martedì 30 luglio 2019

Un titolo fiscale è un attivo per chi lo emette


Poche settimane fa, Nino Galloni si è confrontato con Michele Boldrin. Trovate qui, su Youtube, il video del dibattito.

Successivamente Boldrin è tornato sugli argomenti discussi in quella sede, con il seguente commento su twitter:

“Nello scambio con un amico sul dibattito con Nino Galloni è emerso che ho fatto un errore: ho dato per scontato che una corbelleria contabile di NG venisse notata come tale senza necessità di mio commento. Rimedio al grave errore in questi tweet.

Nel cercare di differenziare la sua “moneta” dall’euro e da tutte le altre monete Nino Galloni insiste che essa dovrebbe entrare come un attivo nello stato patrimoniale dello Stato emissore. Non una passività ma un’attività. Come le imposte, insiste, come le tasse.

Insiste anche che la ragione fondamentale (unica infatti) per cui il pubblico l’accetterebbe in cambio di beni e servizi (facendola circolare ad un valore pari a quello di emissione) è che ESSA VERREBBE CERTAMENTE ACCETTATA DALLO STATO IN PAGAMENTO DELLE IMPOSTE DOVUTE.

Ecco, pensateci. Secondo Nino Galloni una posta che sta dallo stesso lato delle tasse nello stato patrimoniale potrebbe essere usata per pagare le tasse, cancellandole quindi ! Capite ? un + che cancella un + (o un – che cancella un -, fa lo stesso).

Se questo MADORNALE ERRORE di ragioneria elementare non dovesse essere chiaro abbastanza, ci sarebbe anche la storia di Maria, Mario e Gigio… se serve racconterò anche quella ma, mi auguro, questo thread basti. Vero Nino Galloni ?”

Boldrin qui si esprime in un suo tipico atteggiamento. I dibattiti video con chi non la pensa come lui non li organizza per approfondire temi e confrontarsi con serietà, ma per cercare di mettere alla berlina l’interlocutore. Il risultato (ne ho avuto prova anch'io) è che (primo) non ci riesce, e (secondo) dimostra di non aver capito l’oggetto del dibattito, raggiungendo, spesso, vette di involontaria comicità.

Vediamo, nel caso specifico, perché è andato fuori strada Boldrin, e non Galloni.

Accenno solo, di sfuggita, che parlare di situazione patrimoniale di un’entità pubblica che emette moneta (o un suo equivalente o succedaneo) ha probabilmente poco senso. Il perché lo trovate sintetizzato qui.

Ma se vogliamo ragionare in termini contabili, è fuori discussione che se lo Stato emette un titolo a utilizzo fiscale, crea un’attività che ha un valore. Dove mai dovrebbe registrarla, se non all’attivo ?

Lo stesso Boldrin, del resto, in altre sedi afferma che lo Stato, emettendo moneta, genera capacità di spesa tramite la quale si può appropriare di beni e servizi prodotti dal settore privato. Uno strumento che mi consente di “appropriarmi di valore” cos’è, se non un attivo ?

Ed è anche vero che, se la quantità di beni e servizi prodotti è fissa, l’emissione di questo strumento è una forma di imposizione. Lo Stato genera lo strumento, lo spende, acquista beni e servizi, e i privati ne hanno quindi di meno (in ipotesi, ripeto, di produzione fissa). I prezzi salgono (l’”odiosa tassa da inflazione”) e il settore pubblico si arricchisce a danno del privato.

In quale situazione, invece, l’emissione di moneta, o di titoli a utilizzo fiscale, non impoverisce il settore privato ma, al contrario, arricchisce la collettività ?

Quando la produzione di beni e servizi NON è fissa, perché esiste una forte quantità di risorse produttive (lavoro in primo luogo) inutilizzate. Ed è in QUESTO CASO (non in altri) che l’emissione di moneta, o di titoli a utilizzo fiscale, a sostegno della domanda è assolutamente raccomandabile.

Lo Stato emette questi titoli, che rappresentano un’attività, ma non allo scopo di tenerseli, bensì di immetterli nell’economia riducendo le tasse, aumentando i trasferimenti o commissionando la produzione di beni e servizi. I titoli sono effettivamente un attivo, ma rimangono nella disponibilità dello Stato solo per un istante: immediatamente dopo l’emissione, infatti, vengono distribuiti al settore privato.

La maggior domanda accresce produzione e occupazione – e non i prezzi, perché la produzione sale di pari passo con la domanda.

Quindi: più occupazione, più produzione, più redditi, senza impatti inflattivi indesiderati.

Successivamente, lo Stato preleva imposte e tasse, che possono essere saldate mediante i titoli a utilizzo fiscale. I titoli, una volta ricevuti, sono anche in questo caso un’attività di cui lo Stato dispone: ma ancora una volta solo per un istante – immediatamente vengono annullati, o ridistribuiti al settore privato mediante ulteriori azioni di spesa pubblica.

Non c’è nessun “madornale errore di ragioneria elementare”. Ed emettere titoli a utilizzo fiscale, quali i CCF, è lo strumento per risollevare l’economia da uno stato di depressione economica. E’ la strada che l’Italia deve percorrere, il prima possibile.


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