giovedì 14 febbraio 2013

I CCF: che cosa succede “dopo”…

…dopo che li abbiamo introdotti, s’intende.
Questo è la domanda che mi è stata rivolta più di frequente da parecchi commentatori, in merito al mio progetto di riforma del sistema monetario europeo mediante i Certificati di Credito Fiscale.
Più in dettaglio: immaginiamo di avere introdotto questa strumento, che in pratica è un equivalente della moneta nazionale, per espandere il potere d’acquisto interno in Italia e nello stesso tempo per ridurre la tassazione sul lavoro.
Abbiamo tarato bene le dimensioni dell’intervento, in modo tale che il costo del lavoro per unità di prodotto italiano è sceso ai livelli della Germania. Nello stesso tempo c’è più potere d’acquisto in circolazione. Le aziende italiane vendono di più e i consumatori comprano di più. I saldi commerciali italiani, che nel 2012 si sono riportati in sostanziale equilibrio ma solo grazie al crollo della domanda interna e dell’import, in equilibrio rimangono: recuperano, contemporaneamente, sia l’import che l’export. L’Italia ritorna alla piena occupazione. E non c’è una significativa crescita dell’inflazione perché il maggior potere d’acquisto in circolazione ha permesso di rimettere al lavoro risorse (persone e impianti) prima inutilizzati.
Tutto bene ma… come reagisce la Germania (questo è il dubbio) ? i tedeschi hanno goduto, dall’introduzione dell’euro in poi, di un significativo e crescente vantaggio di costo rispetto ai paesi dell’Europa mediterranea, grazie alla loro capacità di disciplinare e moderare le richieste salariali. Anche in maniera eccessiva, secondo alcuni, e certamente muovendosi in modo non coordinato con gli altri paesi dell’area euro.
Ora, la Germania vede d’improvviso venir meno il vantaggio di competitività verso l’Italia. Perché non dovrebbe dare un nuovo “colpo di reni” alla sua strategia mercantilistica, con un altro giro di riforme stile Hartz IV ? finanziate mediante l’introduzione della sua versione di CCF ? o semplicemente con maggior deficit pubblico, visto che non ha problemi a collocare il proprio debito sul mercato ?
Bene, la Germania potrebbe, ma l’Italia e gli altri paesi oggi in deficit di competitività hanno un modo molto semplice di parare il colpo: emettere CCF in maggior quantità.
Riflettendo ulteriormente, si vede l’analogia tra questa ipotetica situazione e quella in cui ogni paese è ritornato alla sua valuta (c’è stato il break-up dell’euro, in altri termini), ma la Germania non accetta un NeoMarco che quota per esempio 1,20 contro la NeoLira. Aumenta allora l’emissione di NeoMarchi e compra NeoLire per riportare il cambio a 1. Ma anche l’Italia può fare lo stesso. In pratica tutti stampano moneta, con il risultato di aumentare i prezzi dappertutto. Il vantaggio si avrebbe solo verso i partner commerciali asiatici e americani per via di una svalutazione generale di NeoMarchi e NeoLire contro dollaro, yen, yuan eccetera. A quel punto però con ogni probabilità scatterebbero azioni di rivalsa dei partner esteri. E comunque il vantaggio dovuto alla svalutazione viene rapidamente eroso dall’inflazione interna europea.
Difficile pensare che la Germania tenti di seguire un percorso del genere. Certo, a inibirli contribuirebbe anche la sua antipatia atavica verso l’inflazione e le politiche di espansione monetaria.
Nello scenario CCF questo fattore d’inibizione non c’è perché si tratta invece di imporre ulteriore disciplina salariale per mantenere il vantaggio di competitività verso l’Europa mediterranea. Non è però una strategia sensata, e questo – ritengo – sarebbe ben chiaro anche ai tedeschi. Significa comprimere i consumi interni per continuare ad accumulare sbilanci commerciali, quindi crediti, verso il Sud Europa, con crescenti dubbi riguardo alla loro esigibilità: la situazione odierna, in altri termini.
Del resto, va detto che in Germania si stanno oggi concedendo aumenti salariali per cercare in qualche misura di attenuare le disfunzioni del sistema euro. Il problema è che, non tollerando i tedeschi livelli di inflazione interna superiori a poco più del 2%, il processo è di gran lunga troppo lento. Salvo che nel Sud Europa la deflazione salariale diventi ancora più violenta di oggi… ma si arriverebbe presto al collasso economico e sociale.
