lunedì 12 ottobre 2015

CCF per ridurre il dualismo economico Nord - Sud Italia



Nell’ambito del progetto CCF, le modalità di applicazione possono essere strutturate in modo da, tra le altre cose, avviare a soluzione un problema endemico e storico dell’economia italiana: il solco che separa il Centro-Nord dal Sud.

Non è una novità di oggi ed è un problema preesistente all’attuale crisi. In Italia convivono due macroblocchi geografici: il Centro-Nord, caratterizzato da un reddito medio molto vicino alla Germania, e il Sud (l’ex Regno delle Due Sicilie più la Sardegna) dove il PIL pro-capite è inferiore del 45% circa (è a livelli della Grecia, in buona sostanza).

La crisi non ha fatto altro che aumentare questa disparità. Dal 2007 a oggi, l’Italia ha perso circa un milione di posti di lavoro, pari al 4,5% circa del totale. Disaggregando il dato, si scopre che il Centro-Nord è calato del 2% e il Sud del 12%. Il Centro-Nord ha sofferto e soffre ancora, ma il suo tessuto produttivo ha retto. Il Sud è in una situazione drammatica.

La constatazione intristisce ma non dovrebbe stupire. Un’unione monetaria (e anche politica, nel caso dell’Italia) che lega due aree economiche a livelli di sviluppo sensibilmente differenziati può reggere nel tempo se integrata da un ampio sistema di trasferimento delle risorse finanziarie.

Questo sistema di trasferimenti in Italia esiste, ma, com’è tipico, tende a perpetuare il ritardo di sviluppo. L’area economicamente meno progredita viene finanziata per consumare i prodotti che arrivano da quella più sviluppata. I redditi pro-capite della prima, proprio per effetto delle sovvenzioni, sono troppo alti rispetto alla produttività locale. Le iniziative imprenditoriali non partono perché soffrono di un deficit di competitività, che nel tempo tende ad allargarsi.

Dal 2011 in poi, la crisi dell’Eurozona e le conseguenti azioni restrittive sui bilanci pubblici hanno enfatizzato lo scollamento tra le due aree del paese, proprio in quanto i flussi di trasferimenti hanno subito un impatto negativo.

Riequilibrare la situazione richiede di passare da una politica di assistenza a una di sostegno della competitività locale. Si è in effetti spesso sostenuto che il Centro-Nord e il Sud dell’Italia dovrebbero utilizzare due monete diverse, lasciando al riallineamento dei cambi il compito di riequilibrare le condizioni di competitività.

In astratto è una tesi sostenibile: in concreto “spaccare” l’unione monetaria italiana sarebbe un’operazione tecnicamente complessa e politicamente controversa, per motivi analoghi a quelli che rendono problematico il break-up dell’euro.

Il meccanismo CCF dà la possibilità di strutturare un intervento molto più semplice. L’allocazione dei CCF alle aziende, finalizzate a migliorarne la competitività tramite la loro erogazione in funzione dei costi di lavoro sostenuti, potrebbe essere diversificata: maggiore per gli insediamenti produttivi del Sud, minore al Centro-Nord.

Si creerebbero le condizioni per rendere immediatamente più attrattivo produrre nel Meridione italiano. Questo non significa che i trasferimenti verrebbero a cessare: ma nel tempo tenderebbero, gradualmente, a incidere sempre di meno, perché ne diminuirebbe la necessità. Il dipendente pubblico meridionale – che oggi ambisce al posto fisso nell’amministrazione locale perché non trova alternative nel privato – poco alla volta si troverebbe in una situazione più vicina a quella del resto d’Italia.

Recuperare gli effetti della crisi a livello dell’intero territorio nazionale è possibile nell’arco di alcuni anni. Colmare il solco tra Nord e Sud è sicuramente un’operazione più lenta. Non si vuole affermare che in cinque o dieci anni la Sicilia diventerà la Lombardia, e la Calabria il Veneto. Ma ridurre significativamente le differenze sì, è possibile.

7 commenti:

  1. analisi ragionevole che però non tiene conto che lo stato assistenziale con euro o ccf desertifica appunto l'economia impedendola di fatto. ogni zona assistita perde qualsiasi capacità di sviluppo. se si accetta l'assistenza senza rifiutarla vuol dire che non si considera lo sviluppo una priorità.

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    1. Ma la proposta è infatti di incentivare il lavoro e la produzione locale, riducendo il carico fiscale e contributivo.

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    2. se volete incentivare il lavoro dovete dare credito all'economia e non soldi per consumi perché in questo modo non allargate la torta e quindi avrete solo inflazione e accumulo di ricchezze di persone ricche (nulla in contrario). se invece non volete allargare la torta perché siete mezzi socialisti e mezzi monarchici e volete che l'economia sia appunto gestita dallo stato, da poche caste e da pochi criminali allora dovete almeno redistribuire il welfare che è troppo concentrato in modo che la domanda dei consumi non cali troppo.

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    3. La proposta non e' di dare al Sud più soldi (rispetto a oggi) per i consumi, ma di far costare meno il lavoro a parità di netto per il dipendente (riduzione del cuneo fiscale, in pratica).

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    4. sempre soldi sono. e comunque questa cosa la state già facendo sul mercato del lavoro privato

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    5. Ridurre enormemente il peso di tasse e contributi sul lavoro ? Non lo si sta facendo per niente.

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    6. purtroppo sì e lo si fa dando soldi pubblici invece di ridurre tasse.

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