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venerdì 21 febbraio 2025

Se ci attacca l’Austria ?

 

Leggo commenti del tipo: “come si fa a pensare di interrompere il sostegno all’Ucraina ? se domani ci attacca l’Austria per riconquistare il Lombardo-Veneto che facciamo, restiamo inermi ? nessuna reazione ?”

Se ci attacca l’Austria dobbiamo reagire, sicuro. Ma nel caso dell’Ucraina non si parla di un attacco al NOSTRO territorio. Si parla di continuare a sostenere una delle parti in causa di un conflitto in cui noi non siamo tenuti a essere coinvolti, perché non siamo gli aggrediti e neanche siamo soggetti a obblighi conseguenti a un’alleanza.

Il conflitto riguarda parti terze. Possiamo legittimamente esprimere tutte le opinioni che vogliamo su torti e ragioni, su cause e conseguenze, possiamo distribuire etichette di buoni e di cattivi.

Ma come nazione dobbiamo agire in funzione dei nostri interessi, nonché della possibilità di ottenere dei risultati. La politica internazionale funziona così, piaccia o meno.

Le domande da porsi riguardo al ruolo dell’Italia nel conflitto ucraino sono altre:

abbiamo un interesse a far sì che il conflitto si evolva in una determinata maniera ?

abbiamo i mezzi per ottenere che questa evoluzione si concretizzi ?

siamo effettivamente disposti ad utilizzarli, questi mezzi, a livello adeguato a ottenere dei risultati ?

Le domande da porsi sono queste. E puzzano di ipocrisia, francamente, le argomentazioni di natura etica e idealistica. Non perché non siano temi da prendere in considerazione, ma perché li ignoriamo riguardo a qualche dozzina di altri conflitti in corso nel mondo: sui quali non ci attiviamo, non esprimiamo opinioni, a stento sappiamo che esistono.

 

lunedì 5 febbraio 2024

Le armi agli ucraini

 

Stiamo continuando a finanziare la resistenza ucraina contro i russi. E’ la mossa giusta ? è utile ? è coerente ?

Se dico che temo di no, il mio interlocutore spesso mi obietta “e allora sbagliavano gli alleati a dare armi ai partigiani, durante la seconda guerra mondiale ?”.

La mia risposta è che no, non sbagliavano. Ma la situazione ucraina di oggi è diversa.

Era giusto dare armi ai partigiani, come era giusto dare armi, soldi e materiali ai sovietici che combattevano contro i tedeschi. Ma la differenza è che quella guerra gli alleati la stavano combattendo con tutte le loro forze. Si poteva vincere, e anzi la stavano vincendo.

Dare armi ai partigiani aiutava a velocizzare la vittoria e la fine del conflitto.

Mentre in Ucraina… si può vincere ? si possono espellere i russi ?

Forse sì ma solo a una condizione. Che l’Occidente anzi la NATO anzi gli anglosassoni anzi USA e UK decidano di combatterla, questa guerra, non solo di finanziarla (e di farla finanziare agli europei).

Per essere ancora più chiari: una possibilità di espellere i russi dall’Ucraina c’è solo se si combatte Putin con un esercito schierato sul campo.

Certo, è una strategia molto rischiosa. La guerra sul campo non è affatto scontato che si vincerebbe. E Putin potrebbe reagire con le armi nucleari. Ma si può anche arrivare alla conclusione che non ne avrebbe il coraggio.

Quindi per quanto rischiosa è una strategia coerente, e potenzialmente di successo.

Quello che non è coerente, e che sicuramente è destinato all’insuccesso, è continuare a sostenere gli ucraini in un conflitto senza dar loro la possibilità di vincerlo. Serve solo ad allungarlo, il conflitto, e ad aumentare i costi in termini, in primo luogo, di vite umane. Soprattutto di vite ucraine.

Ed è però quello che sta facendo l’Occidente. Finanziare una guerra per procura.

Ha senso ? non mi pare.

 

domenica 19 giugno 2022

Ma come si vince la guerra in Ucraina ?

