Le narrazioni su temi economici (e non solo) quando
sono basate su fantasie e luoghi comuni fanno danni, perché orientano
negativamente il dibattito e mandano fuori strada la pubblica opinione.
Ne ho avuto una riprova qualche giorno fa a seguito di
una discussione con alcuni interlocutori su Twitter, pardon su X, dove è stato
citata l’iperbolica cifra di 225 miliardi (all’anno…) come costo di sprechi e
inefficienze della pubblica amministrazione.
Ho chiesto la fonte del dato e mi è stato linkato questo documento prodotto dalla CGIA di Mestre, un’associazione di artigiani e
piccole imprese che in effetti dispone di un ufficio studi piuttosto attivo.
E il titolo del documento in effetti è “Sprechi e
burocrazia ci costano oltre 225 miliardi all’anno”.
Sennonché andando a leggere, a pagina 5, dopo l’elencazione
di fatti e misfatti della P.A. italiana, si trova questa affermazione: “E’
evidente che questi malfunzionamenti, tratti da fonti diverse, non si possono sommare,
innanzitutto perché sono riferiti ad anni diversi e in secondo luogo perché in
alcuni casi le aree di queste analisi si sovrappongono”.
Bravi. Prima sparate un titolo con un numerone, poi ci
costruite sopra una narrazione e alla fine ci fate sapere che “è evidente” che
avete sommato dati “che non si possono sommare”.
E come giudizio di affidabilità dell’analisi, potremmo
già chiudere qui la faccenda.
Ma vale la pena di riflettere un tantino sui dati che
sono stati sommati anche se non si potevano sommare. E sono i seguenti.
“Il costo annuo sostenuto dalle imprese per la
gestione dei rapporti con le P.A. (burocrazia) è pari a 57,2 miliardi di euro”.
Considerarli uno “spreco” equivale a dire che il costo potrebbe o dovrebbe
essere zero. Il che è un’evidente assurdità.
“I debiti commerciali di parte corrente della nostra
PA nei confronti dei propri fornitori ammontano a 55,6 miliardi di euro”.
Probabilmente sono troppi, e questa è un’inefficienza. Ma anche qui è assurdo parlare
di 55,6 miliardi di “spreco”. Bisogna confrontare il dato con un livello “normale”,
perché una dilazione di pagamento per esempio di 30 o 60 giorni è fisiologica, e
poi valutare il costo dell’inefficienza, che non è certo l’intero importo del
maggior debito (un’azienda preferisce un cliente che paga a 30 giorni e non a 180,
ma non è che mette a perdita l’intero importo del credito “lungo” se alla fine
il pagamento arriva. A parte che per assurdo sarebbe una perdita per il
fornitore ma un guadagno per la PA, quindi non una perdita secca per il sistema
economico).
“La lentezza della giustizia costa al paese 2 punti di
PIL all’anno, ovvero 40 miliardi di euro”. Come si stima l’impatto economico di
un fenomeno del genere ? non ne ho la minima idea. L’ha detto il ministro
Nordio, ma da dove nasce la valutazione ?
“Il deficit logistico-infrastrutturale penalizza il nostro
sistema economico per un importo di 40 miliardi di euro all’anno”. Questo non è
uno “spreco”, ma l’indicazione (che poi va motivata) che occorre spendere
meglio, ma probabilmente DI PIU’, non di meno.
Gli unici “sprechi” che possono effettivamente essere
definiti tali, nell’elencazione, sono quelli della sanità e quelli del trasporto
pubblico locale, rispettivamente per 21 e per 12,5 miliardi. Sulla base di
stime ovviamente da verificare e da discutere.
In sintesi…
Il numerone di 225 miliardi è una sparata priva di
senso. Però è stata pubblicata, gira, e qualcuno (non pochi) la prende come un
fatto, come un “dato certificato”.
Un dibattito costruito su queste basi fa solo
confusione, e danno.