domenica 19 marzo 2017

Rifinanziare il debito pubblico se torniamo alla lira

Obiezione frequente all’ipotesi di Italexit: l’Italia ha bisogno di emettere ogni anno, tra rifinanziamenti del debito in scadenza (soprattutto) e deficit pubblico, circa 400 miliardi di titoli del debito pubblico (a grandi cifre, 360 per i rifinanziamenti e 40 per il deficit). Come facciamo a emettere tutti questi titoli dopo essere usciti dall’euro e dopo aver convertito in Nuove Lire il debito esistente ?

Bene: una banca centrale sotto il controllo del ministero dell’economia – o meglio ancora, il ministero che si assume direttamente le funzioni di emittente – emetterà, appunto, tante Nuove Lire quante saranno necessarie.

E l’impatto inflattivo di 400 miliardi che arrivano di colpo nell’economia, non lo consideriamo ? Ragioniamoci: i titoli di debito pubblico giunti a scadenza erano risparmio. Se i possessori avessero avuto desiderio di spenderli, avrebbero potuto convertirli in moneta ed effettuare spese anche prima che i titoli scadessero. Non l’hanno fatto perché la loro intenzione era (appunto) detenere questi titoli come forma di risparmio, non spenderli.

Ne segue che i possessori di debito pubblico in scadenza avranno LORO il problema di trovare una forma di impiego del proprio risparmio. E niente di più facile, per il ministero dell’economia, che offrire conti di deposito a varie scadenze, con varie remunerazioni, completamente sicuri e garantiti perché sono soldi depositati presso il soggetto che emette la moneta.

Poi, per praticità, a questi conti di deposito associamo un titolo negoziabile… ed ecco rinato come per magia (?) il mercato dei titoli di Stato in Nuove Lire.

Oh, en passant, smettiamo di chiamarlo “debito pubblico”. Non è debito. E’ un servizio di gestione del risparmio offerto ai cittadini.

L’impatto inflattivo può casomai nascere da altri due canali.

Il primo è quello non dei rifinanziamenti (i 360 miliardi) ma del deficit: 40 miliardi, che se vogliamo – e lo vogliamo, perché abbiamo necessità di uscire da una crisi dovuta a carenza di domanda nell’economia reale – salirà per un paio d’anni, magari fino a 100.

Il deficit pubblico può essere inflazionistico perché aumenta il potere d’acquisto in circolazione e quindi la domanda di beni e servizi. Ma questo diventa un problema solo nel momento in cui si riassorbe la capacità produttiva inutilizzata, e quindi l’enorme disoccupazione e sottoccupazione, che affligge attualmente l’economia italiana.

In questo momento la maggiore immissione di potere d’acquisto si tradurrà, in modo assolutamente preponderante, in maggiore produzione e maggiore occupazione, non (se non marginalmente) in prezzi più alti. Poi, quando la disoccupazione dei fattori produttivi sarà calata, diminuirà anche la necessità di immettere potere d’acquisto nell’economia. E quindi diminuirà il deficit.

Che, sempre en passant (vedi sopra), occorre smettere di chiamare deficit. Una definizione appropriata è “regolazione del potere d’acquisto in circolazione” (se avete suggerimenti per qualcosa di più sintetico, ringrazio in anticipo !).

L’altro canale di potenziale inflazione è dovuto al fatto che circa un terzo del debito pubblico attuale è detenuto da investitori stranieri. Presumibilmente, per loro è importante la valuta di denominazione del titolo che possiedono. Erano interessati a titoli italiani in euro, non (o non necessariamente) a titoli italiani in Nuove Lire. Quindi nel momento in cui verranno rimborsati in Nuove Lire, le convertiranno in valuta estera per investirle in titoli non italiani.

E’ un problema ? produrrà una pressione al ribasso sul cambio della Nuova Lira. Ma questo in realtà è proprio ciò che serve per evitare che l’azione di espansione della domanda interna, che l’Italia ha necessità di effettuare, si disperda parzialmente in maggiori importazioni.

