mercoledì 8 marzo 2023

Crediti d’imposta cedibili e riportabili per espandere l’economia senza debito

 

Il dibattito sul Superbonus 110% e sui crediti fiscali immobiliari, alla luce dei recenti provvedimenti del governo, ha raggiunto vette di concitazione che non contribuiscono certo a capire i termini della questione. Il tema va chiarito perché è di estrema importanza per il rilancio dell’economia italiana e per la soluzione delle disfunzioni dell’Eurozona. Questo, per ragioni che vanno in effetti molto al di là del – pur importante – argomento Superbonus. Il vero fulcro della questione è la circolazione dei crediti d’imposta utilizzabili in compensazione: la cosiddetta Moneta Fiscale.

UNO, Eurostat NON ha affatto “bocciato la Moneta Fiscale” né l’ha “messa fuori corso”. Queste affermazioni si sono spesso lette e sentite nelle ultime settimane, ma sono totalmente sbagliate. Eurostat al contrario ha pienamente riconosciuto che i crediti fiscali trasferibili, utilizzabili per compensare tributi, esistono e sono assolutamente legittimi. L’unica modifica, rispetto alla situazione precedente, è che Eurostat afferma ora che questi crediti vanno considerati spese dello Stato all’atto dell’emissione e non minor gettito fiscale negli anni in cui verranno utilizzati come compensazione di pagamenti all’Erario. La conseguenza è che entrano nel deficit pubblico nell’anno di emissione medesimo, non successivamente.

Che cosa significa ? che cambia solo il profilo temporale del deficit, non l’impatto complessivo sul deficit medesimo. L’impatto totale rimane lo stesso ed è pari all’ammontare dei crediti emessi AL NETTO dei benefici che si producono, negli anni, in termini di crescita del PIL e quindi del gettito tributario.

DUE, ISTAT ed Eurostat hanno confermato che i crediti fiscali, trasferibili o meno, NON vanno computati nel “debito pubblico di Maastricht”, quello rilevante ai fini dei trattati. La ragione è semplice: lo Stato non deve approvvigionarsi di fondi per emettere crediti fiscali. Li crea dal nulla, come se si trattasse di una moneta fiat.

TRE, per lo stesso motivo, all’atto dell’emissione i crediti fiscali non producono nessun impatto sul fabbisogno di cassa dello Stato. Appunto in quanto i crediti fiscali vengono emessi fiat, lo Stato non ha bisogno di reperire soldi sul mercato: non c’è nessun titolo che debba essere collocato presso investitori e risparmiatori, non devono essere chiesti prestiti a nessuno.

QUATTRO, è una bugia sfacciata, che purtroppo viene costantemente ripetuta, che il Superbonus 110% abbia prodotto un’enorme quantità di frodi. Già il 10 febbraio 2022 il direttore generale dell’agenzia delle entrate, in audizione presso la commissione bilancio del Senato, aveva chiarito che solo il 3% delle frodi accertate erano riconducibili al Superbonus. I principali “colpevoli” erano state altre categorie di bonus, in particolare il bonus facciate (46% del totale) e l’ecobonus (34%). Il Superbonus è nato con un sistema di controlli ed asseverazioni (successivamente anche rafforzati) che hanno limitato al minimo le frodi. Il che significa che le frodi non si eliminano bloccando la circolazione dei crediti (come hanno affermato Draghi tempo addietro, e Giorgetti ancora nelle ultime settimane) ma introducendo un appropriato sistema di controlli – sull’emissione, non sulla circolazione. Ed è proprio il Superbonus a dimostrarlo! il credito fiscale che aveva i migliori controlli alla fonte ha generato il minor livello di frodi, nonostante circolasse liberamente.

Detto tutto ciò, il Superbonus ha dei difetti ? poteva o doveva essere costruito diversamente ? probabilmente sì, ma per motivi che non hanno nulla a che vedere né con le frodi né con la demonizzazione della Moneta Fiscale:

CINQUE, si sostiene che fosse eccessiva l’aliquota con cui è stato introdotto, il famoso 110%. Se si incentiva un importo addirittura superiore alla spesa effettiva, viene meno la spinta, da parte di chi commissiona i lavori, a negoziare al meglio con l’azienda a cui vengono affidati. Detto in parole povere, è inutile “sbattersi” per negoziare al meglio i costi se comunque a fronte dei costi stessi si riceve un incentivo addirittura superiore.

Va detto che il 110% è ripartito su cinque anni, quindi al momento della cessione del credito entra in gioco l’attualizzazione dei benefici futuri: per cui il valore riconosciuto dal compratore è sempre stato in realtà inferiore al 110%, e spesso anche al 100%. In ogni caso, questa obiezione ha un fondamento ma non mette in dubbio la validità dello strumento: casomai suggerisce (come del resto già è stato fatto) di abbassare l’aliquota di incentivo.