Sia che avvenga il break-up dell’euro, sia che i vari paesi in deficit di competitività rispetto alla Germania tornino all’autonomia monetaria mediante i CCF, la situazione si riequilibra. Strategie mercantilistiche aggressive da parte dalla Germania sono possibili in entrambi i casi, ma i partner europei hanno modo di parare il colpo. Nel caso dei cambi flessibili, espandendo a loro volta l’emissione di moneta se lo fa la Germania. Nel caso dei CCF, aumentandone la dimensione se la Germania dà un altro giro di vite alla moderazione salariale.
Chiamiamolo se vogliamo equilibrio del terrore… il punto è, per quante intenzioni maligne si vogliano attribuire alla Germania, le difese funzionano - che è la migliore tutela (anche preventiva) contro un atteggiamento aggressivo.
La disciplina salariale della Germania, peraltro, è stata la sua caratteristica anche prima dell’entrata in vigore dell’euro. Non si è ricercata la competitività di costo nei confronti dell’Europa del Sud in particolare, ma dei partner commerciali internazionali in genere. I tedeschi contavano sul fatto che l’Italia (per esempio) non avrebbe tenuto il passo, non avrebbe esibito la stessa disciplina ? probabile, ma non si sarebbero comunque comportati diversamente.
D’altra parte, dopo una riforma del sistema euro con i CCF, la Germania che incentivi ha a esibire ulteriore aggressività ? la competitività verso Asia e America è inalterata perché i tedeschi non si ritrovano con un NeoMarco rivalutato. I saldi commerciali verso il Sud Europa sono in equilibrio, ma è già così oggi: l’austerità imposta al Sud ha già fatto sparire i surplus. Che senso ha tentare di nuovo di squilibrare il sistema, sapendo che i Sud Europei hanno lo strumento per impedirlo ? con il solo risultato peraltro (se mai per qualche motivo il Sud non si attivasse aumentando l’utilizzo dei CCF) di rinfocolare il rischio di break-up dell’euro ?
Io sono un critico delle politiche tedesche, ma molto più riguardo alla loro influenza nell’imporre austerità ai partner europei – una “soluzione” profondamente iniqua e controproducente. La ricerca della competitività di costo è nel loro DNA. E’ sterile criticarli per questo, fondamentale invece è che il sistema monetario abbia la flessibilità per prevenire i disequilibri che l’attuale assetto dell’euro implica.
In conclusione, che scenario ci si può attendere dopo che il sistema monetario europeo è stato riformato ? una tendenza del Nord Europa a minori tassi di crescita dei costi di lavoro per unità di prodotto rispetto al Sud probabilmente continuerà, com’è sempre stato – 1 / 1,5% per anno contro 2,5% / 3% ad esempio. In un regime di cambi flessibili, ci si può aspettare quindi una costante tendenza alla rivalutazione (per esempio) del NeoMarco contro la NeoLira, al ritmo dell’1%-2% annuo.
In un regime di euro che continua a esistere ma i paesi in deficit di competitività recuperano mediante i Certificati di Credito Fiscale, questi ultimi avranno lo spazio per parare il colpo, continuando a limare anno dopo anno la tassazione sul lavoro. Mantenendo l’euro in un contesto in cui i CCF hanno consentito il ritorno alla piena occupazione, tra l’altro, il debito pubblico italiano in euro avrà costi un po’ più bassi rispetto a un debito ridenominato in NeoLire. Attenzione, il minor costo non è certo quello stimato fantasiosamente da Giannino e Boldrin. Parliamo magari di un 1% all’anno in meno, che fa 20 miliardi di euro a regime – quanto basta per mantenere la situazione in equilibrio.
Concludo: i Certificati di Credito Fiscale sono una modalità di riforma del sistema monetario europeo valida quanto il break-up dell’euro nei suoi effetti immediati, e altrettanto sostenibile ed efficiente anche negli anni successivi. Quale delle due vie percorrere (sperando che se ne prenda rapidamente una !) è un problema politico e operativo. Su questo, appuntamento a uno dei prossimi post !

