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venerdì 28 luglio 2023

Ancora sul Green New Deal

 

Un interessante commento di Antonello Climan sull'ultimo post, che prende spunto da una considerazione: Greta Thunberg ha dichiarato cinque anni fa che il mondo aveva cinque anni per attuare interventi “massicci”, altrimenti “sarebbe stato troppo tardi”. Il che implicherebbe che è inutile agitarsi adesso, tanto è troppo tardi comunque…

Commenta Antonello:

“Esattamente la considerazione a cui volevo arrivare, ovvero che se oramai siamo oltre il cosiddetto punto di non ritorno, non ha più senso intervenire.

Ora, è chiaro che la logica non torna, e visto che su quelle considerazioni si è fondata tutta una retorica e tutta una politica, sarebbe bene quantomeno rendersene conto.

Vorrei però far notare un altro tema per me molto importante: il punto di partenza è il cambiamento climatico, e si è detto chiaramente che è dato dalla produzione di CO2 antropica (non è esattamente così ma andiamo dritti al punto). Ma tutta la produzione industriale è estremamente energivora e richiede fonti fossili per produrre (basta guardare il sito ENEA). Le stesse auto elettriche, i pannelli solari, le turbine eoliche richiedono energia, trasporto, per essere prodotte e installate.

Bene, allora bisogna ridurre la produzione industriale o evitare gli sprechi. Per fare ciò un metodo formidabile è incentivare le aziende a produrre beni durevoli e riparabili. Oggi siamo in grado di produrre auto che durino 20-30 anni (anche di più in realtà), anche i cellulari possono essere fatti per durare 10-20 anni. Le cose oggi sono fatte per essere buttare e sostituite, cambiamo tendenza, magari anche per legge.

Invece non si fa, perché altrimenti i grandi produttori avrebbero un crollo di vendite a vantaggio di lavoratori locali: manutentori, riparatori di qualsiasi oggetto – dal ventilatore all’auto – eccetera. Anzi addirittura ci obbligano a sostituire le auto perché considerate obsolete e inquinanti. Quindi costringono a un enorme impiego di energia (da cui emissioni) per trasporto e costruzione.

Altro aspetto. Per ridurre le emissioni di CO2 dobbiamo letteralmente buttare le auto con motore termico e comprare auto nuove. Ma se il problema è l’emissione non ha senso cambiare tutta l’auto: basterebbe cambiare il motore. Bene, i motori vecchi possono funzionare con idrogeno prodotto per elettrolisi. Si potrebbero riciclare le vecchie auto per farle andare ad idrogeno. Perché nessuno ci pensa ? non ci sarebbe necessità di produrre nuove auto ma solo di mettere a punto i vecchi motori.

A mio avviso queste considerazioni, completamente ignorate, mostrano chiaramente che tutti noi ci dobbiamo porre enormi domande su come viene affrontata la questione, perché gli argomenti forniti da stampa e politica occidentale sono debolissimi e fortemente approssimativi.”

Io non so dire se quanto ipotizza Antonello sia possibile né se sia economicamente sostenibile. Ma lui ha senz’altro ragione sul punto di fondo: si propagandano come necessari, vitali, indispensabili interventi di cui non è affatto certa né l’efficacia né la necessità, mentre non c’è pressoché nessun dibattito su soluzioni alternative.

Qualcosa, effettivamente, non torna.

 

mercoledì 26 luglio 2023

Perché il Green New Deal abbia senso

 

Sono ragionevolmente convinto che ci sia una tendenza della temperatura media terrestre ad aumentare.

Sono molto meno convinto in merito alle proposte che vengono formulate, e ampiamente pubblicizzate, dai media considerati più influenti e (da qualcuno, non da tutti e non da me) più attendibili.

In sintesi, sono molto meno convinto in merito al cosiddetto Green New Deal.

Motivo ? dando come dicevo per acquisito che il riscaldamento globale si stia verificando, perché il Green New Deal abbia senso occorre che siano veri non uno, non alcuni, non la maggioranza, ma TUTTI i presupposti qui di seguito elencati.

