Contenere artificialmente la disponibilità di potere d'acquisto rende più difficile trovare lavoro e comprime le retribuzioni. E' il risultato della demonizzazione di deficit e debiti pubblici. Produce meno crescita e più diseguaglianze.
Blog dedicato al progetto Moneta Fiscale / Certificati di Compensazione Fiscale - MF / CCF), soluzione per la crisi dell'Eurozona. Progetto reperibile in questo post. Cronistoria degli eventi rilevanti qui. I CCF sono anche noti come Certificati di Credito Fiscale.
Contenere artificialmente la disponibilità di potere d'acquisto rende più difficile trovare lavoro e comprime le retribuzioni. E' il risultato della demonizzazione di deficit e debiti pubblici. Produce meno crescita e più diseguaglianze.
Non era il caso neanche nel "recente passato" (recente rispetto al 1943) che gli economisti collegati ai potentati finanziari e industriali lo ammettessero: la spesa pubblica può creare piena occupazione.
Purtroppo è ancora meno il caso adesso. E per la stessa ragione.
Ieri mi sono visto un video in cui Paolo Mieli afferma che l’”Europa” (che poi sarebbe la UE) va sciolta e riformata “su basi completamente diverse”.
Una volta tanto un’affermazione su cui concordo con Mieli – per la prima metà.
Sulla seconda ovviamente non ho opinione perché quali mai sarebbero queste basi è tutto da scoprire. Potrebbe uscirne qualcosa di positivo, tutto può essere. Però rimane sempre da capire quale sia la necessità storica per la quale un’integrazione politica europea dovrebbe ineluttabilmente verificarsi: mai sentito nessuno spiegarlo in modo minimamente sensato.
Sempre Mieli comunque dice un’altra cosa che invece un senso ce l’ha di sicuro: per arrivare a un’integrazione continentale per prima cosa occorrerebbe unificare la lingua.
A livello di ipotesi, se si volesse andare in questa direzione ci sono almeno tre possibilità.
La prima è l’inglese. Però il Regno Unito dalla UE è uscito. E no, non ha intenzione di rientrarci.
La seconda è il latino. Questa è una proposta del mio amico Vincenzo Destasio, avvocato e giurista, docente all’università di Bergamo.
Proposta bizzarra ? molto meno di quanto può sembrare. Fino all’Ottocento la comunità scientifica internazionale comunicava in latino. E il latino ha il vantaggio di essere relativamente semplice da pronunciare (da apprendere, un po’ meno) per i popoli di lingua romanza. Meno per i tedeschi e per gli slavi, che però ad apprendere le lingue altrui sono più bravi.
Volete una proposta veramente originale ? il protoindoeuropeo. La lingua (ricostruita dagli specialisti) da cui derivano quasi tutte quelle utilizzate in Europa, in America, e anche in buona parte dell’Asia.
E in effetti tutte le lingue parlate nel continente sono indoeuropee. Beh quasi. Togliamo il finlandese, l’ungherese, l’estone, il basco e il maltese. Forse mi scordo qualcuno ?
Comunque se vogliamo andare sulla via della lingua unica, partendo adesso ci vogliono un paio di generazioni. Bisogna insegnarla ai bambini nelle scuole, e tra alcune decine d’anni ci siamo. Tutti parleranno la lingua comune come una lingua madre.
Ne vale la pena ? rimane da dimostrare.
L’audizione di Mario Draghi di ieri, di fronte alle commissioni parlamentari, è stata, possiamo dirlo, surreale. In pratica si sintetizza con “abbiamo sbagliato tutto per un quarto di secolo quindi dateci tutto il potere che adesso ci pensiamo noi a sistemare”.
Ovviamente i media asserviti e i fan (qualcuno ce n’è ancora) che pendono dalle sue labbra lo stanno ricoprendo di elogi, rimpiangono che al momento non sia presidente di nulla e auspicano che sia prontamente nominato (non eletto, il popolo bue non è in grado di apprezzarne la grandezza) Supremo Assoluto Totalitario Autocrate delle Nazioni Associate, o qualcosa del genere.
Tra le altre cose, tentando di giustificare la
necessità di cedere sovranità, Draghi ha citato il suo noto (non fatemi dire
illustre) predecessore Carlo Azeglio Ciampi, nei termini qui riportati.
Capito il concetto ? cedendo sovranità “all’Europa” in realtà la si conquista. Esattamente come entrando nell’euro si è persa sovranità che in realtà non esisteva, perché si era vincolati a seguire le decisioni della Bundesbank. Mentre adesso un pezzettino di sovranità l’abbiamo, in quanto siamo seduti al tavolo dove le decisioni si prendono.