SEI, quello che è senz’altro un difetto del Superbonus è non aver previsto un limite dimensionale. Se non si fissa un limite, per esempio su base annua, si rischia che i lavori incentivati siano di ammontare superiore a quelli che il settore edilizio nazionale riesce a gestire. E questo sicuramente crea un collo di bottiglia e produce la lievitazione dei costi. Ma tutto ciò significa soltanto che qualsiasi applicazione della Moneta Fiscale, così come qualsiasi politica economica espansiva, deve essere ben calibrata nelle sue dimensioni e modalità.

Ma ancora più importante è sottolineare che

SETTE, il Superbonus, e i crediti fiscali immobiliari in genere, sono soltanto una forma di applicazione della Moneta Fiscale, dove per Moneta Fiscale si intendono crediti fiscali, non soggetti a rimborso cash da parte dello Stato, e indefinitamente riportabili al futuro (vale a dire, utilizzabili per un periodo illimitato di tempo).

La Moneta Fiscale in realtà si presta a un amplissimo ventaglio di applicazioni, di cui l’incentivazione di determinate forme di investimento privato è solo una. Le possibilità sono vastissime. Si possono:

Integrare i redditi da lavoro, assegnando Moneta Fiscale in aggiunta al saldo netto in busta paga, in particolare ai redditi bassi e medio bassi.

Diminuire il cuneo fiscale, assegnando Moneta Fiscale ai datori di lavoro in funzione dei costi lordi sostenuti.

Effettuare o potenziare azioni di spesa sociale: ad esempio, invece di ridurre il reddito di cittadinanza, si potrebbe lasciarlo invariato o anche incrementarlo, pagandolo in parte in Moneta Fiscale.

Finanziare investimenti pubblici: manutenzione del territorio, infrastrutture, diversificazione e sviluppo di fonti di energia, ecc.

Finanziare assunzioni di personale nel pubblico impiego: sanità, pubblica istruzione, ordine pubblico. Oggi formiamo brillanti medici e insegnanti e li costringiamo ad accettare stipendi inadeguati e precari – avendo come alternativa l’emigrazione.

Calmierare i prezzi dei beni di prima necessità e a domanda rigida: generi alimentari e bollette, in particolare. Per esempio, compensando in tutto o in parte gli incrementi di prezzo mediante un meccanismo di cashback pagato in Moneta Fiscale. Questo, soprattutto nelle fasi, come l’attuale, in cui l’inflazione si è portata al di sopra degli obiettivi BCE. Obiettivi ai quali la BCE sta cercando di ricondurla a colpi di aumento del costo del denaro, rischiando però di non riuscirci e/o di infliggere gravi danni all’economia, all’occupazione e al tessuto produttivo.

In pratica, l’emissione di Moneta Fiscale consente di mettere in atto qualsiasi manovra di politica economica. E consente di farlo senza che l’emissione incrementi né il fabbisogno finanziario del settore pubblico né il debito di Maastricht.

Altro che “metterla fuori corso”. La Moneta Fiscale, vale a dire i crediti fiscali trasferibili, utilizzabili in compensazione, e riportabili, sono uno strumento di enorme efficacia, e sarebbe folle che lo Stato italiano rinunciasse a utilizzarlo.

La Moneta Fiscale è un progetto che va molto al di là del Superbonus. Il Superbonus e i crediti fiscali immobiliari in genere hanno dimostrato la potenza della strumento e l’alto grado di accettazione dei diritti di sconto fiscale emessi dallo Stato e liberi di circolare.

Il test quindi è stato significativo e importante. Ma la Moneta Fiscale è lo strumento che permette allo Stato italiano di fare molto di più: permette di recuperare un adeguato livello di autonomia e flessibilità nella conduzione della sua politica economica, senza incidere sui fabbisogni finanziari e riportando sotto controllo il debito pubblico di Maastricht. Che va ridotto, certo (in rapporto al PIL) perché è intrinsecamente pericoloso in quanto è da rimborsare in una moneta (l’euro) che l’Italia non emette. Ma questa riduzione non si ottiene tramite deleterie politiche di austerità. Si ottiene ripristinando e mantenendo alti livelli di crescita economica e di occupazione.

7 commenti:

  1. Stefano Sylos Labini: Aggiungo che abbiamo toccato con mano che la nuova classificazione di Eurostat non era coercitiva: è stata ISTAT che ha deciso di avallarla. Avrebbe anche potuto respingerla sostenendo che i crediti fiscali sono non pagabili perché lo Stato non paga e non c’è nessuna certezza che siano portati tutti in compensazione (argomento ridicolo inventato da Eurostat).