 

Il mio recente post sulle vicende ucraine ha suscitato un vivace dibattito e una domanda ricorrente.

OK, tu (cioè io) dici che il sostegno all’Ucraina è una decisione di realpolitik. Che si giustifica (o non si giustifica) non sul piano etico ma su quello degli interessi e dei rapporti di forza.

Ma se si vuole andare fino in fondo, cioè fino alla sconfitta della Russia, come si fa a vincere ?

La risposta è semplice.

Non si vince sul piano economico. Le sanzioni fanno più danno all’Europa che alla Russia. Le materie prime indispensabili le ha Putin e non le abbiamo noi.

Non si vince per procura. Continuare a mandare armi agli ucraini allunga il conflitto e aumenta il costo in termini di vite umane e di sofferenze della popolazione, ma non è sufficiente per sconfiggere i russi.

La guerra si vince solo combattendola.

E combatterla significa mandare un esercito NATO, che come sempre vorrà dire coinvolgere in prima battuta gli USA, in seconda i britannici, ma poi anche i vari paesi europei. Mandarlo sul campo.

Non si esce dall’impasse se non si prende una decisione, da una parte o dall’altra, su questo punto.

Certo, Putin ha le armi atomiche. Può essere che non sia così folle da utilizzarle, e può essere che il conflitto rimanga convenzionale. Ma di fronte alla possibile sconfitta militare e al rovesciamento del suo regime, come esserne sicuri ?

D’altra parte, mi si obietta, se non sei disposto a prenderti il rischio di un conflitto, nessun aggressore deciso che attacchi un paese più debole potrà essere fermato.

E infatti Hitler è stato fermato e sconfitto SOLO quando ci si è decisi a combattere. Ai tempi peraltro si parlava “soltanto” di guerre convenzionali.

Da quando esistono le armi nucleari, prendere una posizione contro un aggressore che ne è dotato è diventato ancora più complicato e rischioso.

Ma è un fatto. Come dice Henry Kissinger, la bomba atomica non si può disinventare.

Se accettiamo una pace soddisfacente per Putin, corriamo il rischio che Putin non si fermi all’Ucraina. Se combattiamo – noi occidentali sul campo, non per procura – corriamo il rischio dell’escalation.

Quale rischio è il più grave ? a mio modesto avviso il secondo. Però comprendo chi la pensa diversamente.

Quello che credo proprio non abbia senso, tuttavia, è restare in mezzo al guado, come ci stiamo oggi. Non stiamo mettendo fine alle sofferenze degli ucraini, e stiamo invece provocando enormi danni all’economia europea.

 

giovedì 9 giugno 2022

Il sostegno all’Ucraina

 

Faccio una delle mie ricorrenti incursioni su temi diversi dalla macroeconomia, con l’avvertenza che non ho nessuna pretesa di ritenermi più qualificato di qualsiasi altra persona quando parlo di Ucraina, così come di climate change o di Covid o di tante altre cose.

Però idee ne ho, e mi fa piacere metterle nero su bianco e condividerle.

Un ricorrente scambio di opinioni si sintetizza più o meno come segue.

Io: nessuno nega che Putin sia l’aggressore e che sia da condannare. Ma se prendiamo attivamente le parti dell’Ucraina con sanzioni e invio di armi, per quale motivo non lo facciamo per tantissimi altri conflitti che affliggono il mondo ? perché non a sostegno dei curdi ? perché non a sostegno dei palestinesi ? degli yemeniti ? perché anzi in Iraq e in Libia stavamo con gli aggressori e non con gli aggrediti ?

Eccetera.

Risposta tipica: NON devi parlare di altre cose. Qui stiamo parlando di Ucraina, e non ci sono dubbi su chi ha ragione e su chi ha torto. Gli altri casi sono altri casi, e non devono influenzare il nostro giudizio e il nostro comportamento.

Beh, a mio modesto avviso qui non ci siamo.

Perché i casi sono due.