UNO, le conseguenze dell’aumento delle temperature sono gravi.

DUE, la causa è antropica, cioè dovuta all’attività dell’uomo.

TRE, il fattore chiave è l’aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera.

QUATTRO, gli interventi proposti (auto elettriche, efficientamento energetico degli edifici) sono efficaci.

CINQUE, verranno adottati non solo in Occidente ma anche nel resto del mondo.

SEI, il beneficio che produrranno supererà il loro costo economico e sociale.

Ora, sono convinto dell’aumento delle temperature, ma in merito a questi sei presupposti, mi pare che una stima ragionevole sia “forse che sì forse che no”. Diciamo 50-50. Per ognuno dei sei.

Ne segue che la probabilità che almeno uno di questi presupposti NON sia verificato, come può facilmente stimare chi ha studiato calcolo delle probabilità (!) è uno meno 0,5 elevato alla sesta potenza.

Che equivale a 63/64, ovvero all’1,6% circa.

Altrimenti detto, abbiamo il 98,4% di probabilità di (detto in termini tecnici) fare un gran casino per NON risolvere un problema che forse NON esiste.

lunedì 24 luglio 2023

Perché il potere ama le emergenze

 

Forse il climate change è un grave problema e forse no. Forse è risolvibile e forse no. Forse richiede interventi massicci e costosi e forse no. Su questo tema ritornerò prossimamente.

Quello che però mi sembra indiscutibile – sicuramente sì, non forse sì e forse no – è che si sta mettendo in atto una massiccia campagna di “orientamento dell’opinione pubblica” fortemente sostenuta e finanziata da potenti gruppi di interesse politico ed economico.

Magari un giorno li ringrazieremo per averci messo sull’avviso e per aver spinto l’umanità ad evitare qualcosa di grave (o magari no, come dicevo).

Però una cosa su cui riflettere è che questi gruppi di interesse non sono esattamente istituti di beneficenza. Se si muovono massicciamente in una direzione, di solito hanno un fine. E non sarebbero forti gruppi di interesse se non si muovessero, solitamente con MOLTA efficacia, in funzione di due obiettivi (strettamente interconnessi): il potere e il denaro.

Poniamo, tanto per fare un esempio un po’ strampalato, che nel prossimo futuro si diffonda l’ipotesi che l’umanità rischia gravi conseguenze a meno che il maggior numero possibile di persone si metta a indossare, e a camminare per la strada, indossando una scarpa rossa (la sinistra) e una scarpa verde (la destra).

E immaginiamo che sia possibile assicurarsi i diritti di produzione e commercializzazione esclusivi delle scarpe rosse e delle scarpe verdi.

State certi che in questo scenario, forti gruppi di interesse si muoveranno per tempo per acquisire questi diritti, e nello stesso tempo per dare sostegno a una campagna mediatica battente finalizzata a convincere l’opinione pubblica che le scarpe rossoverdi sono la salvezza.

Con ricadute finanziarie molto interessanti per i gruppi d’interesse, ma con risultati forse ancora più rilevanti in termini di acquisizione di potere. Perché per certe persone il denaro è una via che conduce al potere, e il potere da certi livelli in su diventa più importante del denaro. E potere significa, in buona sostanza, imporre agli altri cosa dire, cosa fare, e cosa pensare.

Naturalmente l’esempio delle scarpe rossoverdi è, come dicevo, strampalato.

Però forse neanche tanto.

In fondo è stato possibile convincere milioni di persone che un debito pubblico denominato nella moneta emessa dallo Stato era un gravissimo, potenzialmente terribile problema per quello Stato.

E che la soluzione al problema consisteva nel trasformare la valuta di rimborso di quel debito in una moneta che quello Stato NON emette.

E a un quarto di secolo di distanza una parte dell’opinione pubblica ha capito l’assurdità di quanto è accaduto, ma una parte purtroppo ancora no.

Andiamoci piano prima di convincerci che certe cose sono troppo assurde per accadere.

