martedì 3 dicembre 2013

Euroexit: è attuabile tramite referendum ?

Domenica scorsa, a Genova, Grillo è tornato sul tema euro.
 
Parecchie sue dichiarazioni, negli ultimi mesi, erano apparse contraddittorie. Stavolta è stato, invece, decisamente meno ambiguo, affermando tra le altre cose: che i vincoli di bilancio pubblico previsti da Maastricht vanno modificati; che, a maggior ragione, non è accettabile il pareggio di bilancio in Costituzione, né il Fiscal Compact; e che lui non ha dubbi sul fatto che dall’euro si debba uscire.
 
Tuttavia, la decisione se effettivamente rimanere o no nell’euro, continua – secondo Grillo – a dover essere condizionata a un referendum.
 
E sulla possibilità, o meno, di poter effettivamente procedere su questa strada, si è dibattuto parecchio e si continua a farlo.
 
In Italia è prevista la possibilità di tenere referendum abrogativi, non istitutivi. E non è possibile che un referendum abbia ad oggetto trattati internazionali, quali il trattato di Maastricht. Salvo cambiare la Costituzione, un referendum su Maastricht dovrebbe avere quindi natura consultiva.
 
Comunque, un governo dotato di maggioranza parlamentare orientata in favore dell’uscita potrebbe tenere un tale referendum e impegnarsi, immediatamente dopo il suo esito, ad agire di conseguenza.
 
Il motivo per il quale il referendum appare a molti una via impercorribile è un altro. E’ impercorribile, o quantomeno altamente problematico, se si identifica il break-up “secco” come via per attuare l’euroexit.
 
Se uscire dall’euro equivale a convertire repentinamente, nelle condizioni attuali, una serie di rapporti economici governati dal diritto italiano (contratti, attività finanziarie, rapporti di credito – debito, stipendi, pensioni, affitti ecc.) da euro a Nuove Lire, condizionare un tale evento al risultato di un referendum rischia di causare grossi guai.
 
La conversione dovrebbe essere effettuata, per quanto possibile, di sorpresa, per evitare turbolenze sui mercati finanziari e massicci deflussi di depositi bancari. Non si vede come ciò sia conciliabile con i tempi di preparazione di un referendum e con le aspettative che si creerebbero, in merito ai risultati, nell’imminenza del suo svolgimento.
 
Se invece adottiamo un progetto diverso, non basato sulla rottura della moneta unica con conseguente conversione da euro a Nuove Lire (destinate a svalutarsi), lo scenario è differente.
 
Questo blog sviluppa in dettaglio un progetto di questo tipo, basato sull’introduzione di titoli – i Certificati di Credito Fiscale (CCF) – che sono una forma di moneta nazionale destinata non a sostituire immediatamente, bensì ad affiancare l’euro.
 
Poiché non si verifica una “rottura secca”, un progetto di questo tipo può essere discusso in piena trasparenza, alla luce del sole, e poi applicato.
 
Se si ritiene importante – e personalmente comprendo, al riguardo, la posizione di Grillo – che ci sia una chiara espressione di volontà popolare relativamente all’assetto finale del sistema monetario utilizzato in Italia, lo schema di intervento può, effettivamente, prevedere un referendum. Su quando e in che termini, ci sono varie possibilità.
 
Una prima possibilità è predisporre un progetto di dettaglio relativo allo strumento monetario complementare (CCF o una sua variante che sia), formulare un testo di legge e poi lanciare un referendum consultivo, prima dell’attuazione del progetto.
 
Una seconda possibilità è attuare il progetto, e lanciare il referendum poi - per esempio un anno dopo - sottoponendo all’elettorato una scelta tra alternative.
 
Le alternative potrebbero essere: (i) vuoi proseguire così (strumento monetario complementare che affianca l’euro) oppure (ii) vuoi trasformare lo strumento monetario complementare nell’unica moneta utilizzata in Italia, convertendo tutti i contratti da euro in CCF / Nuove Lire / o come altrimenti si chiamerà la nuova moneta nazionale.
 
