venerdì 13 settembre 2024

MMT, che cosa dice e che cosa non dice


I critici della MMT hanno una spiccata attitudine a criticarla sulla base di una rappresentazione fuorviante delle affermazioni di questa scuola di pensiero economico. 

In particolare, un classico è accusare la MMT di volere sempre e comunque incrementare il deficit pubblico, in quanto all’incremento del deficit pubblico corrispond(erebbe) sempre e comunque incremento di ricchezza privata.

Bene: l’affermazione degli economisti MMT può sembrare superficialmente quella, ma è invece MOLTO differente.

La MMT NON dice che all’incremento del deficit pubblico corrisponde sempre e comunque incremento di ricchezza privata.

La MMT DICE che all’incremento del deficit pubblico corrisponde sempre e comunque incremento di risparmio finanziario nominale privato.

Questo deriva da un’identità contabile che dovrebbe (dovrebbe…) risultare ovvia a chiunque: il deficit è l’eccesso di spesa pubblica rispetto al prelievo fiscale. Se il settore pubblico spende più di quanto tassa, il settore privato incrementa le sue disponibilità finanziarie, perché riceve più di quanto paga.

Questo in termini nominali. In termini reali, il valore effettivo di questo maggior risparmio può depauperarsi se il deficit produce una crescita del livello dei prezzi. E questo è possibile se si immette nel settore privato capacità di spesa che non va ad alimentare maggiore produzione di beni e servizi. Motivo per cui la gestione della finanza pubblica deve tenere conto della capacità produttiva del sistema economico.

Poi ci sono i temi di distribuzione. Altre critiche delle politiche di deficit vertono sul fatto che il deficit potrebbe essere “utilizzato male”, in maniera inefficiente o iniqua, o alimentare spesa verso l’estero, quindi incrementare sì il risparmio privato, ma all’esterno del paese.

Questi sono temi importanti. Ma sono temi di allocazione delle risorse.

E i critici della MMT che vorrebbero il pareggio di bilancio perché sono preoccupati per la (eventualmente) scorretta allocazione delle risorse, si pongono in contraddizione con un’altra loro tipica affermazione.

I critici della MMT spesso attaccano le politiche economiche di stampo socialista affermando che si preoccupa (il socialismo) di redistribuire reddito e ricchezza, ignorando che prima va creato.

Ma allora non dovrebbero sostenere il pareggio di bilancio, perché il pareggio sistematico del bilancio pubblico, in presenza di un sottoutilizzo delle risorse produttive, limita la creazione di reddito e ricchezza. Preoccupandosi della distribuzione di reddito e ricchezza, ne tarpano quindi la generazione.

Proprio quello che a loro dire è il difetto più grave delle politiche economiche socialiste.

 

mercoledì 11 settembre 2024

Piano Draghi, dove sono (sarebbero) i soldi

 

Ancora sul mirabile piano Draghi, che buona parte della stampa italiana sta già incensando come la soluzione di tutti i guai della UE e anche del nostro paese.

Le probabilità che il piano decolli al momento appaiono nulle, semplicemente perché, ottimo, buono, scarso o pessimo che sia, dovrebbe essere finanziato (afferma Draghi) da debito comune, e i paesi frugali del nord – Germania in testa – non ne vogliono sapere mezza, come si dice a Bologna.

Va aggiunto che non si capisce perché queste “sfide epocali” a cui le UE va incontro dovrebbero essere affrontabili solo utilizzando debito comune. E neanche perché non potrebbero essere gestibili da singoli paesi, visto che le possibilità di azione sono comunque date dalla somma dei mezzi a disposizione di chi le azioni le vuole intraprendere. Non si moltiplicano, in altri termini, solo perché gli appiccichi l’etichetta UE.

Certo, alcune cose probabilmente si fanno meglio con uno sforzo congiunto e coordinato. Altre magari no. Ma se la volontà di attuare uno sforzo congiunto e coordinato esiste, si può benissimo procedere tramite un accordo tra Stati: magari alcuni e non tutti.

O meglio si potrebbe se non ci fossero i vincoli finanziari imposti dalla UE stessa, che sono stati rivisti ma assolutamente non superati dalla recente revisione del patto di stabilità, e sui quali non c’è volontà comune per ulteriori modifiche.

Il superamento del vincolo finanziario per attuare, in tutto, in parte, o in qualche misura, il piano Draghi o qualsiasi altra azione di dimensioni rilevanti, è possibile. Facilmente.

Basta consentire ai vari Stati di emettere la propria moneta. Per esempio sotto forma di Moneta Fiscale.

Se Draghi pensasse veramente che l’attuazione del suo piano è vitale, prenderebbe in serissima considerazione questa ipotesi.

