giovedì 2 marzo 2023

Crediti fiscali “pagabili” che non si pagano

 

Come spiegato in alcuni degli ultimi post, in particolare qui, Eurostat ha quindi stabilito che i crediti fiscali cedibili (per esempio, ma non solo, quelli per il Superbonus) vanno a incrementare il deficit pubblico nell’anno in cui vengono emessi. Ciò in quanto sono da classificarsi come “pagabili” anche se non danno diritto a rimborso. Sono da classificare “pagabili” perché possono essere ceduti dall’assegnatario originale a un altro soggetto.

La (discutibilissima) ragione addotta è che se possono essere ceduti, prima o poi finiranno in mano a qualcuno che li userà per ridurre pagamenti di tributi, mentre se non fossero cedibili l’assegnatario potrebbe non avere “capienza fiscale”, cioè non avere imponibile sufficiente per generare tributi di dimensione pari ai crediti.

A questo punto in parecchi sono arrivati alla conclusione che lo Stato dovrà rimborsarli cash, anche se il rimborso non era contemplato all’atto dell’emissione. Il che risolverebbe il problema dei tanti titolari di crediti che non riescono a venderli perché il mercato, a causa di tutte le limitazioni e di tutte le incertezze che si sono accumulate nell’ultimo anno e mezzo, è bloccato.

Mi dispiace dar loro una cattiva notizia. NON verranno rimborsati cash. Il motivo (?) è che secondo la nuova versione del manuale Eurostat, i crediti sono “pagabili” perché possono circolare, ma questo NON introduce nessun impegno di pagamento da parte della pubblica amministrazione.

Insomma sono crediti “pagabili” (tra virgolette) ma non sono da pagarsi (senza virgolette).

Potremmo chiamarli “crediti pagabili si fa per dire”.

Se tutto questo vi sembra assurdo, vi capisco. Che vi devo dire, non ho memoria di quando mai a Bruxelles si sia partorito qualcosa che abbia un senso logico.

3 commenti:

  1. Non è questione di logica, è questione di far capire chi comanda, se di logica si può parlare al limite è quella del Marchese del Grillo : io ( Bruxelles ) sono io e voi non siete un cazzo.

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  2. Voglio ricordare, oltre quello che l'articolo dice come, la creazione di moneta elettronica è prevista dai regolamenti bancari... Comuni, province e regioni possono emetterli.
    Ma il punto nodale riguarda il fatto che si è creato una moneta alternativa...cosa evidentemente nn gradita alle banche.

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