O l’Occidente, in nome di un proprio sentimento di superiorità morale, giudica, in ogni situazione di conflitto, dove sono le ragioni e dove sono i torti, e si schiera con la (presunta) ragione e contro il (presunto) torto.

Oppure lo fa in qualche caso ben specifico, come l’Ucraina, e in tantissimi altri invece no.

E siamo, evidentemente, in questa seconda situazione.

Allora, se siamo nella seconda situazione, è evidente che giustificare l’intervento a sostegno dell’Ucraina sulla base di considerazioni morali è un’ipocrisia. Perché in tantissimi altri casi, l’Occidente (USA / NATO / UE) queste considerazioni morali non le ha formulate, non le ha applicate, non se l’è neanche sognato.

Per cui alle considerazioni moralistiche non credo neanche per un minuto. Stiamo sostenendo l’Ucraina per valutazioni politiche, a difesa di interessi specifici. E in questi termini va descritta la situazione.

Stiamo osteggiando Putin non perché il suo comportamento sia da condannare. Lo è, ma in tanti altri casi alla condanna non è seguita alcuna azione concreta. E in altri non c’è stata nemmeno la condanna. E in altri ancora gli aggressori eravamo noi (intesi come occidentali).

Stiamo osteggiando Putin perché tuteliamo interessi che si ritengono essere minacciati da Putin.

Quindi il giudizio sul sostegno all’Ucraina va formulato su considerazioni di realpolitik. Come si agisce ? con quali finalità ? con quali interventi ? che risultati stiamo ottenendo ? vogliamo mettere fine al conflitto o vogliamo prolungarlo ? stiamo danneggiando la Russia o stiamo danneggiando l’Occidente più della Russia ? stiamo accelerando il ritorno dell’Ucraina alla normalità e la fine delle sofferenze della popolazione, o viceversa ?

Il dibattito è lecito, le differenze di opinioni pure.

Ma negare il dibattito perché “si parla di Ucraina, lascia stare il Kurdistan, lascia stare la Palestina, lo Yemen, la Libia, la Serbia” – no, non è accettabile.

 

martedì 5 aprile 2022

A quali sacrifici sono disposto per la pace

 

Che cosa sarei disposto a sacrificare per la pace in Ucraina ? che cosa dovrebbero essere disponibili ad accettare, i cittadini dell’occidente ?

Da qualche giorno la domanda rimbalza con maggiore frequenza, sui media occidentali, dopo le notizie relative ai crimini di guerra russi a Bucha.

Una doverosa premessa è che per formarmi un’opinione su quanto è avvenuto, ritengo necessarie informazioni verificate da un’autorità neutrale la cui competenza e indipendenza sia al di sopra di ogni sospetto. Al momento abbiamo denunce occidentali e negazioni russe. Nessuna delle due fonti è affidabile, durante un conflitto nessuna fonte di parte lo è. Appunto per questo, una riedizione della fialetta di Colin Powell anche no, grazie.

Ciò detto, per quanto mi riguarda non sono disposto a prendere in considerazione il blocco delle importazioni di gas dalla Russia in assenza di chiarimenti molto esaustivi su tre cose.

La prima: una dimostrazione convincente che l’eventuale blocco delle importazioni europee di gas dalla Russia aumenterebbe in modo significativo le possibilità di fermare Putin. Ho forti dubbi. Il gas russo lo possono vendere anche altrove. A un prezzo che probabilmente sarebbe più alto dell’attuale, perché il mercato reagirebbe con aumenti a ulteriori tensioni e discontinuità. E a privarsi di una risorsa essenziale sarebbe la UE, non la Russia.

La seconda: chiare e ben strutturate azioni di profonda revisione dell’eurosistema, anche mediante l’introduzione e il potenziamento di strumenti di Moneta Fiscale, per mitigare il più possibile i danni all’economia della UE, dell’Eurozona e soprattutto dell’Italia.

La terza: una precisa definizione e tempistica delle azioni per sostituire il gas russo. Con quali investimenti, con l’attivazione di quali approvvigionamenti alternativi, con quali tempi.