18 commenti:

  1. Una possibile criticità dei CCF potrebbe essere legata al fatto che si da per scontato che essi produrranno un incremento di PIL sufficiente a compensare il minor gettito fiscale causato dal rimborso dei CCF.
    Che succede se questo non avviene?
    Ha pensato di affiancare ai CCF altre forme di moneta complementare allo scopo di ridurre detto rischio?
    Per es: Minibot, Tax backed Bonds, SCEC, Sardex.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono tutti strumenti assolutamente compatibili con i CCF, e vedo quindi con favore il loro utilizzo.
      Quanto al rischio di insufficienza sulla generazione di PIL e gettito, i numeri sono di conforto... in un prossimo post presentero' delle analisi quantitative di dettaglio.

      Elimina
  2. hai visto l'iniziativa di Cambiale Salva Italia ? http://www.imprenditorianni60.com/ Anche questo fa brodo. Varrebbe la pena di chiedere a questi se accettano nel loro convegno un intervento sui CCF perchè è una logica simile. Tra parentesi cosa pensi della loro proposta di ridurre allo 0.2% la tassazione sulle cambiali e farle accettare per pagare le tasse ?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Interventi sono felicissimo di farne presso ogni organizzazione che dimostri sensibilità sul problema. Ho dato una rapida occhiata alla proposta, devo approfondire. D'acchito mi pare che dia un contributo all'espansione della circolazione monetaria (o equivalente), però non interviene sul vincolo esterno (competitività italiana verso l'estero).

      Elimina
  3. per quanto riguarda i calcoli dell'impatto del CCF sul PIL e il resto guarda questo articolo recente dell'economist che parla del modello creato da Steve Keen ("...n Australia Steve Keen, an economist, and Russell Standish, a computational scientist, are developing a software package that would allow anyone to create and play with models of the economy that incorporate some of these new ideas. Called “Minsky”—after Hyman Minsky, an American economist celebrated for his work on boom-and-bust financial cycles—it places the banking system at the centre of the economy...."). Ho letto le sue presentazioni del modello e ho anche preso una copia come beta tester, se ci si mettono i numeri italiani ti spara fuori le previsioni ed è l'unico che modelli le banche e il credito (quelli della BCe e Bankitalia funzionano come se le banche non esistessero). E' una roba sofisticata, ma da usare non è difficile e per ora Keen mi sembra lo dia ancora gratis
    http://www.kickstarter.com/projects/2123355930/minsky-reforming-economics-with-visual-monetary-mo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Me lo scarico anch'io. Ho il dubbio (ma verifico) che anche qui non venga messo nella giusta luce il vincolo esterno (saldi commerciali) che nella crisi USA era un tema secondario: al contrario rispetto al caso eurozona.

      Elimina
  4. Egregio Sig. Cattaneo,

    buongiorno. Avevo postato un commento qui poco sotto allo scambio avvenuto col prof. Bagnai. Mi piacerebbe sapere che ne pensa. Cordialmente. Fla