Se si sceglie l’alternativa (ii), potenzialmente potrebbero verificarsi gli stessi problemi di turbative sui mercati finanziari e sul sistema bancario, di cui si parlava con riferimento al break-up “secco” e immediato (non preceduto, cioè, dall’introduzione dello strumento monetario complementare).
 
Il rischio è tuttavia, in pratica, molto inferiore, se l’introduzione dello strumento monetario complementare sarà finalizzato, tra le altre cose, anche a ridurre l’impatto della fiscalità sui costi di lavoro delle aziende italiane.
 
Questo è tra l’altro indispensabile per impedire che, a seguito della riforma monetaria e del rilancio dell’economia italiana, una parte della maggior domanda interna si traduca in squilibri dei saldi commerciali (cioè alimenti importazioni e non produzione nazionale). Ed è infatti uno dei punti essenziali del progetto CCF.
 
Se tutto questo viene attuato, al momento in cui il nuovo strumento monetario (CCF o altro che sia) diventa, a tutti gli effetti, LA moneta italiana unica circolante, non è prevedibile che si verifichi una sua forte svalutazione.
 
I benefici in termini di competitività delle aziende saranno infatti già stati conseguiti senza bisogno di una svalutazione, bensì grazie all’intervento sulla fiscalità del lavoro.
 
Il riallineamento di valore del nuovo strumento monetario rispetto all’euro sarà incerto nel segno (potrebbe anche essere positivo). E, soprattutto, sarà sicuramente di importo percentuale molto inferiore a quanto prevedibile con un break-up attuato oggi.
 
Le probabilità di fenomeni di turbolenza finanziaria o bancaria saranno quindi in pratica molto basse, per non dire nulle.
 
Tra le due possibilità, preferisco personalmente, e di gran lunga, la seconda. L’introduzione del nuovo strumento monetario e le connesse azioni di rilancio della domanda e della competitività italiana devono infatti avvenire con certezza, e il più rapidamente possibile.
 
Referendum o no, ritengo comunque fondamentale che si apra un dibattito non solo sull’opportunità dell’euroexit, ma anche sul suo schema di attuazione. Riguardo al quale schema esiste una macroalternativa – break-up o strumento monetario complementare – della quale, ancora, non si discute abbastanza.

22 commenti:

  1. Dott.Cattaneo quanto mi piacerebbe vederla uscire da questo blog e vederla in prima serata in tv!

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    1. Possibilmente in qualche trasmissione dove si urla poco e si riesce a parlare, però... :)

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  2. Mi piacerebbe vederla da Santoro, ma vedo più probabile La Gabbia di Paragone, che collabora con Barnard e (quindi) Mosler, il quale propone strumenti simili, anche se con fini diversi.
    Purtroppo, nn è proprio la trasmissione dove si urla meno...

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  3. Mi piacerebbe vederla da Santoro, ma vedo più probabile La Gabbia di Paragone, che collabora con Barnard e (quindi) Mosler, il quale propone strumenti simili, anche se con fini diversi.
    Purtroppo, nn è proprio la trasmissione dove si urla meno...

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    1. La cosa sicura è che di questi argomenti se ne parlerà dappertutto, sempre di più ogni settimana che passa.

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  4. Purtroppo mentre Grillo dice una cosa ribadendo l'uscita dall'euro senza se e senza ma, i suoi rappresentanti più giovani a Bruxelles ne fanno capire un'altra confermando fedeltà assoluta all'UE e guardandosi bene dal mettere in discussione una delle sue colonne portanti, la moneta unica. l'ambiguità continua...

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    1. A che cosa si riferisce ? rappresentanti M5S a Bruxelles (nel senso di europarlamentari) per il momento non ce ne sono.

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  5. Shardan (mio nick )

    Sono simpatizzante della Me-Mmt.....dopo aver sentito Paolo Barnard nella trasmissione La Gabbia...sui Mosler/bonds ho fatto una ricerca sull web per capirne di più e son finito in questo blog. Ma è fantastico !!! esca subito da questo blog e vada in televisione...altroché (che si urli o meno ).

