Marco Mori fa
notare che l’articolo 3 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea
(TFUE) afferma (comma 1c) che, tra i settori in cui l’Unione ha competenza
esclusiva, rientra la “politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è
l’euro”.
Ne tra quindi la
conclusione che il progetto Moneta Fiscale / Certificati di Credito Fiscale
costituirebbe una violazione di quell’articolo.
Ma è una
conclusione sbagliata.
La politica
fiscale è l’insieme degli atti posti in essere da uno Stato per definire
dimensioni e allocazione della spesa pubblica, nonché dimensioni e ripartizione
del prelievo di tasse, imposte, accise, contributi eccetera.
La politica
monetaria riguarda invece gli interventi sui tassi d’interesse e sul credito,
nonché la regolamentazione delle istituzioni finanziarie.
E’ quindi evidente
che emettere MF / CCF è un’azione di politica fiscale, non di politica
monetaria.
Immaginiamo, del
resto, che lo Stato emetta titoli di Stato e li assegni direttamente a
cittadini e aziende, ad esempio per pagare stipendi di dipendenti pubblici e
forniture della pubblica amministrazione. E che promuova anche un circuito che
consenta ai possessori di titoli di Stato di scambiarseli direttamente (se lo
desiderano) per regolare transazioni private.
In effetti è
quello che noi del Gruppo Moneta Fiscale intendiamo fare con i CCF.
Sarebbe un’azione
molto meno efficace se realizzata con gli attuali titoli di Stato e non con i
CCF, in quanto non otterrebbe il risultato di evitare la formazione di nuovo
deficit pubblico e nuovo debito pubblico ai sensi del trattato di Maastricht
(ricordo che i CCF NON rientrano nel Maastricht
Debt, al contrario dei titoli di debito).
Però potrebbe
comunque dar luogo a risultati interessanti, quali (1) la possibilità di
collocare debito pubblico senza costi di intermediazione da pagare al settore
finanziario, e (2) l’incremento di liquidità dei titoli di debito.
E’ evidente che
un’azione di questo tipo sarebbe semplicemente una diversa modalità per
condurre la politica fiscale. Non costituirebbe un’azione di politica
monetaria.
Tra l’altro,
Stefano Sylos Labini ricorda che la tangente Enimont fu pagata in titoli di
Stato. E nel caso in cui si ritenga l’esempio un po’ dubbio, visto che si
trattava di una transazione illecita (Sergio Cusani si è fatto otto anni a San
Vittore per questo…), a me personalmente è accaduto di negoziare più di una
transazione immobiliare con pagamento in titoli di Stato.
Utilizzare i
titoli di Stato, e domani i CCF, come strumento di scambio non è quindi nulla
di inusitato.
Ed emettere CCF è
politica fiscale, non politica monetaria.
Ma il fatto che il ccf funzioni come una (quasi) moneta negli scambi, non darebbe la scusa all'Ue per bloccarlo ?
RispondiEliminaQuasi-monete ce ne sono tante altre, ad esempio il Sardex, e nessuna è stata bloccata (anzi una quota della sua società di gestione è stata acquistata da una finanziaria del Ministero dello Sviluppo Economico).
EliminaGiusto ma il ccf funziona a livello nazionale non locale e riguarda cifre ben più ampie (200 mld). Infatti finora non l'hanno applicato e potevano farlo
EliminaIl Sardex ha già esteso la sua attività, tramite società collegate, a molte altre regioni italiane. Le dimensioni non sono naturalmente le stesse a cui puntiamo noi, ma se ci fosse una violazione dei trattati sarebbe tale a prescindere dalla dimensione. Il punto è che la violazione non c'è, né con il Sardex né con i CCF.
EliminaAllora diciamo che il problema è un altro: forti interessi contrari sia esterni che anche (e soprattutto) interni.
EliminaInfatti. Ma è giusto aver chiaro il quadro normativo, e confutare le affermazioni secondo cui i CCF violerebbero trattati o regolamenti UE.
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