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Le rispondo sui vari punti, con riserva di rifletterci poi con più calma:
      "guardando (dati Banca Mondiale) l'andamento del current account balance italiano nel periodo 2000-2011... l'Italia ha avuto un saldo export di poco positivo, service balance negativo per 61miliardi, e pesanti deficit in redditi netti dall'estero, circa 207miliardi, e per trasferimenti 163miliardi. Il passivo totale cumulato in questi anni dai deficit di parte corrente è di circa 431 miliardi (dati 2011, da aggiustare al 2012 naturalmente). Alla luce di questi dati... i CCF ipoteticamente potrebbero agevolare una buona spinta all'export o ai servizi stessi, ma non andrebbero ad intaccare il vero problema dell'Italia, i redditi netti dall'estero ed i trasferimenti. Alla luce di tutto ciò, e senza alcun tono polemico, chiedo: ma non è che alla fin fine con i CCF (in scenario Eurozona) ci ritroveremmo a fare la fine dell'Irlanda, con esportazioni ottime, ma redditi netti costamente negativi che andrebbero ad erodere mortalmente il saldo commerciale positivo?"
      Il caso dell'Irlanda mi pare strutturalmente diverso: ha trasferimenti all'estero molto forti perchè ha attirato rilocalizzazioni di multinazionali estere, grazie agli incentivi fiscali e al fatto che... si parla inglese madrelingua.
      "Infine, ultime curiosità: ma se l'alto "prezzo" dei prodotti italiani tradable, oltre al cambio forte Euro, fosse dato dalla quota profitti? Se ciò fosse i CCF praticamente non correrebbero il rischio di venir riassorbiti in tale quota?" non ho dati che lo indichino, comunque se le aziende italiane sono più competitive producono di più e generano occupazione. La ripartizione del valore aggiunto tra lavoro e capitale non incide -mi pare- su questo. Altrimenti non funzionerebbe neanche il ritorno alla lira.
      "Infine: è possibile che la bilancia commerciale italiana si sia ad esempio deteriorata anche a causa del change-over (passaggio da 6mila lire a 6 euro prezzi prodotti italiani)?" si è deteriorata perchè l'inflazione italiana è stato superiore a quella tedesca, senza compensazione sul cambio: certo, il changeover è stato un fattore di questo. Il punto è riequilibrare la situazione senza passare per un disastroso (e comunque inefficace) processo di svalutazione interna via deflazione salariale e dei redditi.

      Elimina
    2. Il tratto che accomuna Italia ed Irlanda è comunque la sezione redditi di parte corrente. La differenza è che, mentre per l'Eire a quanto pare a farla da padrona sono per lo più gli IDE, l'Italia, oltre a ciò (le aziende italiane svendute dal 1992 in poi sono un elenco che qui non pare utile riportare) e ad una sezione "trasferimenti" penalizzante sembra avere, dando uno sguardo alla NIIP qui, un problema di strumenti di debito (obbligazioni) delle AA.PP. e altre IFM detenuti all'estero che ci costringe (ecco il vincolo esterno) a:
      1) avanzi primari costanti nel tempo che sottraggono risorse ai cittadini e/o imprese, con relativa caduta investimenti e/o redditi disponibili per consumi
      2) avanzi commerciali per non crollare finanziariamente come sistema paese, dati per lo più da barriere all'import come IVA e tasse.

      Sotto all'avanzo commerciale, in una situazione di cambi fissi, c'è la deflazione salariale (già in atto da più di un ventennio come sottolinea Emiliano Brancaccio) perchè come la Germania insegna, per tenere a bada l'inflazione svaluti uno dei costi produttivi, il salario. Sotto il finanziamento dello Stato sul mercato, c'è l'impossibilità data dai Trattati di Maastricht nell'avere una Banca Centrale "normale" come hanno Canada, Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, che in caso di crisi "sostiene" l'economia. La Germania, ancora una volta in barba ai trattati parcheggia i titoli grazie alla Kfw calmierando i propri tassi con vantaggi:
      a) per il finanziamento delle proprie imprese a tassi interbancari favorevoli (quindi più competitive)
      b) con ristrutturazione del proprio debito.
      Ora a mio avviso i CCF potrebbero essere uno strumento utilissimo sul piano fiscale poichè potrebbero fare da tampone (temporaneo, mi scuso per il gioco di parole) per non far sprofondare nella spirale depressiva il sistema Italia dando una mano all'impresa ed al lavoro, questo è insindacabile, strozzati da una imposizione fiscale assurda (voluta appunto per "ripagare il debito" sostanzialmente). Però non risolve il problema della parte "redditi" e "trasferimenti" CAB, ed inoltre rischia l'effetto Irlanda in quanto potrebbe (azzardo) favorire l'acquisizione estera delle nostre aziende. Il problema quindi, e qui concordo con Bagnai, è che non basta essere competitivi. Il quartetto inconciliabile, come descritto da Padoa Schioppa nel 1982, dato dal libero commercio estero, perfetta mobilità di capitali, politica monetaria indipendente e regime di cambi fissi non è sostenibile nemmeno con i CCF purtroppo. Questo a mio avviso è il problema, il vincolo esterno ed il gioco che l'UE ci impone. Scusi la prolissità ed un cordiale saluto.

