mercoledì 22 gennaio 2020

Il QE provoca svalutazione, non inflazione


I programmi di Quantitative Easing messi in atto dalla BCE hanno prodotto un apparente paradosso.

Sono stati completamente inefficaci per quanto riguarda l’obiettivo dichiarato, alzare il tasso d’inflazione verso l’obiettivo BCE del 2% (o per essere più esatti, “inferiore ma vicino al 2%”).

Hanno invece prodotto un consistente riallineamento al ribasso del cambio.

Nell’estate del 2014, l’euro valeva oltre 1,30 dollari. In quel periodo, si è cominciato a parlare con sempre maggiore insistenza del possibile avvio di un programma di QE da parte della BCE.

Il programma è stato alla fine annunciato da Mario Draghi nel gennaio 2015, e attuato a partire da marzo. E tra l’estate 2014 e l’inizio del QE ha avuto luogo una svalutazione dell’euro fino a circa 1,10 dollari. In anticipo, in effetti, rispetto all’avvio del programma, per la nota tendenza dei mercati a recepire gli effetti di un mutamento di politica prima che avvenga, via via che la sua attuazione diventa sempre più certa.

Intorno al livello di 1,10, il cambio ha oscillato da allora a oggi (quindi, ormai, per cinque anni).

In tutti questi anni, non si è verificato invece alcun significativo incremento dell’inflazione media dell’Eurozona. Il che stupirà chi crede alla favola secondo la quale svalutazione e inflazione vanno sempre e comunque di pari passo.

In realtà, la spiegazione è semplice. Le politiche fiscali rimanevano orientate al consolidamento. Non veniva immesso potere d’acquisto supplementare, utilizzabile per comprare beni e servizi.

Veniva invece emessa moneta per comprare titoli. Saliva quindi il prezzo di questi ultimi (e scendeva di conseguenza il loro tasso di rendimento). Senza alcun impatto rilevante e sistematico sui prezzi al consumo.

Come mai, invece, si verificava un impatto sul cambio ? perché veniva ritirata dal mercato una grossa quantità di attività finanziarie (sostanzialmente, i titoli di Stato acquistati nell’ambito delle operazioni di QE). Gli investitori vendevano e si guardavano, quindi, intorno alla ricerca di impieghi alternativi.

Questi impieghi alternativi in molti casi erano reperibili all’interno dell’Eurozona. Ma in parte, ci si rivolgeva anche al resto del mondo.

Gli euro ricevuti da chi vendeva i titoli di Stato venivano quindi ceduti per comprare azioni, obbligazioni o altri investimenti. E questi investimenti in parte erano in dollari o comunque extra Eurozona.

Il QE senza espansione fiscale ha quindi prodotto, per ragioni perfettamente comprensibili, un deprezzamento del cambio euro – dollaro. E nessun impatto degno di nota, al contrario, sull’inflazione.


2 commenti:

  1. Se una ipotetica dittatura prendesse il potere e gli desse carta bianca per risolvere la crisi lei oltre ai CCF cosa farebbe?

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    1. Beh l'elenco sarebbe lungo… i CCF sono lo strumento giusto ma è ovviamente importante selezionarne al meglio le applicazioni. Mi impegnerei senz'altro per allocare al meglio la quota destinata a pubblico impiego e investimenti pubblici. Con quali finalità ? per dotare l'Italia di eccellenti infrastrutture, di un sistema sanitario ancora più efficace, di un sistema di istruzione pubblica ai migliori livelli mondiali: per esempio aprendo varie università di assoluta eccellenza. Molte delle quali al Sud.

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