giovedì 25 giugno 2015

La Grecia verso una non soluzione ?



Le notizie si accavallano e in questo momento non c’è ancora nulla di certo. Al momento, Grecia, UE e FMI stanno con grandi fatiche e incertezze cercando di finalizzare un accordo che eviterebbe sia l’uscita della Grecia dall’Eurozona che il default.
Se accordo ci sarà, tutto lascia pensare che si tratti di un ennesimo cerotto che otterrà come risultato di guadagnare qualche mese, senza nessuna prospettiva realistica che il problemi dell'economia greca vengano effettivamente risolti.
Si parla di impegni della Grecia a generare surplus primari di bilancio pubblico dell’1% nel 2015, del 2% nel 2016 e (pare) del 3% all’anno successivamente. Sono livelli inferiori a quelli (completamente fuori dalla realtà) di cui si parlava prima delle elezioni che hanno portato al governo Syriza. Tuttavia, per tentare (con probabilità molto basse) di conseguirli, occorre, comunque, varare misure restrittive (tasse e tagli di spesa) che peggioreranno notevolmente l’andamento dell’economia greca.
Si parla anche, vagamente, di possibili revisioni del profilo di rimborso del debito. In effetti, se oggi i creditori erogano nuovi finanziamenti che serviranno a rimborsare i vecchi, nei fatti si ha l’equivalente di un riscadenziamento.
Nulla di concreto, neanche a livello di proposte, per quanto riguarda, invece, la riduzione dell’ammontare nominale del debito.
C’è poi la richiesta (da parte del ministro delle finanze greco Varoufakis) di varare un programma di investimenti finanziato da fondi BEI, che nelle intenzioni del proponente dovrebbe fornire l’azione di sostegno necessaria per far ripartire l’economia greca. Ma l’accettazione di questa proposta, anche solo a livello di principio, non appare avere alcuna probabilità di concretizzarsi.
Se l’accordo sarà finalizzato nei termini sopra descritti, Syriza si troverà, purtroppo, a pagare il prezzo di una strategia negoziale basata sul presupposto illusorio di convincere la UE a modificare la propria impostazione di politica economica.
La  Grecia avrebbe avuto, e in realtà ha ancora, un’alternativa. Dotarsi di uno strumento finanziario gestito autonomamente e utilizzabile per immettere potere d’acquisto nell’economia e far ripartire domanda, produzione e occupazione.
Anche senza uscire dall’Eurozona, la Grecia può emettere Certificati di Credito Fiscale – titoli utilizzabili per pagare tasse e obbligazioni finanziarie verso il settore pubblico, a partire da una certa data futura.
I CCF hanno un valore garantito dall’utilizzabilità a fronte di pagamenti di imposte future, possono essere convertiti in euro vendendoli sul mercato finanziario, e anche essere utilizzati per transazioni dirette. Hanno alcune caratteristiche della moneta (sono una riserva di valore e potenzialmente un intermediario di scambio) ma non sono un’unità di conto (che rimarrebbe l’euro). Non confliggono con l’euro, che continuerebbe a essere l’unica moneta a corso legale utilizzabile in tutti i paesi dell’Eurozona.
Non è possibile, per lo stato emittente, essere costretti al default su un CCF, in quanto sussiste un impegno di accettazione (a fronte di pagamenti futuri dovuti all’emittente) ma non di rimborso in euro. Naturalmente un eccesso di emissione può depauperare il valore dei CCF, ma la dimensione necessaria per avviare una significativa ripresa dell’economia greca sarebbe in realtà solo una frazione delle entrate fiscali annue.
Diversi esponenti del governo Syriza sono al corrente di soluzioni tecniche di questo tipo. A quanto pare, non ne hanno capito fino in fondo le valenze, oppure è prevalsa invece la volontà di far cambiare impostazione alle politiche economiche UE nel loro complesso. Intendimento nobile, ma alla prova dei fatti illusorio.
Se l’accordo con i creditori si chiuderà nei termini sopra descritti, Syriza ha ancora, come detto, una possibilità. Avviare l’emissione di CCF senza particolari clamori, contando sul fatto che a qualche settimana di distanza la UE non avrà alcun desiderio di riaccendere i riflettori sulla situazione greca, ma, anzi, molto interesse a mostrare che la situazione che si stabilizza e che cessa di essere percepita come un problema.

14 commenti:

  1. perché dovrebbero emettere moneta se riescono a farsi ristrutturare il debito dall'europa?

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    1. Perchè la ristrutturazione del debito riduce, e/o sposta avanti nel tempo, i pagamenti futuri, ma non dà risorse per rilanciare l'economia ADESSO.

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    2. ma neanche i ccf danno risorse all'economia ma solo ai consumi. e i consumi essendo "stranieri" non creano occupazione in grecia. sempre ammesso e non concesso che i ccf varranno qualcosa ovviamente ma questo è sottointeso dato che stiamo ragionando appunto in base alla vostra proposta.

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    3. Vengono erogati anche alle aziende in funzione dei costi di lavoro: quindi li riducono, incentivano la produzione interna e aumentano il PIL senza peggiorare i saldi commerciali esteri.

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    4. appunto incentivano la produzione...non l'occupazione...e quindi i prezzi e le tasse necessariamente...

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    5. Più produzione implica più occupazione, ovviamente.

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    6. può implicare anche più disoccupazione. l'equazione vale in entrambi i sensi.

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    7. Certo, se l'abbassiamo comprimendo la domanda, come s'e' fatto fino ad oggi.

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    8. comprimono la domanda perché sono occupati a tenere separati gli stati (compensazioni) invece di unirli. e all'interno degli stati tutte le forze sono occupate a tenere in piedi lo stato e certe rendite. nessuno investe in queste condizioni neanche se gli date miliardi di ccf e li convertirà in euro apprezzandolo mandando in crisi l'export italiano. se volete abbassare le tasse abbassatele e basta. stampare 80 ccf e riprenderne 81 non crea posti di lavoro. lo stato deve controllare e non pianificare. e se vuole partecipare deve farlo sul mercato così come l'america ha fatto l'assicurazione sanitaria statale che si quota sul mercato insieme a quelle private.

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  2. La situazione è un po' più complessa....

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    1. Naturalmente l'articolo è stato scritto prima dell'annuncio del referendum...

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    2. ma il referendum era stato anticipato molto tempo fa così come anche in italia è stato proposto. se una forza politica va al governo e invece di governare chiede al popolo cosa vuol fare capite che non sta governando il popolo ma si fa governare dal popolo. il popolo chiederà qualunque cosa. questa bolla autoalimentante imploderà su se stessa.

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    3. Sul referendum ho parecchie perplessità anch'io.

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    4. DEVE ESSERE IL POPOLO A CHIEDERE UN REFERENDUM RACCOGLIENDO FIRME E NON UN GOVERNO. IL GOVERNO è STATO ELETO PER GOVERNARE E BASTA.

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