestito remunerato: non imponendo nuove imposte o tagli di spesa pubblica.
 
Ovviamente, chi si trova a pagare una tassa in più, oppure a subire gli effetti di una riduzione di spesa pubblica, si sente privato di qualcosa. Chi investe il proprio risparmio in titoli del debito pubblico no: effettua semplicemente un normale investimento finanziario.
 
In tutto ciò esistono due controindicazioni. In questa situazione (al contrario di quanto avverrebbe se l’economia fosse depressa) non ci sono significative risorse disoccupate da rimettere al lavoro. In realtà l’azione avvantaggia certe parti della popolazione (presumibilmente quelle al cui consenso il politico che le effettua è particolarmente interessato) ma non può far crescere il PIL, la produzione, i redditi totali.
 
Si verifica quindi un’azione di spiazzamento (“crowding out”): ad esempio, per effetto dei maggiori tassi d’interesse dovuti alla necessità di emettere debito pubblico, si riduce la spesa più sensibile al costo del denaro (magari, quella immobiliare). L’aumento di una forma di spesa ne riduce un’altra.
 
Inoltre, l’esistenza di un debito pubblico implica che una parte della spesa futura dovrà essere destinata al pagamento di interessi. I deficit pregressi, se finanziati da debito, producono un vincolo alla politica fiscale degli anni successivi.
 
In conclusione, il “deficit spending” massiccio (definito come sopra: spesa pubblica eccedente il prelievo fiscale) è uno strumento indispensabile per rimettere al lavoro risorse inutilizzate, quindi per assicurare la piena occupazione dell’economia.
 
Ma quando l’economia è in condizioni normali – in altri termini, non ci sono livelli anomali di disoccupazione - il “deficit spending” finanziato da debito è invece un meccanismo di riallocazione delle risorse, non di incremento del loro utilizzo. Riallocazione che viene effettuata dando l’impressione (illusoria) di dare qualcosa di più a qualcuno (o a tutti), senza privare nessuno di nulla.

19 commenti:

  1. perché esiste il debito pubblico?

    Forse se lo chiamiamo col più appropriato termine "RISPARMIO PRIVATO a garanzia pubblica" si capisce meglio perché esiste.


    C' erano paesi in cui, non solo non esisteva il debito pubblico, ma non esisteva proprio il debito, era addirittura vietato per legge.
    Praticamente se ascoltate certi libbbbberisti "austricanti" quelli dovevano essere paesi moralmente irreprensibili (il debito è immorale, come noto...) e iper-efficienti, paesi in cui non si metteva "il debito sulle spalle dei nostri figli", paesi in cui "sanamente" "non si viveva al di sopra delle proprie possibilità".

    Ecco quei paesi in cui non esisteva il debito pubblico e nemmeno quello privato erano quelli comunisti (sono falliti TUTTI per debito estera in valuta straniera).




    Il motivo per cui il debito pubblico crebbe enormemente negli anni '80 sono le politiche "clientelari"*, certo, ma non per le clientele "babypensionati" o "impiegati pubblici fannulloni" e nemmeno per i "piccoli imprenditori evasori"....NO; LA "CLIENTELA" CHE FECE SPLODERE IL DEBITO PUBBLICO -DATI ALLA MANO- FU LA "CLIENTELA" DEI RISPARMIATORI)


    *clientele che non esistevano -rammento- (ne quelle dei risparmiatori, ne quelle dei "babypensionati" ne quelle dei "piccoli imprenditori evasori") nei paesi comunisti perché non c' era bisogno di fare "voto di scambio"...in quanto il voto non c' era proprio...e non c'era nemmeno l' "immondo" debito pubblico.....

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    1. Ah...per "pura coincidenza" in quei paesi 'si tanto "morali" , efficienti (mai fatti deficit di bilancio) e "prosperi" (ci sarebbe da approfondire se sono più prosperi gli ucraini oggi o ieri, quanti e quali ucraini siano più prosperi oggi o ieri); NON ESISTEVA LA PROPRIETA' PRIVATA.

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    2. "Risparmio privato a garanzia pubblica", mi piace !
      Molti guai (ma veramente molti) nascono dall'impiego di terminologie che connotano (senza motivo) un concetto in termini negativi. O positivi ("Più Europa", per esempio...)

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    3. Con moneta sovrana diventa:
      "risparmio privato a INTEGRALE E INELUDIBILE (il capitale nominale sarà sempre e comunque restituito, gli interessi nominali concordati pure) garanzia pubblica".

      Con tutte le (secondo me ottime) conseguenze del caso. Sia per il debitore che per i creditori (ebbene si!)

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    4. Ottime conseguenze sì: investimento senza rischio di default (e tale infatti è sempre stato considerato in regime di sovranità monetaria).

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    5. tutto iusto tranne per il fatto che debito pubblico non e' cresciuto per spesapubblicacorruzionecastacricca ma solo per crescita interessi dovuti a strozzinaggio conseguente a divorzi banca d'italia min tesoro,insomma basta con le bugie anche se in buona fede

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    6. Il salto del rapporto debito pubblico / PIL, negli anni Ottanta, l'hanno fatto gli alti tassi d'interesse reale di quel periodo, non c'è dubbio.
      Faccio però notare che questo articolo NON riguarda la situazione italiana o di nessuno stato in particolare. Spiega che il debito pubblico, in uno stato a moneta sovrana non è una necessità economica ma nasce da altri fattori: il marketing del consenso politico, ad esempio.