 

venerdì 21 luglio 2023

Il clima di una volta

 

Bene, la “terribilissima” ondata di caldo pare essere in via di esaurimento. Non è comunque troppo tardi per rispondere a una domanda che è circolata, in particolare sui social networks, con una certa frequenza in questi giorni.

“Ma voi diversamente giovani, voi boomers, cosa vi ricordata del clima di cinquant’anni fa ? era effettivamente molto diverso rispetto a oggi ? percepite che la temperatura sia nettamente aumentata ?”.

L’anagrafe (1962) mi qualifica a rispondere.

Per quello che ricordo io, quando ero un ragazzino provavo quasi terrore al pensiero dell’arrivo della fine di giugno e poi di luglio. Faceva caldo, molto caldo. E tra l’altro rispetto a oggi il sollievo dell’aria condizionata non c’era a scuola (che peraltro era ormai terminata), non c’era negli uffici (ma ovviamente non lavoravo ancora), non c’era in casa.

Trovavi il fresco del condizionatore solo entrando in un supermercato (ma non potevi passarci le giornate).

L’estate 2023 la giudico francamente meno calda di quelle tipiche di allora. Abbiamo sì avuto punte alte negli ultimi giorni, ma è un fenomeno che in tutto è durato una settimana, forse meno.

Rimane insuperata, quantomeno nella mia memoria, l’estate del 2003, quando un ragazzino non lo ero più, ma che comunque tanto recente non è. A parte le punte di inizio agosto (42 gradi a Milano: non “percepiti”; non “al suolo”; 42 gradi VERI) la cosa impressionante è che il caldo anomalo durò praticamente quattro mesi ininterrotti, da metà maggio a settembre inoltrato.

Se devo rispondere alla domanda “cos’è cambiato nel clima”, la mia risposta è che il cambiamento lo vedo più nei mesi freddi che nei mesi caldi. La nebbia a Milano è praticamente scomparsa (oddio un minimo di ripresa si è vista nell’ultimo paio d’anni, ma parliamo di foschia, non dei muri bianchi di allora, che non ti facevano vedere nulla a dieci metri di distanza). E nevica molto poco.

Gli inverni sono sicuramente più miti. Le estati, un po’ più calde nelle punte sì. Ma non certo al punto di rendere le città invivibili.

E l’estate 2023, rispetto a parecchi degli anni recenti e meno recenti, è stata fin qui, francamente, meno calda, non viceversa.

venerdì 7 luglio 2023

L’era dei problemi inventati

 

Forse mai, nella storia dell’umanità, si è verificata come oggi una concentrazione d’interesse così forte sull’analisi, sull’interpretazione, sull’esame di possibili soluzioni, sull’attuazione di interventi a larghissima scala, per risolvere una serie di problemi –

COMPLETAMENTE INVENTATI.

Vi sorprende questa affermazione ?

Beh prendete questi tre esempi, che rappresentano altrettanti temi di dibattito e anche di azione politica.

Il debito pubblico.

La crescita incontrollata della popolazione mondiale.

Il cambiamento climatico.

Sono tre temi diversi, e io mi ritengo competente a parlare del primo, discretamente competente in merito al secondo, e un profano che cerca di farsi un’opinione per quanto attiene al terzo.

Sul primo, non ho alcun dubbio che sia un problema inventato dal nulla.

Sul secondo, sono fortemente convinto che sia un fenomeno di transizione demografica, destinato a risolversi da sé nei prossimi decenni.

Sul terzo, ho il forte sospetto che non stia accadendo nulla né di deleterio né di inusitato, e comunque che si stiano attuando azioni (l’auto elettrica, l’efficientamento energetico delle abitazioni) costosissime e superflue, se non del tutto inutili.

Nei link spiego perché. 

Magari non c’è sotto nessuna cospirazione. Magari si spiega tutto con il rasoio di Hanlon: “mai attribuire a malafede quello che si può adeguatamente spiegare con la stupidità”.

Certo che c’è da riflettere.