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    1. Ragazzi sono pronto :) il problema delle urla è solo quello di riuscire a farsi sentire ! ma non mi tiro certo indietro ;)

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  6. ma dal momento che non si rientra più nei parametri per la permanenza nell'euro, quando cioè la convergenza - precedentemente raggiunta - non sussiste in un momento successivo, non si potrebbe rientrare tra i Paesi con deroga (dotati di propria valuta), senza quindi dover passare per referendum?
    Ci sono norme esplicite che non lo consentirebbero?

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    1. Si potrebbe, certo. Non è scritto da nessuna parte che l'uscita definitiva "debba" avvenire tramite un referendum. E' un tema che sta molto a cuore a Grillo, coerentemente con le idee del M5S in tema di democrazia partecipativa. Che comprendo: ma non deve essere un ostacolo a riformare il sistema monetario e a superare la crisi.

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  7. IL REFERENDUM FARLOCCO SULL'EURO DEL MOVIMENTO 5 STELLE
    LE MIE RIFLESSIONI GIURIDICHE
    Chiunque di noi coltiva dei sogni e delle speranze; un uomo privo di sogni che cos'è?Alcuni si accontentano di immaginare la realtà, altri si pongono degli obiettivi più o meno condivisibili, più o meno realistici.
    In questa sede non è mia intenzione argomentare circa la tematica delle speranze e dei sogni umani, dal punto di vista filosofico o psicologico, m'interessa parlare dei sogni così come vengono intesi dal cittadino comune e per ciò che può servire per meglio comprendere questa tematica.
    Mi sono chiesto spesso, alla luce delle mie ricerche, quale significato storico attribuire alla "domanda" politica di una parte della società, più o meno consistente che chiede di ridimensionare il potere delle Istituzioni europee, chi attraverso una maggiore democratizzazione rimanendo nella zona Euro e all'interno dei Trattati europei, chi invece chiedendo di uscire dall'eurozona e chi addirittura "stracciando" tutti i trattati europei.
    Si tratta di un sogno, appunto, perché gli obiettivi presuppongono un percorso da fare per raggiungerli, e ci sono schemi politici, economici e giuridici che si frappongono ai sognatori.
    Il sogno(dicono) sollecita gli uomini a sforzarsi per raggiungerlo, e se non lede la libertà e la dignità altrui, può arrecare dei benefici anche a chi sta fuori dalla cerchia dei sognatori che si adoperano per realizzare i propri sogni e forse arrecherebbe benefici anche a coloro che erano contrari.
    Cosa accadrebbe, invece, se i sogni dovessero provocare più danni che benefici?Non tutti i sogni sono realizzabili, o almeno esiste un grado di probabilità di realizzazione per ciascuno di essi, dal punto di vista economico, politico e giuridico.

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  8. Spiegherò dunque quali sono le probabilità e le difficoltà, dal punto di vista giuridico, di chi sogna di uscire dall'eurozona, iniziando da questo ipotetico referendum che (al presente) il Movimento 5 Stelle ha intenzione di promuovere allo scopo di uscire dall'eurozona e come questa modalità di sognare sia poco lungimirante.
    Comincerò con ciò che il Movimento 5 stelle non vuole.
    il Movimento 5 stelle vuole legittimare politicamente l'uscita dall'eurozona attraverso la pronuncia di un referendum, pertanto non vuole correre il rischio di una scelta che potrebbe rivelarsi deleteria per il Movimento e, ipoteticamente per l'Italia intera.
    Il Movimento sa che per promuovere un referendum che riguarda la ratifica dei trattati internazionali, non può ricorrere all'istituto referendario previsto dall'art. 75 della costituzione, perché vi è un chiaro divieto ad un pronunciamento che abbia ad oggetto i trattati stessi; statuisce l'art. 75" E` indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
    Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali ".
    Di che tratta il referendum abrogativo? In buona sostanza si tratta di un istituto di democrazia diretta che consente al corpo elettorale di pronunciarsi su una legge ordinaria o avente forza di legge, allo scopo di confermarla o di abrogarla.
    Questo è un importante istituto giuridico, perché consente di verificare la volontà del popolo su precise tematiche; come ho già spiegato in passato, il popolo è sovrano, anche se tale sovranità trova dei limiti costituzionali.
    In questo caso i limiti costituzionali sono le tematiche sottratte alla volontà del popolo di esprimersi mediante un referendum; può piacere o meno, ma è così.