      Elimina
    3. Naturalmente, quando parlo acquisizione estera, intendo dire che lo "sgravio" fiscale potrebbe teoricamente rendere appetibili le aziende italiane oppure l'insediamento di unità produttive estere sul suolo nazionale. Saluti.

      Elimina
    4. Ok but when all is said and done (direbbero gli abba) ovvero alla fine della fiera (direbbe mio nonno) se l'euro non funziona perché manca un meccanismo di riallineamento dei costi produttivi tra i paesi, i CCF lo assicurano - e se il problema non fosse quello, non funzionerebbe neanche il breakup dell'euro. Quanto all'Irlanda, la situazione e' in effetti un po' diversa rispetto ai paesi mediterranei: non c'era un grosso deficit di competitività rispetto alla Germania. La crisi bancaria e' nata dall'eccesso di speculazione, si sono salvati i creditori Esteri accollando i passivi allo stato e poi fatto austerità per cercare di rientrare. Come da manuale si è mandata l'economia in depressione. Se ne esce anche li' con il sostegno alla domanda mediante espansione monetaria. Solo che non è necessario - o lo è in misura minore - intervenire sul Cuneo fiscale, si può dirigere l'intervento su aumenti di spesa sociale o riduzione generale della tassazione.

      Elimina
    5. Certo, l'Euro non funziona anche per questo, ma siamo d'accordissimo. Il problema è che, tipo in Grecia, in Spagna, o nella stessa Irlanda, è il surriscaldamento dato dall'afflusso di capitali dal centro UEM ad aver fatto salire i CLUP e quindi l'inflazione (mentre il centro l'ha ristretta con la deflazione)...rimanere nell'Euro con i CCF ho paura possa portare ulteriore afflusso di capitali e il riavvio del ciclo...con l'uscita dall'Euro, l'afflusso di capitali esteri si interromperebbe. Naturale che questa condizione vada poi accompagnata da ulteriori misure che Bagnai e altri hanno più volte riportato (controllo capitali, banca centrale non indipendente, vincoli portafoglio ecc.). Saluti.

      Elimina
    6. Rimando alla conclusione del post: l'inlazione nordeuropea mi attendo che continui a essere più bassa di quella mediterranea, ma il sistema euro-cum-CCF mi pare abbia, così come s'intende il sistema non-più-euro, la flessibilità necessaria ad assorbire e prevenire le distorsioni.

      Elimina
    7. Si, ma se l'inflazione nordeuropea rimane costantemente più bassa della periferia, non c'è riforma del lavoro o CCF che possano impedirne il surriscaldamento. Cioè, in Spagna, Irlanda, Grecia ecc. ad esempio sono stati i capitali esteri ad aver finanziato la crescita, trascinando con sè l'inflazione. E da cosa sono stati attirati questi capitali esteri? Dal fatto che non c'è rischio di cambio, e quindi puoi "investire", tu capitalista del centro, senza incorrere in questo "piccolo" problema. In Grecia dal 2003 al 2009 i tassi di interesse sui prestiti alle famiglie sono sempre stati fra il 12 ed il 13% (elimini il cambio, appare lo "spread") a fronte di un 9-10% tedesco. Correggendoli per l'inflazione media del periodo, vediamo che per un capitalista del centro, appunto, è stato molto più conveniente prestare in periferia. Purtroppo, siccome il mercato checchè se ne voglia dire preferisce i rendimenti a breve, una volta finiti gli impieghi produttivi (capitali esteri che hanno creato posti di lavoro, ma che hanno portato anche a surriscaldamento inflazinoe) i capitali esteri non vanno scemando, bensì continuano per finanziare il credito al consumo. Mentre quelli nazionali calano poichè i locali non trovano conveniente indebitarsi a tassi più alti (dovuti a liberalizzazione del settore). E' questo il ciclo perverso del libero movimento dei capitali insito nei trattati Euro. Non va. I paesi periferici sono stati ridotti come i paesi asiatici degli anni '90, travolti dal debito estero di natura privata. I CCF sono una bella idea perchè toccano uno dei punti più controversi del sistema fiscale italiano, il peso troppo sbilanciato su attività produttive e sul lavoro, e sono un ottimo strumento anche per il possibile "dopo". Ma qui a mio avviso vanno a tentare di tamponare a valle un problema insito a monte. Un cordiale saluto.