Se non lo fa, mi pare evidente che l’attuazione del suo piano servirebbe ad altro. A spogliare di ulteriori leve d’intervento gli Stati, a trasferire ulteriori poteri all’euroburocrazia.

Stavo per concludere il post con quest’ultimo paragrafo. Ma poi, colpo di scena, scopro che nel documento presentato da Draghi (“The Future of European Competitiveness”) spunta, a pagina 38 della parte B, quanto segue (grazie a Fabio Conditi per la segnalazione)

Ohibò. Non me l’aspettavo. Ci sarebbe da chiedersi allora perché Draghi, da presidente del consiglio italiano, abbia insabbiato la libera circolazione dei crediti fiscali (quelli legati a Superbonus e crediti fiscali immobiliari in genere).

Continuo a pensare che non se ne farà nulla e che il rapporto Draghi resterà lettera morta.

Ma chissà, il mondo è strano.


lunedì 9 settembre 2024

L’Unione Europea e la competitività

 

Sinceramente non ho capito in che cosa consistano le raccomandazioni di Mario Draghi e di Enrico Letta in merito a cosa fare per rendere l’economia UE più competitiva. Ho solo letto parecchi articoli che drammatizzano un recente discorso di Draghi, dove si è affermato che senza riforme “mai vista prime” la UE rischia di scomparire.

Per la verità non mi sto neanche sforzando di capirle, s’intende sempre le raccomandazioni. Per alcuni lustri si è ripetuto ad nauseam che la UE aveva bisogno di profonde riforme e di salti in avanti, e i risultati sono stati ampiamente deleteri.

Di chiaro vedo solo una cosa. La UE perde terreno rispetto a USA e Cina, dove non esiste niente di paragonabile alle regole di bilancio pubblico UE, e dove ci si preoccupa poco o nulla di quello che sembra essere il pensiero di gran lunga predominante degli euroburocrati – contenere la spesa per “risanare la finanza pubblica”. Ovviamente senza riuscirci.

A me pare che il recupero di competitività si ottenga investendo. Nei settori e con le modalità giuste, certo. Tramite il settore pubblico o tramite sostegni al settore privato. Ma investendo, quindi spendendo. Non tagliando, non contenendo, non “risanando”.

Quand’anche Draghi e Letta fossero le brillanti menti economiche che qualcuno pensa che siano (più Draghi che Letta, a dire il vero) mi sfugge come le loro raccomandazioni, quali che siano, potrebbero essere applicate, se i vincoli (autoimposti e insensati) di finanza pubblica restano la prima preoccupazione di Bruxelles.

Per questo non mi sforzo di capirle, le raccomandazioni, o anche solo di venirne a conoscenza. Non mancherò, nel caso, di riconoscere che mi sono sbagliato.

sabato 7 settembre 2024

Spiegare la borsa

 

Mi crea spesso un moderato divertimento leggere le spiegazioni che vengono date sugli andamenti del mercato azionario, e ancora di più le previsioni in merito a quanto potrà accadere nel prossimo futuro.

In queste ultime poche settimane si è diffusa l’opinione che il mercato USA, e in particolare l’SP500, potrebbe essere sul punto di una correzione al ribasso.

Il che è sicuramente possibile. Ma per quali motivazioni ? tra le più frequenti che vengono fornite, Trump potrebbe vincere le elezioni in USA. La guerra in Ucraina potrebbe durare ancora a lungo. La situazione in Medio Oriente potrebbe degenerare. Le banche centrali potrebbero non essere così aggressive come si pensa, o spera, nel ridurre i tassi. Oppure potrebbero esserlo per poi scoprire che l’inflazione rialza la testa. L’economia potrebbe indebolirsi.

Al che ovviamente non manca chi replica. Trump le elezioni potrebbe anche perderle. Ma poi in fondo quando ha vinto nel 2016 il mercato azionario ha poi fatto +30% in pochi trimestri. E la guerra in Ucraina potrebbe anche aver fine. E in Medio Oriente le cose potrebbero risolversi, o quanto meno non peggiorare. E i tassi d’interesse hanno, in ogni modo, avviato una discesa. E l’economia in definitiva cresce.

Insomma è vero tutto ma anche il contrario.

Il problema è che leggere queste “spiegazioni” è più divertente che utile.

Di sicuro c’è che

la borsa nel tempo sale

però non lo fa in linea retta

ogni tanto corregge

le date delle correzioni, e l’entità, non le può prevedere nessuno

però quando i valori sono alti e hanno corretto parecchio negli ultimi tempi, una correzione diventa più probabile nel breve termine: attenzione più probabile, non certa.

E adesso i valori sono alti.

Poi divertiamoci, se non abbiamo di meglio, a leggere le “spiegazioni”, le “profonde analisi”.

