Blog dedicato al progetto Moneta Fiscale / Certificati di Compensazione Fiscale - MF / CCF), soluzione per la crisi dell'Eurozona. Progetto reperibile in questo post. Cronistoria degli eventi rilevanti qui. I CCF sono anche noti come Certificati di Credito Fiscale.
sabato 8 marzo 2025
giovedì 6 marzo 2025
Spazio fiscale, Italia e Germania
La Germania a quanto pare è sul punto di buttare a mare il pareggio di bilancio e i limiti di deficit pubblico, per lanciare un megapiano di investimenti, nella difesa e nelle infrastrutture.
Naturalmente in Italia non faremo niente di comparabile e naturalmente sentirete dire ahinoi purtroppo loro hanno spazio fiscale - e noi no.
Tanto per cambiare, è una fregnaccia.
Il limite ai deficit pubblici non è nessun parametro numerico prestabilito di deficit o di debito.
Il limite ai deficit pubblici è l’inflazione, che in Italia è più bassa che in Germania.
Basta utilizzare moneta propria – che anche se restiamo nell’euro è possibile emettere in Italia, sotto forma di moneta fiscale – e lo spazio fiscale diventa immediatamente usufruibile.
In Italia come in Germania, e con ogni probabilità,
proporzionalmente alle dimensioni dell’economia, anche di più.
domenica 2 marzo 2025
Panico a Bruxelles
Gli eurocrati sono in completo loop mentale di fronte a un contesto economico in cui né USA né Cina sono più disponibili ad accettare una crescita della UE (ma sarebbe meglio dire della Germania) basata sull’export.
In realtà non ci sarebbe ragione di impanicarsi. E’ solo questione di cambiare paradigma, di rilanciare consumi e investimenti interni, e di accettare il riequilibrio dei saldi commerciali esteri.
L’ideale, si capisce, sarebbe buttare a mare l’euro, ma anche emettere Moneta Fiscale e far saltare il patto di stabilità raggiungono lo scopo.
La soluzione è addirittura banale. Non è banale invece farla passare, data la “quantità di capitale politico” spesa a Bruxelles e a Francoforte nell’ultimo quarto di secolo.
Tradotto in parole povere: hanno portato il continente su una china disastrosa, hanno impostato la gestione macroeconomica dell’area su presupposti privi di qualsiasi logica e razionalità, come fanno adesso ad ammettere di aver sbagliato tutto ?
Sarebbe difficile anche per persone differenti dalle
teste di osmio che circolano da quelle parti.
sabato 1 marzo 2025
La UE è un mobile inutile e ingombrante
L’Unione Europea ? è come avere in casa un mobile grosso, inutile, brutto, scomodo, mal posizionato, di cui non si capisce perché sia lì: non ha nessuna funzione pratica, non ha nessuna funzione estetica, fai fatica a muoverti perché te lo trovi costantemente tra i piedi.
La cosa sensata sarebbe liberarsene. Però essendo pesante, ingombrante, difficile da maneggiare, non si sa bene come spostarlo e dove altrimenti metterlo, e neanche come buttarlo fuori di casa.
Così almeno per ora sei costretto a tenertelo. Ti rende difficile fare una serie di cose, e non ti dà aiuto a farne nessuna. E ti imbruttisce l'arredamento.
Una fenomenale combinazione. Un oggetto che quando non
è inutile è dannoso.
martedì 25 febbraio 2025
domenica 23 febbraio 2025
La regolamentazione che non funziona
Niente da fare, gli europeisti non riescono a sviluppare un’argomentazione senza infilarsi in un’autocontraddizione plateale. In questo video dell'ISPI si esprime preoccupazione in merito allo strapotere acquisito dai tecno-oligarchi, e in particolare da Elon Musk, che consentirebbe loro tra le altre cose di deregolamentare l’economia in modo da perseguire senza vincoli e senza controlli i loro interessi.
Al minuto 9, Nadia Urbinati ci fa sapere che per fortuna la UE ha “precorso i tempi”, e ha predisposto un sistema regolatorio a livello sovranazionale, rendendosi conto che i singoli stati erano troppo piccoli per “disciplinare” i grandi potentati economici.
Professoressa Urbinati… lei è una studiosa reputata & rinomata, per cui certe incoerenze logiche dovrebbe essere in grado di evitarle.
Se il problema è la dimensione, e se è vero che Musk & friends stanno scardinando il sistema regolatorio negli USA, evidentemente regolamentare a livello UE NON risolve il problema, non elimina e nemmeno attenua (di per sé) il rischio.
Perché ? ma perché gli USA non sono un “piccolo stato”. La loro economia è dello stesso ordine di grandezza di quella UE (volendo considerare la UE uno stato, come in realtà non è).
Io ho avuto la percezione contraria, cioè che la burocrazia UE, a parte essere nel suo complesso e di base pletorica, vessatoria e inefficiente, è casomai un veicolo SFRUTTATO dai potentati per “farsi al meglio gli affari loro”.
Ma al di là di questa mia (e di molti altri) valutazione,
la contraddizione è chiara: se i potentati sono in grado di prendere il
controllo dei meccanismi regolatori USA, lo possono fare anche nella UE. Salvo
che il motivo per cui non possono sia qualcosa di diverso dalla dimensione:
perché la dimensione è analoga.
venerdì 21 febbraio 2025
Se ci attacca l’Austria ?