      Elimina
    8. @Flavio un punto su cui riflettere però è che i flussi finanziari da centro a periferia sono ovviamente speculari ai deficit commerciali della periferia e ai surplus del centro. Se la competitività dei vari paesi si mantiene in equilibrio, viene meno il presupposto sia per gli squilibri commerciali che - di conseguenza - per quelli finanziari. Un regime di cambi flessibili ottiene questo risultato ma, mi sembra, anche i CCF.

      Elimina
    9. Non sono molto d'accordo sul fatto che siano speculari, forse Lei intende i saldi Target2, che tuttavia sono solo la "fotografia" degli squilibri fra Nord e Sud. I passi secondo me invece sono questi: 1) adozione di un cambio fisso 2) liberalizzazione dei mercati finanziari 3) adozione della libera circolazione di capitali (e merci) 4) afflusso di capitali per finanziare investimenti e consumi 5) terminati gli investimenti "produttivi" si finanzia il credito al consumo 6) febbre da "inflazione" (perchè l'economia cresce ed anche i redditi) 7) grazie alla deflazione, i beni del centro diventano più competitivi anche in fasce medio basse rispetto ai nazionali 8) crisi 9) sudden stop capitali 10) crollo economia e settore bancario 10) salvataggio pubblico istituti finanziari ecc.. Senza la credibilità data dal muro dell'Euro, e senza il cambio fisso, i vari PIIGS non avrebbero conosciuto il boom economico fittizio sperimentato nel primo decennio euro, poi tradottisi nei saldi TARGET2, derivante dagli afflussi di capitali esteri. E' stato l'Euro, con le sue liberalizzazioni, a provocare il surriscaldamento della periferia ed a stimolare successivamente la domanda di beni provenienti dal centro. I tedeschi hanno una tradizione da sempre fortemente incentrata sull'export ed aver adottato una moneta unica in tutta europa non ha fatto altro che acuire il loro vantaggio. Se ci fossero stati i cambi flessibili ad esempio, il centro ci avrebbe pensato non una ma ben due o tre volte prima di prestare alla periferia "arretrata". In merito all'Italia invece, potrei dire che se avesse adottato i CCF prima (oppure tagliato il cuneo fiscale) avrebbe forse combattuto meglio in ambito commerciale. Ma si sa, noi siamo più realisti del re...e i parametri di Maastricht da rispettare ci avrebbero imposto dei tagli, per finanziare il cuneo, che sarebbero apparsi già insostenibili al tempo...concludendo: non credo che essere "competitivi" sia un bene. A diventare la "Germania" della Grecia, per intenderci, non ne sarei di certo stato fiero...saluti.

      Elimina
    10. Non solo i Target2... gli squilibri commerciali si traducono in squilibri finanziari, di cui i Target2 sono una parte, gli altri sono i finanziamenti esteri del debito (pubblico e privato), gli IDE, le cessioni di beni patrimoniali (es. riserve valutarie o auree ecc.)
      D'accordissimo con non dobbiamo diventare la Germania della Grecia ! ogni paese deve avere una situazione di competitività equilibrata, da cui deriva la sostenibilità dei saldi esteri (commerciali e finanziari). Solo un meccanismo monetario flessibile tra i vari paesi crea le condizioni perchè questo si verifichi, e si mantenga.

      Elimina