Se queste domande non ricevono risposte TOTALMENTE adeguate, un ipotetico blocco delle importazioni di gas è follia allo stato puro. Produrrebbe danni devastanti A NOI, senza aiutare in alcun modo l’Ucraina e senza avvicinare nemmeno di un minuto la conclusione delle ostilità.

mercoledì 23 marzo 2022

Perché l’economia russa non è marginale

 

Dall’inizio della crisi ucraina in poi, ho letto parecchi commenti in merito alla debolezza dell’economia russa e di conseguenza all’impossibilità, per Putin, di sostenere un conflitto prolungato nel tempo.

In buona sostanza questa opinione si fonda sulla dimensione del PIL. Quello della Russia è inferiore a quello dell’Italia, è pari all’incirca alla somma di Paesi Bassi e Belgio, è una frazione rispetto non solo a USA e Cina ma anche a Giappone e Germania.

In altri termini, la Russia è tutt’altro che una superpotenza economica.

Il che è vero se, appunto, misuriamo le economie in base al PIL. La Russia è, di sicuro, un’economia relativamente poco avanzata.

Ma.

Essere un’economia avanzata significa che una parte significativa del PIL è generata da attività evolute, soprattutto nel campo del terziario. In un’economia avanzata il peso percentuale di macrosettori quali estrazione di risorse, agricoltura e anche manifattura è relativamente basso. Mentre incidono molto attività ad alto contenuto intellettuale, ad alto valore aggiunto. Servizi finanziari, design, fashion, assicurazioni, consulenza strategica, media innovativi.

Belle cose.

Il problema è che sono settori economici che possono essere classificati nella categoria del “non indispensabile”.

Perché indispensabile è altro. Indispensabile è la soddisfazione dei bisogni primari. Che sono il cibo e il riscaldamento. E l’energia, anche e soprattutto per far funzionare il resto dell’apparato produttivo.

Banalmente, le economie avanzate si caratterizzano per il forte peso del superfluo, perché l’indispensabile lo considerano scontato, garantito.

Il che è vero – nella maggior parte dei casi e delle condizioni. Ma diventa non più vero - quando ?

Nelle situazioni di emergenza.

Tipo, appunto, una crisi geopolitica, o a maggior ragione una guerra.

Nelle situazioni di emergenza, si scopre che non è poi così vitale disporre dei migliori, dei più qualificati, livelli di servizi finanziari, design, fashion, assicurazioni, consulenza strategica, media innovativi.

Si scopre che sono molto più importanti il gas, il petrolio, il nickel, il grano, i fertilizzanti.

Si scopre che le cose di cui la Russia scarseggia sono belle-ma-superflue, e che le cose di cui la Russia abbonda sono essenziali.

Del resto, immaginate di fare naufragio, stile Robinson Crusoe, su un’isola deserta, dove per sopravvivere avrete a disposizione capre selvatiche, legname e poco altro.

Chi pensate che abbia maggiori possibilità di cavarsela ? un allevatore o un banchiere d’affari ? un carpentiere o un softwarista ?

Se facciamo riferimento al PIL totale, la Russia non è una potenza economica. Se parliamo di “PIL indispensabile”, lo diventa.

L’equivoco è tutto qui.

 

venerdì 4 marzo 2022

La difficile guerra economica alla Russia

 

L’Occidente spera, stando almeno alle dichiarazioni dei suoi leader, di mettere in ginocchio la Russia sul piano economico, ma il risultato appare tutt’altro che semplice da ottenere.

La ragione è facile da spiegare. La Cina, insieme tra l’altro all’India, al Brasile e al Sudafrica (i BRICS al completo, quindi) non ha aderito alle sanzioni e sta proseguendo senza limitazioni le relazioni commerciali con la Russia.

Il che significa, principalmente, che i russi continueranno a vendere gas, petrolio, grano ai cinesi, e a comprare da loro prodotti manifatturati. Qualcuno ha commentato che “la Russia sta riscoprendo l’autarchia”, ma non è affatto autarchia: è un rapporto commerciale bilaterale in cui ognuna delle due parti mette a disposizione i beni che la sua economia è in grado di produrre.

