Il mio amico Giovanni Piva mi ha posto la domanda che in questi giorni è sulle labbra un po’ di tutti: il crac della Silicon Valley Bank (e i problemi di altri istituti bancari USA) sono fenomeni tutto sommato abbastanza contenuti e isolati, o provocheranno un effetto domino analogo alla crisi finanziaria del 2008 ?
In sintesi: SVB è la nuova Lehman Brothers ?
La mia risposta è: non è impossibile ma è molto improbabile.
Nessuna crisi finanziaria sistemica è inevitabile. Le autorità pubbliche hanno sempre la possibilità di bloccarle sul nascere, ricapitalizzando e/o garantendo il passivo delle istituzioni coinvolte, o comunque a rischio.
La deflagrazione di una crisi del genere quindi avviene, se avviene, perché non si concretizza la volontà politica di intervenire in modo adeguato.
Perché non è successo nel 2008 ? perché, dopo che in effetti parecchi salvataggi erano stati effettuati – Washington Mutual, Freddie Mac, Fannie Mae, eccetera – la Federal Reserve e il governo USA sono stati investiti da violente critiche in merito all’utilizzo di soldi pubblici per tamponare i dissesti.
Quando i problemi sono esplosi in Lehman, le autorità hanno deciso che un’ulteriore intervento non era “politicamente accettabile”. Il risultato è stato un’insolvenza disordinata che ha rischiato di portare al collasso l’intero sistema finanziario mondiale.
A quel punto gli interventi ci sono stati, e per dimensioni molto maggiori di quanto sarebbe stato sufficiente per Lehman. Si è dovuti intervenire su Citigroup, su Bank of America, e su parecchie altre situazioni.
I ritardi negli interventi sono stati influenzati anche dal contesto politico. Bush jr era a fine mandato e non controllava più le voci dissenzienti dei congressisti del suo stesso partito. E dopo le elezioni dei primi di novembre 2008 (il fallimento Lehman era avvenuto a metà settembre) sono passati i canonici due mesi prima dell’insediamento di Obama. Ciò ha causato un ritardo nel varo dei necessari pacchetti fiscali e ha prolungato la crisi di altri mesi.
Oggi queste complicazioni politiche non ci sono. E soprattutto, il ricordo del 2008 è troppo fresco. Certo, sono passati quindici anni (il tempo vola) ma quindici anni fa i decisori di oggi era già adulti, vaccinati e in posizioni di responsabilità. Non stiamo parlando della Grande Depressione, di cui tutti hanno letto ma che nessuno ha vissuto.
Quindi a uno stallo politico che lasci deflagrare la situazione, quand’anche (cosa che al momento non so) fosse potenzialmente grave quanto quella del 2008, non credo. Fermo restando che un minimo di rischio c’è sempre, perché la follia dei comportamenti umani (specialmente di quelli collettivi) è imprevedibile.
Mi pongo piuttosto un’altra domanda. Ma se è vero che una grossa parte del problema SVB è nato dalla perdita di valore non di attivi di bilancio arcani e astrusi, ma di banalissimi titoli di Stato USA…
…titoli che hanno perso di valore perché comprati quando i tassi erano vicini a zero, mentre oggi sono al 4-5%...
…ma perché il tesoro USA (ma anche quello degli altri paesi) non si finanzia con titoli a tasso variabile, tipo i buoni vecchi CCT che ai bei tempi della lira erano molto popolari tra i risparmiatori italiani, e che sterilizzano automaticamente il rischio tassi d’interesse ?
Risposta triste, ma è la realtà: perché i titoli a tasso fisso si prestano molto di più alla speculazione. E piacciono quindi alle istituzioni finanziarie, che sui ministeri e sulle banche centrali non dovrebbero avere, ma nella realtà hanno, molta influenza.
Al trader che specula, i titoli a tasso
fisso piacciono. Se poi qualcosa va storto ci penserà lo Stato a ripulire i
cocci. Loro, un po’ di anni a colpi di bonus milionari se li saranno comunque
fatti.
Sandor Kopacsi: concordo su tutto, anche se pare che SVB non avesse direttamente titoli di stato quanto strumenti finanziari legati ai titoli di stato che incorporavano un ben maggiore rischio di tasso.
RispondiEliminaSe è così sono stati particolarmente dissennati. Ma questi strumenti comunque esistono in quanto il tesoro USA emette massicce quantità di titoli a tasso fisso (e non variabile).
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