Un paio d’anni di Nuova Lira più debole di quanto i fondamentali dell’economia italiana giustificano non sarà affatto negativo. E ancora una volta non si tradurrà, se non marginalmente, in maggiore inflazione, perché non c'è equivalenza tra svalutazione e inflazione – soprattutto quando esiste (medesima argomentazione vista sopra) un forte sottoutilizzo dei fattori produttivi.

Poi, via via che si svilupperà e rafforzerà la ripresa economica e si constaterà che la Nuova Lira è (troppo) a buon mercato, i flussi sul mercato dei cambi torneranno positivi e l’eccesso di svalutazione (overshooting) rientrerà.

L’uscita dall’euro mediante break-up presenta problemi operativi (connessi soprattutto alla ridenominazione dei rapporti commerciali e finanziari in essere) e politici. Operativamente, l'affiancamento della Moneta Fiscale all'euro è senz’altro più semplice.

Ma il break-up non è ingestibile. E se è vero che esistono alcune complessità, non banali, è anche vero che il rifinanziamento del debito non è una di queste.


18 commenti:

  1. Giovanni Albin suggerisce come definizione, al posto di "deficit pubblico", "fondo per lo sviluppo economico". Non mi sembra affatto male !

    RispondiElimina
  2. occorre smettere di chiamare deficit. Una definizione appropriata è “regolazione del potere d’acquisto in circolazione” Normalizzatore inflazionistico?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Meglio "fondo per lo sviluppo economico". Regolare l'inflazione è un obiettivo, ma secondario: il primario è la piena occupazione (mettere al lavoro tutte le risorse, umane e di capitale fisico, a disposizione).

      Elimina
  3. La difficoltà di chi vuole convincere l'opinione pubblica dell'importanza della sovranità monetaria sta proprio nella capacità di sciogliere questo equivoco: ciò che chiamiamo comunemente "debito pubblico" o "deficit pubblico" non ha nulla a che vedere con il debito e il deficit di qualunque soggetto privato.
    Il problema è che questo è un nodo comunicativo difficile da sciogliere. La teoria mainstream che non vede differenze fra debito pubblico e debito privato è ancora radicalissima nel linguaggio, da quello accademico ai discorsi fra casalinghe al mercato della frutta. Finché non riusciamo a chiarire per bene questo punto, non si capirà quale sarà il vantaggio di restaurare la sovranità monetaria (l'obiezione tipica è che anche dopo l'uscita dall'euro sarà necessario, per il governo, "finanziare la spesa pubblica o con le tasse o con il risparmio privato", quindi mostrarsi "ai mercati" domestici ed esteri un debitore "credibile" a botte di austerità e pareggi di bilancio, e siamo punto e a capo).
    Paradossalmente, realizzare il break-up mi sembra un gioco più facile che modificare il modo comune di pensare al ruolo del debito e al deficit del governo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "Paradossalmente, realizzare il break-up mi sembra un gioco più facile che modificare il modo comune di pensare al ruolo del debito e al deficit del governo": per questo la comunicazione e anche il puro e semplice utilizzo della terminologia appropriata hanno un ruolo molto, molto importante da svolgere.

      Elimina
    2. Infatti, ma è uno sforzo titanico, e temo che non bastino gli economisti da soli a portarlo avanti. Bill Mitchell ha dedicato a questa questione del linguaggio un capitolo molto interessante del suo "Eurozone dystopia". Per esempio suggerisce di non usare il termine "budget deficit", ma "fiscal deficit" e di insistere sul concetto di "fiscal space" limitato dalle risorse reali, non da quelle finanziarie. Oppure suggerisce di non usare "spesa del governo", piuttosto "investimento del governo". Ecc.

      Elimina
    3. Io eviterei proprio "deficit", che fa pensare immediatamente (ma erroneamente) alla mancanza di qualcosa. E ottimo "fiscal space limitato dalla risorse reali", che si può sintetizzare in "spazio di risorse reali".

      Elimina
  4. OT
    Profumo nominato a Leone/Finmeccanica
    si vuole svendere Poste e Trenitalia
    si sta dando via la Cassa Depositi e Presiti

    e qualche vocina dice che siamo ad un passo dal MES

    insomma...quando si ucirà dall'Euro ...ne usciremo tosati per bene.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Alle vocine non do peso, ce n'è una al minuto secondo.
      Prima abbiamo la nostra moneta nazionale e meglio è, su questo siamo d'accordo...