Basta non prenderle troppo sul serio.

 

martedì 3 settembre 2024

Chi ha bisogno della UE ?

 

Le elezioni regionali tenute domenica scorsa in Turingia e Sassonia hanno registrato un notevolissimo, e per la verità non inatteso, successo del partito di destra eurocritico AfD, che si è attestato intorno al 30% abbondante. Ma va anche notato che un’altra lista eurocritica, questa di sinistra, BSW, ha a sua volta ottenuto un eccellente risultato.

In un’intervista sulla Repubblica di oggi è citata la seguente dichiarazione di Alice Weidel, la leader di AfD: “La Germania, per sopravvivere, non ha bisogno della UE. La UE, al contrario, ha bisogno della Germania. La UE dovrebbe comportarsi di conseguenza. Solo a questa condizione l’uscita della Germania dalla UE non si renderà necessaria”.

Ora, senz’altro la Germania non ha bisogno della UE. Ma va aggiunto che nessun paese appartenente alla UE ha bisogno della UE. Nessun paese deve la sua esistenza alla UE, e nella maggior parte dei casi gli stati membri hanno una storia decennale, secolare, qualche volta millenaria che è partita quando la UE non era nell’immaginazione di nessuno.

La UE si giustifica solo se e in quanto la sua esistenza crea qualcosa di positivo per i suoi appartenenti. L’affermazione della Weidel quindi sarebbe condivisibile. Ma c’è un ma: quando poi andiamo a vedere di che cosa gli stati hanno bisogno, che cosa motiverebbe la loro appartenenza alla UE, scopriamo che le necessità e gli interessi sono difformi. Molto difformi.

Il che non stupisce. Sono paesi differenti per storia, lingua, tradizioni, condizioni economiche, e molte altre cose ancora.

Beninteso questo ai burocrati di Bruxelles non interessa. Com’è tipico delle burocrazie, la loro finalità è preservare la propria esistenza e accrescere la propria area di influenza. Che poi l’esistenza della burocrazia abbia un’utilità è secondario. Primario è l’interesse dei burocrati.

E infatti le reazioni ai risultati elettorali negativi (negativi dal loro punto di vista, s’intende) ogni volta è la stessa. Mai riflettere sul messaggio che sta trasmettendo l’elettorato. Sempre alzare cordoni sanitari. Sempre reprimere, mai analizzare le motivazioni, mai correggere la direzione di marcia.

Anche perché, appunto, la direzione di marcia utile a un paese non è la stessa appropriata per un altro. E quindi la UE ha l’alternativa tra fare ed essere dannosa, e non fare ed essere inutile.

L’autoscioglimento sarebbe una via raccomandabile. Ma qui entra in gioco l’istinto di conservazione, che esiste per le organizzazioni tanto quanto, o forse più, che per gli individui.

 

domenica 1 settembre 2024

Il mostro che non è un mostro

 

Non bastavano definizioni tonitruanti e spaventevoli come “il fardello”, “il macigno”, “l’ipoteca sul futuro del paese”, “l’onere per le future generazioni”.

No, il Sole 24 Ore pochi giorni fa ha dato un altro giro di vite agli sforzi per seminare panico in merito al debito pubblico italiano. Adesso è diventato, sic et simpliciter, “il mostro”.

Boh. Da quando ho cominciato ad avere quattro risparmi da parte ho sempre felicemente acquistato BOT, CCT e BTP (salvo negli anni in cui rendevano zero). E la sensazione di mettermi in tasca delle cose “mostruose” proprio non l’ho mai avuta.

Ma poi, se deficit e debito pubblico sono non si dice mostri, ma gravi, preoccupanti, potenzialmente esiziali anomalie da correggere a tutti i costi, com’è che il bilancio del settore pubblico di tutti i paesi è quasi sempre in deficit ? e com’è che tutti hanno un debito pubblico ?

Non sarà che invece il deficit sia qualcosa di normale e fisiologico ? che per un’economia in crescita sia normale che il settore pubblico spenda più di quello che tassa, immettendo quindi mezzi di pagamento e risparmio finanziario nel settore privato ? grandezze che DEVONO crescere, se cresce la produzione e il valore di beni e di servizi ?

Non sarà che questa continua insistenza sul “risanamento della finanza pubblica” – risanamento che peraltro non si ottiene mai – abbia come unico risultato quello di tarpare la crescita del paese, di smantellare il welfare, di prosciugare gli investimenti ?

Diceva, se non sbaglio, Voltaire: “le streghe hanno smesso di esistere quando abbiamo smesso di bruciarle”.

Oggi magari direbbe che il debito pubblico smetterà di essere un problema quando smetteremo di tentare di “risolverlo”.