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    7. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  2. "Spiega che il debito pubblico, in uno stato a moneta sovrana non è una necessità economica ma nasce da altri fattori: il marketing del consenso politico, ad esempio" . Secondo me il debito pubblico (somma dei deficit annui) E' una necessita economica. Come può il settore privato altrimenti accumulare ricchezza finanziaria netta? Solo basandosi sul settore estero? Magari potremmo discutere se emettere o meno i TDS che, come dice lei, riallocano la spesa; lo stato potrebbe benissimo spendere accreditando semplicemente i cc.

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    1. Esatto: se il saldo con l'estero è in pareggio, il risparmio privato si accumula a fronte di deficit pubblico - ma questo, appunto, può essere finanziato anche da moneta, e non (necessariamente) da debito.

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  3. A ok avevo frainteso. Grazie

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  4. "E il modo migliore per attuarlo (dal punto di vista di chi cerca consenso elettorale) è di finanziare il deficit (eccesso di spesa rispetto alle tasse prelevate) con debito pubblico"

    Questo però sempre in assenza di sovranità monetaria... in caso contrario il deficit si potrebbe coprire con emissione monetaria e bilancio in pareggio..
    il problema è politico forse non in fase di calo della crescita economica e incremento della disoccupazione, bensì in un momento di euforìa economica... è in questa fase che lo Stato, "buon padre di famiglia", dovrebbe spendere meno e risparmiare... e per il politico "frenare l'economia" non paga in termini di immagine... però sarebbe l'unico modo per tenere a bada le bolle speculative... che prima o poi esplodono causando danni e dolore.. l'emissione di titoli sarebbe quindi solo strumentale al ritiro di moneta in eccedenza (politica fiscale restrittiva).
    Per me solo In questi casi lo Stato potrebbe diventare debitore... perché detiene moneta in eccedenza (che potrebbe far danni sul mercato!), da restituire agli operatori in "tempi peggiori". Il debito sarebbe quindi un debito "giusto".
    ma quale politico si prenderebbe mai una simile responsabilità?
    forse l'idea di porre un limite ai mandati elettorali potrebbe stimolare un comportamento più corretto... visto che la poltrona verrebbe persa comunque!!

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    1. ""E il modo migliore per attuarlo (dal punto di vista di chi cerca consenso elettorale) è di finanziare il deficit (eccesso di spesa rispetto alle tasse prelevate) con debito pubblico"
      Questo però sempre in assenza di sovranità monetaria... in caso contrario il deficit si potrebbe coprire con emissione monetaria e bilancio in pareggio..."
      Io mi riferivo al caso in cui siamo già in situazione di pieno impiego, quindi non possiamo espandere il PIL totale ma solo riallocare la spesa. Qui, se voglio aumentare la spesa ma non le tasse, o viceversa ridurre le tasse ma non la spesa, deve entrare in gioco un meccanismo di razionamento. Se non voglio creare moneta a livelli che IN QUESTO CASO generano inflazione, l'alternativa è indebitare lo stato - politicamente più attraente perché, appunto, investire in titoli di Stato non è un sacrificio, pagare una tassa in più (o subire le conseguenze di una riduzione di spesa pubblica) sì.

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    2. "Investire in titoli di stato non è un sacrificio"
      Mica tanto: ammesso che tali investimenti sarebbero comunque diventati risparmi si altro tipo, quindi ammesso che tali investimenti non vadano a scapito di consumi, questo comunque comporta che la propensione al risparmio aggregata, cioè la domanda di risparmio copra l'offerta di TdS, per evitare che lo stato si indebiti verso l'estero.

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    3. Intendo dal punto di vista dell'investitore. Se pago una tassa in più (o subisco il calo di una spesa pubblica) ho una perdita patrimoniale, se compro un titolo di stato no.

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  5. Perché finanziare la spesa pubblica con denaro guadagnato dalle imprese e delle famiglie e con denaro prestato da banche private che comunque no aumentare la mossa monetaria creata dal nulla? ?o stato deve avere la sua sovranità monetaria usarla per la spesa pubblica e lasciare che le banche private non si interessino degli stati ma solo come far funzionare l.economia fatta di imprese ecc ecc perché se le banche diventano proprietarie dello stato succede la stessa cosa di quando lo stato di menta il proprietario di tutti come è successo nei paesi con la banca di stato...ci vuole equilibrio il privato e lo stato non devono dominarsi
    .uno con l.altro



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  6. Scusate gli errori...volevo solo dire che allo stato lì devono bastare le sue tasse eque e se non riesce a farsele bastare sempre che lo faccia in buona fede deve ricorrere alla sua banca centrale pubblica non Spa ...mentre le Spa devono concorrere immettendo soldi nell.economia privata per togliere tutti i disoccupati ecc ecc .dunque non più tasse per il debito pubblico ma solo per fermare l.inflazione...altresì non più debito con le Spa ma pieno sviluppo commerciale turistico industriale

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    1. La sostanza è che una politica deflattiva impedisce sviluppo e occupazione, e non è sostenibile.

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