      Elimina
  5. Sono contento di essere passato qui e di aver trovato questo blog che trovo parecchio interessante :-)

    Quanto al deficit di bilancio (intendo deficit primario, ovviamente, che purtroppo non è quello nel quale l'Italia si trova... dal 1992) ogni qualvolta provo a spiegare che non è *aritmeticamente* possibile creare nuovo risparmio tassando più di quanto si spende, vengo sempre travolto da insulti isterici e sconclusionati. La propaganda fa effetto...

    PS: a proposito di nuove terminologie da usare, perché non usarne una nuova per far capire che la "spesa pubblica" è il nostro reddito privato e che, quindi, tagliandola si riduce complessivamente la nostra capacità di spendere?

    Buona serata :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Vero, anche se il discorso è un po' più complicato perché ti dicono che puoi tagliare spesa riducendo le tasse. Quindi il punto corretto è spiegare che la differenza tra spesa e tasse è immissione di potere d'acquisto nell'economia, e che va aumentata finché le risorse produttive, reali (persone e impianti) non sono pienamente impiegate.

      Elimina
  6. Mauro Poggi: Per una qualche ragione google mi impedisce di commentare sul tuo blog. Condivido l'idea che andrebbe cambiata la terminologia, per decostruire la percezione negativa di deficit e virtuosa di avanzo. Tuttavia osservavo che "fondo", riferito a un deficit, è improprio, in quanto il primo è uno stock (conto patrimoniale) e il secondo è un flusso (conto economico).
    Bisognerebbe continuare a parlare avanzo e disavanzo, definendoli però attraverso i loro effetti: maggior prelievo fiscale in un caso, risorse di sviluppo nell'altro.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì questo è giusto... ma della connotazione negativa implicita in "disavanzo" o "deficit" occorre liberarsi. Torniamo a "immissione di potere d'acquisto" ?

      Elimina
  7. Proposte semantiche:
    1. Debito pubblico **diventa** Ammontare (o stock) dei titoli statali di risparmio in circolazione
    2. Deficit pubblico **diventa** Quantita' di moneta statale immessa nell'economia (volendo, si puo' specificare al lordo della quantita' di tale moneta convertita in titoli statali di risparmio)
    3. Svalutazione (rivalutazione) della lira **diventa** miglioramento (peggioramento) della cometitivita' verso l'estero dell'Italia. Per esempio, la lira ha svalutato oggi dello 0.5% verso il marco passando da 1,2 lire per marco a 1,206 lire per marco **diventa** l'Italia ha oggi migliorato la sua competitivita' estera verso la Germania dello 0.5% essendo la lira oggi scambiata a 1,206 per marco contro un cambio di 1,2 per marco di ieri, ovvero +0.5%. Una quotazione del tasso di cambio della lira "incerto per certo" aiuterebbe in questo senso, visto che il segno della variazione sarebbe + quando il marco si apprezza.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Tutti suggerimenti validi, unico difetto è che sono definizioni un po' lunghe e macchinose, da economisti, poco pratiche per entrare nel linguaggio quotidiano. Il tema terminologia comunque è veramente importante, mi riprometto di tornarci presto. Utilissimi questo e altri suggerimenti, comunque.

      Elimina
  8. Ciao,
    non commento mai su un blog ma questa discussione sui termini da usare è veramente bella e importante. Il punto è che noi lo guardiamo dalla parte dello stato e il bilancio dello stato è un foglio di carta, ma tutte le persone sono nel bilancio del settore privato. Quindi io chiamerei ogni voce guardandola dal lato delle persone:
    1) Debito pubblico - Credito pubblico
    2) Deficit - Surplus pubblico
    Quest'anno in Italia il credito pubblico è aumentato di 40 miliardi!

    Ciao

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Da considerare seriamente ! Qualcosa va ancora rifinito, ma ha il vantaggio della semplicità... e di rovesciare la comprensione intuitiva, ma sbagliata, del fenomeno.

      Elimina