martedì 8 febbraio 2022

Il dubbio che Draghi cerchi la rottura

 

Un’ipotesi che circola da un po’ di tempo è che Draghi abbia capito che l’economia italiana è destinata a un’evoluzione tutt’altro che “simpatica” durante il 2022. Avrebbe voluto quindi “fuggire verso l’alto” facendosi eleggere Presidente della Repubblica. Ma non ha funzionato.

Di conseguenza, si sente sempre più scomodo nell’attuale posizione di presidente del consiglio, e di colpo, dopo la mancata “promozione” al Quirinale, sta assumendo atteggiamenti sempre più rigidi, per portare la sua coalizione di governo alla rottura.

Non è uno scenario che ritenevo plausibile, fino a pochi giorni fa. Tuttavia mi stanno facendo riflettere episodi come la brutale e insensata stretta alla circolazione dei crediti fiscali per il Superbonus 110%, nonché il rifiuto oltranzista (almeno a tutt’oggi, a quanto si legge) a mettere in atto un sostanzioso scostamento di bilancio pubblico, per tamponare gli effetti dell’esplosione dei prezzi di gas, benzina ed energia in genere.

Nello stesso tempo, non si vedono progressi riguardo alla proposta di revisione del Patto di Stabilità e Crescita UE. E inoltre: Draghi ignora che i benefici macroeconomici del PNRR sono infimi, e le condizionalità potenzialmente deleterie ? mi stupirebbe.

Ho sempre ritenuto Draghi sufficientemente scaltro da evitare la fine ingloriosa di Monti, che dopo un anno di governo è uscito dalla scena politica lasciandosi (purtroppo per noi) alle spalle un’economia devastata (da lui).

La soluzione ci sarebbe. Adottare la Moneta Fiscale, chiarendo ai partner UE che NON incide sul deficit e sul debito pubblico, e ridare al paese le leve di gestione della sua politica economica indispensabili per rimetterlo, finalmente, in carreggiata.

La difficoltà è sempre la stessa. La Moneta Fiscale funziona, e proprio perché funziona rende evidente che per risolvere la crisi non servono (anzi) né il PNRR né un’ulteriore maggiore intromissione della UE nella politica economica degli Stati.

La Moneta Fiscale funziona, e questo è il suo torto agli occhi dell’establishment europeista. Rende evidente che centralizzare non è la soluzione, bensì il problema.

Ma se Draghi non può o non vuole andare nella direzione giusta, la sua permanenza a Palazzo Chigi diventa un danno. Potenzialmente molto grave.

 

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