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  9. Il costituente del 1946 non ha voluto assegnare alcuni settori giuridico/politici all'alternativa secca del popolo, perché tali settori furono considerati troppo delicati o troppo tecnici per affidarli al pronunciamento della collettività.
    Esistono diverse tipologie di referendum.
    Quello abrogativo è forse il più "famoso", ma costituzionalmente si può promuovere anche il referendum sulla riforma costituzionale, detto sospensivo, poi quello territoriale e quello consultivo; tuttavia a queste forme di pronunciamento, storicamente abbiamo avuto anche un unico caso di referendum di indirizzo, nel 1989 con la legge costituzionale 2/1989 che diede la possibilità al popolo di pronunciarsi sulla redazione della costituzione europea; è proprio questa ultima forma di referendum che il Movimento 5 stelle vorrebbe ripetere, chiedendo al popolo di pronunciarsi sull'Euro.
    Non si tratta dunque di un referendum abrogativo, ossia quella fonte del diritto che innova il diritto oggettivo in negativo visto e considerato che l'abrogazione di una legge ordinaria può avvenire solo se si concede questo potere di rimuovere dal "mondo del diritto" una fonte dello stesso rango della legge ordinaria.

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  10. Ovviamente , nel caso in cui si tentasse di promuovere tali referendum a discapito dei divieti, il controllo di ammissibilità delle richieste referendarie della Corte costituzionale avrebbe esito negativo per i promotori.
    Come spiegavo, il Movimento 5 Stelle, resosi conto di tali divieti, vuole bypassarli attraverso l'emanazione di una legge costituzionale ad hoc, come nel 1989; sì, avete letto bene!...vogliono mettere in moto un meccanismo costituzionale per chiedere ai cittadini se sono d'accordo o meno di uscire dall'Eurozona.
    Per chi non sapesse in cosa consista il meccanismo costituzionale, dovrà portare un po' di pazienza leggendo quanto segue.
    La costituzione si pone ad un rango superiore rispetto alle leggi ordinarie, pertanto se una legge ordinaria od avente forza di legge dovesse contrastare con i precetti e le disposizioni costituzionali, tale legge sarebbe "rimossa" dal "mondo giuridico" grazie alla Corte costituzionale(nel gergo giuridico si preferisce dire "censura" della legge ordinaria contrastante).
    Se la costituzione si pone su un livello superiore, dunque, non può essere una legge ordinaria ad abrogarla e pertanto occorre una legge costituzionale di pari rango a modificare la stessa legge costituzionale o a derogarla.
    Per fare ciò la nostra costituzione(beninteso, anche quelle di altri stati, se pur con caratteristiche diverse) prevede un procedimento aggravato per emanare leggi costituzionali e di revisione costituzionale.
    La nostra legge fondamentale viene definita rigida, proprio perché è prevista una procedura aggravata (consistente in un ampio consenso) per modificarla, in modo da coinvolgere, per quanto possibile, anche le minoranze politiche.
    Il procedimento si trova nell'art.138 della costituzione che statuisce"Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione .

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  11. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
    Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti".
    Il potere costituente ha previsto questa formula per bilanciare le opposte esigenze che storicamente si sono verificate, ossia l'esigenza di conservazione dei principi con la mutevolezza delle esigenze della società, ma anche per ponderare meglio i contenuti che si vogliono modificare.
    Occorrono quindi due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi con il medesimo testo di legge, la maggioranza ordinaria nella prima deliberazione e la maggioranza assoluta dei componenti nella seconda deliberazione ove la discussione avverrà sulle linee generali prima della votazione finale.
    Ambedue le camere devono votare con una maggioranza non inferiore ai 2/3 dei componenti(e non dei presenti), infine la promulgazione del Capo dello Stato e la gazzetta Ufficiale per rendere nota la legge; se tale maggioranza(2/3) non fosse raggiunta entro tre mesi la legge può essere sottoposta a referendum costituzionale; come i lettori ricorderanno, è ciò che è avvenuto con la l'ultima riforma costituzionale.
    Ricapitolando, il Movimento vuole uscire dall'Eurozona emanando una legge costituzionale che prevede una larga maggioranza(e mi chiedo se sussistano le condizioni politiche), altrimenti si avrebbero due referendum, il primo sospensivo per chiedere al popolo se è favorevole o meno ad un referendum per uscire dall'eurozona, ed eventualmente il secondo, ossia il referendum vero e proprio sull'Euro, a patto che il primo abbia avuto esito positivo.
    Lascio a voi lettori giudicare se tale operazione sia fattibile o pecchi di lungimiranza, o peggio, che si tratti di un'inutile e farraginosa operazione dagli esiti incerti.
    Non solo ma esiste il rischio che se anche il secondo referendum avesse esito positivo in favore dell'italexit, nulla garantisce che tale esito referendario possa avere un vincolo permanente.

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  12. Mi spiego meglio.
    Può accadere che l'esito del referendum in favore dell'uscita dall'eurozona, possa essere messo in discussione nella legislatura successiva, con un Governo che si dimostri contrario a questa scelta politica avvallata dal secondo referendum.
    Il principio della sovranità popolare espresso attraverso il referendum costituisce un vincolo preclusivo nei confronti del legislatore, ma solo se riferito ai principi ispiratori e ai contenuti essenziali della precedente disciplina(c.cost.)con la sentenza 199/2012 che cito" Un simile vincolo derivante dall’abrogazione referendaria si giustifica, alla luce di una interpretazione unitaria della trama costituzionale ed in una prospettiva di integrazione degli strumenti di democrazia diretta nel sistema di democrazia rappresentativa delineato dal dettato costituzionale, al solo fine di impedire che l’esito della consultazione popolare, che costituisce esercizio di quanto previsto dall’art. 75 Cost., venga posto nel nulla e che ne venga vanificato l’effetto utile, senza che si sia determinato, successivamente all’abrogazione, alcun mutamento né del quadro politico, né delle circostanze di fatto, tale da giustificare un simile effetto.
    Tale vincolo è, tuttavia, necessariamente delimitato, in ragione del suo carattere puramente negativo, posto che il legislatore ordinario, «pur dopo l’accoglimento della proposta referendaria, conserva il potere di intervenire nella materia oggetto di referendum senza limiti particolari che non siano quelli connessi al divieto di far rivivere la normativa abrogata.
    [...] «senza modificare né i principi ispiratori della complessiva disciplina normativa preesistente né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti» (sentenza n. 68 del 1978), in palese contrasto, quindi, con l’intento perseguito mediante il referendum abrogativo"; in sede accademica si cerca di individuare la durata di questo vincolo che per una parte del mondo accademico consiste in una legislatura.
    Mi sembra evidente che la modalità di uscita attraverso il referendum sia la meno percorribile e forse quella meno praticabile a livello politico, anche perché non vi è alcun automatismo tra esito del referendum e uscita dall'Eurozona, occorrendo invece altri ed ulteriori atti per rendere possibile l'uscita dall'eurozona.
    Lorenzo Zanellato

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    1. L’uscita mediante referendum preceduto da una legge costituzionale è un vicolo cieco totale, non solo sul piano giuridico, ma anche a causa degli impatti e turbative che produrrebbe sui mercati finanziari a causa della lunghezza e dell’incertezza della procedura. Il breakup può essere preso in considerazione solo se ci sono le condizioni per attuarlo improvvisamente e in tempi rapidissimi.

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  13. Appunto...e io cosa ho detto?

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    1. Tu hai parlato dei temi legali, io ho aggiunto una chiusa su un punto di sostanza, che bloccherebbe la via del referendum quand'anche fosse giuridicamente e costituzionalmente percorribile.

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  14. Ah,scusami,non avevo inteso.

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