Spesso sento dire a politici e giornalisti, ma anche
ad economisti e operatori finanziari, che sarebbe di grandissima utilità “fare
in modo che venga investito in Italia il risparmio che oggi invece defluisce
all’estero”.
E come non di rado avviene, constato che questa
affermazione riflette parecchia confusione in merito alla contabilità
nazionale, per non dire in merito alla pura e semplice ragioneria (leggasi
partita doppia).
Vediamo un po’. Gli italiani detengono risparmio
investito all’estero ? certo che sì. Secondo i dati Bankitalia, al 30.9.2024 i
residenti italiani possedevano la bellezza di 3.925 miliardi di attività
patrimoniali estere: azioni, obbligazioni, aziende, immobili eccetera.
Naturalmente ci sono anche attività patrimoniali
italiane possedute da stranieri, e anche in questo caso l’importo è
ragguardevole, ma inferiore: 3.660 miliardi.
La differenza tra questi due importi è la cosiddetta
NIIP (Net International Investment Position) che è quindi positiva (eccesso di
investimenti italiani all’estero rispetto agli investimenti esteri in Italia)
per 265 miliardi.
Come si è formato questo eccesso ? la causa principale
sono gli scambi di beni e servizi. Nel 2024, l’Italia ha registrato un surplus
(eccesso di esportazioni rispetto alle importazioni) pari a 59 miliardi. E
surplus di queste dimensioni sono da alcuni anni una caratteristica strutturale
della nostra economia.
E’ importante capire che un surplus commerciale estero
produce AUTOMATICAMENTE una crescita della NIIP. Per pagare le esportazioni, il
compratore straniero trasferisce attività patrimoniali in suo possesso
all’esportatore italiano. Oppure si fa finanziare da un intermediario italiano,
che quindi si ritrova con un aumento di crediti o di partecipazioni verso
l’estero.
Chiaro ? o l’esportatore italiano, o il finanziatore
italiano dell’importatore estero, si ritrova PER DEFINIZIONE un incremento di
attività patrimoniali estere. Si verifica quello che viene (in modo fuorviante)
definito un “deflusso di risparmio verso l’estero”.
Una via per “far rientrare il deflusso” cioè per
diminuire la NIIP, magari facendola addirittura diventare negativa, è andare in
deficit commerciale. E’ questo che si vuole ottenere ? equivale a indebitarsi
verso l’estero, o a vendere attività estere possedute dall'importatore italiano, per finanziare acquisti italiani di beni e servizi prodotti altrove.
Non mi pare una grande idea e di sicuro NON significa “riportare risparmio
italiano in Italia”.
Ma tutto questo riguarda i flussi. Non si può invece
lavorare sugli stock ? per esempio non dico tutti i 3.925 miliardi di attività
italiane all’estero, ma un pezzo, che so il 10% quindi la bellezza di quasi 400
miliardi, potrebbero essere disinvestiti e “rientrare in Italia”.
Certo, potrebbero. Ma per fare cosa ? Se il rientro
avviene a fronte di un peggioramento della NIIP, significa che l’Italia ha trasformato
il suo surplus commerciale in un deficit. Questi soldi vanno quindi ad
alimentare acquisti di beni e servizi ESTERI. Non produzione e non occupazione
italiana.
Se la NIIP non peggiora e il surplus commerciale
estero non muta, significa che non abbiamo aumentato gli acquisti netti di beni
e servizi esteri, ma a fronte della diminuzione di attività abbiamo diminuito
anche le passività. Per esempio abbiamo rimborsato finanziamenti esteri. O
abbiamo ricomprato azioni italiane oggi possedute da stranieri.
Tutto questo può essere un bene, un male o un fatto
irrilevante. Faccio però notare due cose.
La prima è che gli stessi soggetti che parlano
dell’utilità di “far rientrare il risparmio italiano” di solito tessono anche
le lodi del “far affluire capitali stranieri in Italia”. Della serie, una cosa
ma anche il suo contrario.
La seconda è che nel momento in cui i residenti
italiani ricomprano azioni possedute da stranieri, o estinguono debiti verso
l’estero, NON METTONO NEANCHE UN CENTESIMO IN PIU’ a disposizione dell’economia
italiana. Cambiano solo l’intestatario di un titolo azionario o di un
finanziamento o di un’attività patrimoniale di altra natura.
E’ appropriato mettere risorse finanziarie in più a
disposizione dell’economia italiana ? certo che sì, se l’Italia non ha (e non
ce l’ha) un problema di inflazione, e se ha (e ce l’ha) un problema di
disoccupazione e sottoccupazione.
Ma la strada NON è far “rientrare il risparmio
dall’estero”. E’ espandere il deficit pubblico (in prima istanza) e la
formazione di credito privato (con cautela e di riflesso a una sana e organica
espansione della produzione e dei redditi interni).
Le chiacchiere sul “rientro dei risparmi” lasciatele a
giornalisti, politici, operatori finanziari ed “economisti” che hanno bisogno
di aprire un manuale di ragioneria base. E possibilmente di leggerlo e capirlo.