Gli elementi da tenere in considerazione sono chiari. L’Occidente ha un miliardo di abitanti in un mondo che ne conta quasi otto. Il reddito procapite occidentale non è più così tanto superiore alla media del resto del mondo quanto lo era anche solo una ventina d’anni fa. E l’Occidente non produce nessun bene e nessun servizio di cui la Russia non si possa approvvigionare altrove.

Certo, in molti settori di tecnologia avanzata gli USA (non l’Europa) mantengono una posizione di leadership mondiale. Le FAANG stanno lì. Ma non è che i cinesi non abbiano l’equivalente di Google, di Amazon o di Apple. E suvvia, si sta al mondo anche senza Netflix.

Molto peggio è fare a meno del gas russo. Non per gli statunitensi, ma per gli europei è in effetti impossibile. Altrimenti siamo noi a rischiare il collasso economico, non i russi. E infatti le sanzioni non stanno toccando il gas, e le banche russe sono state bandite “selettivamente” da SWIFT appunto in quanto il loro gas bisogna continuare a comprarlo, e beninteso a pagarlo. Con la beffa aggiuntiva che lo stiamo pagando molto, molto più caro.

L’arma economica finale-letale-totale per fermare Putin, molto semplicemente, non esiste. Salvo mettersi d’accordo con i cinesi. Il che forse è possibile – poche cose sono impossibili, in politica. Ma non so a fronte di quale contropartita.

 

mercoledì 23 febbraio 2022

Donbass

 

Non ho la minima intenzione di contrabbandarmi per un esperto di geopolitica, ma alcune considerazioni sulla crisi del Donbass mi appaiono di sufficiente buon senso perché valga la pena di sintetizzarle qui di seguito.

In primo luogo, nelle regioni orientali dell’Ucraina è in corso un conflitto – a livello non di guerra in campo aperto ma di guerriglia – non da oggi ma dal 2014.

Fin da allora, in contemporanea con l’occupazione della Crimea da parte della Russia, le repubbliche popolari di Lugansk e di Doneck si sono dichiarate indipendenti dal governo centrale di Kiev.

Quello che è avvenuto adesso è il riconoscimento formale dello status d’indipendenza da parte della Russia. Formale, perché nella sostanza sono otto anni che la Russia collabora con le forze autonomiste locali e fornisce loro supporto, in varie forme.

Va sottolineato che i due territori in questione non includono tutto il Donbass né tanto meno tutta l’Ucraina orientale. Complessivamente si parla di 3,7 milioni di abitanti su una superficie di 17.000 chilometri quadrati. La popolazione della Toscana e l’estensione del Lazio, grosso modo.

Ora, mi pare evidente che nessuno scatenerà un conflitto militare per opporsi all’azione di Putin. Succederà invece che, su pressione USA, verranno dichiarate ulteriori sanzioni economiche contro la Russia.

A queste sanzioni, la UE aderirà con toni chiassosi ma rendendone l’operatività, nella sostanza, quasi nulla. Questo, per tre ragioni.

La prima: la UE mette i propri interessi commerciali, o per meglio dire mercantili, davanti a tutto il resto.

La seconda: anche azioni più corpose comunque non risolverebbero il problema, nel senso che non otterrebbero il dietrofront della Russia.

E la terza: la UE ha bisogno del gas russo.

Per cui la mia previsione è che, semplicemente, si creerà una situazione di fatto che nel giro di alcune settimane, un paio di mesi al massimo, sarà accettata senza che se ne parli più. Chi parla più, del resto, dell’occupazione della Crimea ?

Quanto sopra potrebbe essere smentito se Putin andrà oltre, con l’annessione di fatto di altre parti dell’Ucraina Orientale o addirittura con l’inclusione di tutta l’Ucraina nella sua sfera di controllo, modello Bielorussia.

Ma questo non accadrà.

A breve.