Se fossi stato presente, avrei obiettato che la necessità di seguire le decisioni della Bundesbank era esclusivamente dettata dalla volontà di mantenere il cambio fisso con il marco (finché ci si riusciva, perché a un certo punto diventava comunque impossibile). Tenendoci la lira e lasciando fluttuare il cambio non ce ne sarebbe stato alcun bisogno.
Mi sarebbe piaciuto obiettare, ma mi rendo anche conto che sarebbe stato inutile. Le obiezioni a Draghi le puoi fare.
Solo che lui non risponde.
Voi sovranisti, dicono i pro-UE, dovreste farvene una ragione. Criticate la UE, criticate le sue regole, criticate il fatto che esistano, ma dovete anche rendervi conto che se si abita nello stesso condominio le regole servono.
Il problema è che la metafora del condominio si poteva applicare alla vecchia CEE. Non all’Unione Europea.
I condomini sono vicini di casa, certo. E giustamente ogni anno fanno alcune assemblee dove si discute (magari per ore…) di temi epocali quali il costo del portinaio e la manutenzione dell’ascensore.
Però vicini di casa significa che ognuno STA NEL SUO APPARTAMENTO. Che ognuno sta A CASA SUA.
La UE ha trasformato, o quanto meno ci sta provando in tutti i modi, il condominio in una cosa diversa. Uno stanzone gigantesco in cui, abbattute tutte le pareti, tutti i soffitti, tutti i pavimenti, gli (ex) condomini stanno in un ambiente unico.
Da buoni vicini di casa, in Europa si può convivere ragionevolmente bene. Certo con collaborazioni, certo con momenti di discussione sui diritti di transito, sui diritti di pesca, sui sussidi all’agricoltura. L’equivalente del portinaio o dell’ascensore.
Ma se si pretende di trasformare in una megafamiglia
qualcosa che famiglia non è, non funziona. Non funzionerebbe neanche se le
regole non fossero spesso cervellotiche, spesso assurde e molte volte
controproducenti. Come invece sono.
Ultimamente vedo il dynamic duo leghista-sovranista, Borghi-Bagnai, menar vanto dell’aver bloccato la riforma del MES, e su questo hanno buone ragioni. Però utilizzano un’argomentazione su cui c’è qualcosa da obiettare.
In breve: la riforma MES sarebbe stata usata contro le nostre banche e contro il nostro debito pubblico, per tappare buchi altrove (presso il sistema creditizio tedesco, in particolare). Abbiamo fatto bene a stopparla a costo di lasciar passare la riforma del patto di stabilità, perché il patto resterà lettera morta, in particolare i francesi non lo rispetteranno, poi adesso ci sono i programmi di riarmo, eccetera.
Obiezioni, dicevo ? almeno tre.
La prima è che non si capisce perché detto un no, non se ne potevano dire due. Non è che si giocava un asso di briscola dopodiché non ne avevi altri. Tra l’altro la riforma MES doveva essere ratificata dal parlamento, e in parlamento la maggioranza a favore non c’era. La riforma del patto di stabilità invece era materia di governo e Giorgetti non aveva alcun bisogno di dire “siamo stati birichini con il MES però non vogliamo esagerare quindi diciamo sì al patto anche se non ne siamo convinti”.
Un governo realmente persuaso delle sue posizioni avrebbe dovuto affermare: no scusate, questo patto non funzionava prima e non funzionerebbe con queste modifiche, anzi forse sarebbe pure peggio. Lasciate perdere il MES (ammesso che realmente qualche europartner avesse posto la questione in termini di do ut des), lì si è espresso il nostro parlamento.
La seconda: certo, qualcuno, sicuramente la Francia, il nuovo patto non lo rispetterà. Il problema è che non rispettava neanche il vecchio, il che non impediva alla commissione europea di richiamarci, di bacchettarci, di minacciare procedure e sanzioni. I patti a livello UE si sono sempre applicati per alcuni (noi) e interpretati per altri.
Ma, si dice, sarebbe allora rimasto in vigore il vecchio patto. E quindi ? se fosse vero che le nuove condizioni macroeconomiche e geopolitiche fanno saltare tutti gli schemi, allora vecchio o nuovo non faceva differenza. Se come temo io, invece, noi ne resteremo condizionati, avrei di gran lungo preferito che ciò non avvenisse sulla base di una riforma che abbiamo appena approvato (mugugnando, ma i mugugni non fanno testo).
Terza obiezione. Mentre accettava, convinto o no come dicevo non rileva, il nuovo patto di stabilità, l’ineffabile Giorgetti finiva di insabbiare l’innovazione REALMENTE risolutiva: la Moneta Fiscale.
Se vogliamo metterla in termini calcistici, ci si è
accontentati di guadagnare un calcio d’angolo. Quando invece si potevano segnare
due gol… e finalmente vincere la partita.