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  2. Buongiorno, ancora prima della venuta del Superbonus avevo espresso delle mie perplessita' sullo strumento. Perplessita' che si sono palesate con un ammanco, come detto dalla Corte dei Conti, dai politici e giornali. In realta' la mia opinione sui crediti fiscali è totalmente cambiata in meglio. Come Lei ha ben detto se si vuole essere piu' prudenti si puo' abbassare la percentuale di cessione ed ecco che i conti tornano. In pratica è un meccanismo fantastico, intelligente che ti permette di dare il turbo all'economia fiacca. Quello che è stato fatto per la cessione crediti è un atto criminale (dal punto di vista economico) di bloccare questo splendido strumento.
    I numeri poi dell’ammanco che sono stati indicati sono totalmente fantasiosi, non tengono conto poi dell’effetto benefico delle maggiori entrate dovute a questi cantieri che diversamente non ci sarebbero stati e state.
    Infatti:
    a) ha dato se non erro +16% e +22% all'edilizia, ovvero se abbiamo avuto un pil di gran lunga positivo è grazie a questo settore e non ad altri che sono rimasti fiacchi e per altro ha permesso di abbassare l’indebitamento visto che il denominatore è stato influenzato da questo intervento (il Pil)
    b) non creda che l'impatto sui prezzi sia stato così grande come dicono, infatti da marzo 2020 A CAUSA DEI LOCKDOWN si sono formati dei colli di bottiglia e se vede i prezzi dei futures di rame, gas, oil, ma anche soft commodity tutti sono andati su in maniera parabolica. Basti pensare che sono aumentate tantissimo anche le piastrelle e le malte e cemento.. mentre con il superbonus ti fai il cappotto, le finestre che di certo piastrelle non utilizzi se non marginalmente. A differenza di articoli di certi professoroni apparsi sui giornali che davano la colpa al superbonus per l'inflazione è stato notato che l’aumento dei prezzi

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. il primo commento si è concluso di netto ma l'ultima frase era: A differenza di articoli di certi professoroni apparsi sui giornali che davano la colpa al superbonus per l'inflazione è stato notato che l’aumento dei prezzi c’è stato soprattutto per le costruzioni non residenziali, mentre il superbonus è RESIDENZIALE. Mi dispiace per la confusione fatta nell'invio dei commenti.

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  5. continua.....
    c) in ultimo la gente che è abbastanza ignorante non ha capito la fregatura che c’è nell’avere bloccato il supebonus. Tutti a parlare di “eh ma non esistono pasti gratis, hanno fatto bene a bloccarlo” e invece non han capito che gli han proprio presi in giro e che il pasto gratis con intelligenza c’è eccome.
    In pratica mentre qui in Italia si bloccava il superbonus dove le truffe sono state come ben ha evidenziato in altri bonus, in Europa passava la direttiva sull’efficientamento energetico. Quindi in definitiva mentre prima con questo strumento gli italiani si facevano la casa a gratis o mettiamo dovevano metterci un 30% (abbassando l’aliquota per ipotesi al 70%) senza turbare i conti pubblici, ora invece dovranno farsela usando tutti i soldi loro (sempre se ce ne hanno per fare i lavori). Non pensando poi che le detrazioni in 10 anni van bene se tu hai un’economica con scarsa inflazione, poiché la quota tra 10 anni mantiene il suo valore, diversamente se c’è inflazione le quote tra 10 anni valgono niente (e questo i politici ben lo sanno).
    Purtroppo Cattaneo, gli italiani sono ignoranti, non conoscono la contabilita’ e basta che i giornali li dicano una cosa e giu’ a crederci ciecamente. Senza pensare che tutti… esperti, giornali, politici, corti varie sono portatori di interessi…
    Una cosa non ho capito. L’Europa considera l’ammontare dei crediti da imputarli a spese nell’anno dell’emissione oppure vengono spalmate tali spese per gli anni che il credito ha valenza (ovvero se va speso dopo 5 anni spalmare le spese per 5 anni, che francamente troverei piu’ corretto visto che la manifestazione finanziaria c’è all’ultimo anno e visto che i criteri prudenziali verrebbero rispettati).
    Il punto C si innesta su un problema ancora piu’ grave. Infatti a mio avviso stiamo andando verso un’economia fatta solo dal grande capitale e dalla grande finanza. Ove costoro stanno cercando di impoverire le PMI e ancor di piu’ la piccola proprieta’ immobiliare. Su questi argomenti si trova interessante lettura in Pareto nella Teoria dei residui e derivazioni in cui spiegava bene che il gran capitale, i grandi speculatori, male si trovano con la piccola rendita, la piccola proprieta’ le piccole imprese (chiaro l’intento di diventare monopolisti dove possono applicare un premium price).
    Cordiali saluti, Stefano

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    1. Dopo l'ultima revisione del manuale Eurostat, approvata a inizio 2023, i crediti fiscali utilizzabili in compensazione e liberamente circolabili concorrono alla spesa pubblica e al deficit nell'anno di emissione (e non più in quelli di utilizzo). Non concorrono però né al fabbisogno finanziario né al debito pubblico.

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