Leggo commenti del tipo: “come si fa a pensare di interrompere il sostegno all’Ucraina ? se domani ci attacca l’Austria per riconquistare il Lombardo-Veneto che facciamo, restiamo inermi ? nessuna reazione ?”
Se ci attacca l’Austria dobbiamo reagire, sicuro. Ma nel caso dell’Ucraina non si parla di un attacco al NOSTRO territorio. Si parla di continuare a sostenere una delle parti in causa di un conflitto in cui noi non siamo tenuti a essere coinvolti, perché non siamo gli aggrediti e neanche siamo soggetti a obblighi conseguenti a un’alleanza.
Il conflitto riguarda parti terze. Possiamo legittimamente esprimere tutte le opinioni che vogliamo su torti e ragioni, su cause e conseguenze, possiamo distribuire etichette di buoni e di cattivi.
Ma come nazione dobbiamo agire in funzione dei nostri interessi, nonché della possibilità di ottenere dei risultati. La politica internazionale funziona così, piaccia o meno.
Le domande da porsi riguardo al ruolo dell’Italia nel conflitto ucraino sono altre:
abbiamo un interesse a far sì che il conflitto si evolva in una determinata maniera ?
abbiamo i mezzi per ottenere che questa evoluzione si concretizzi ?
siamo effettivamente disposti ad utilizzarli, questi mezzi, a livello adeguato a ottenere dei risultati ?
Le domande da porsi sono queste. E puzzano di
ipocrisia, francamente, le argomentazioni di natura etica e idealistica. Non
perché non siano temi da prendere in considerazione, ma perché li ignoriamo riguardo
a qualche dozzina di altri conflitti in corso nel mondo: sui quali non ci
attiviamo, non esprimiamo opinioni, a stento sappiamo che esistono.
martedì 18 febbraio 2025
domenica 16 febbraio 2025
La UE non riuscirà perché non c’è riuscito nessuno
Perché mai la UE dovrebbe riuscire a ottenere una cosa che non è mai avvenuta nella storia, l’integrazione politica europea aka la formazione di un superstato continentale ?
Dice: l’impero romano ? era sostanzialmente un’entità mediterranea, si estendeva alla Francia e all’Inghilterra ma da Teutoburgo in poi ha rinunciato all’idea di inglobare la Germania e l’Europa centro-settentrionale.
Carlo Magno ? morto lui, si è sciolto tutto.
Napoleone ? è durato pochi anni.
Hitler ? una manciata di trimestri.
Non funziona. Diverse lingue, culture, religioni, condizioni climatiche, interessi economici.
Un progetto nato sbagliato, uno zombie che continua a camminare
solo per fare danni, in attesa del collasso definitivo.
sabato 15 febbraio 2025
Abbiamo bisogno del deficit pubblico
Esistono due canali di generazione della moneta: quello pubblico e quello privato. Il canale pubblico è quello dello Stato, che spende, e ritira moneta mediante le tasse in misura inferiore alla spesa – quindi attua un deficit pubblico. Mentre il canale privato è il credito concesso dal sistema bancario.
Apparentemente se ne può identificare un terzo, il surplus commerciale verso l’estero, ma il surplus estero non genera moneta, la trasferisce soltanto, dal paese deficitario al paese eccedentario.
Ora, l’economia, e il sistema creditizio in particolare, alternano momenti di euforia e momenti di depressione. Di conseguenza la formazione di moneta mediante il canale creditizio a volte è eccessiva e a volte è carente.
Di conseguenza il canale pubblico di creazione della
moneta, il deficit dello Stato, DEVE ESISTERE, e deve agire in modalità ANTICICLICA.
Occorre evitare che in un’economia in espansione la moneta sia prodotta solo
dal canale privato. E occorre che la creazione di moneta tramite deficit
pubblico compensi, agendo in senso contrario, le fasi in cui il canale privato
si sta attivando troppo, o troppo poco.
giovedì 13 febbraio 2025
Il debito pubblico è MONETA IN CIRCOLAZIONE
Vediamo se è più chiaro così. NON HA SENSO ridurre il
debito pubblico, non ha senso parlare di “risanare il debito pubblico”, perché
il debito pubblico non è altro che una forma assunta dagli strumenti di
pagamento e scambio in circolazione nell’economia. E’ MONETA, e la quantità di
moneta in circolazione DEVE aumentare via via che l’economia si espande.
sabato 8 febbraio 2025
L’innovazione in Europa: un problema mal posto
Gli USA fanno innovazione, l’Europa o meglio la UE sa solo burocratizzare e regolamentare. Si dice, ed è vero. Le più grandi aziende USA per redditività e valore di mercato esistono da pochi decenni; dall’altra parte dell’Atlantico, sono vecchie di quasi un secolo, a volte anche di più. Là tecnologia avanzata, qui banche, assicurazioni e public utilities.
Tutto vero. Ma sbagliata la soluzione al problema che in genere viene proposta. Dobbiamo (si dice) incentivare l’innovazione, creare un mercato dei capitali integrato, detassare i fondi specializzati in start-up tecnologiche, deburocratizzare.
Non fraintendetemi. Quando dico che la soluzione è sbagliata non intendo che queste cose siano prive di senso, o inutili. Aiuterebbero (alcune). Sono corrette (alcune). Ma anche nella migliore delle ipotesi, non risolvono il problema di base, che è la crescita asfittica della Vecchia Europa.
Gli USA sono più innovativi ma non è una novità di oggi. Nvidia, Google, Amazon sono nate di recente, ma le Apple e le Microsoft nascevano e diventavano grandi negli anni Settanta e Ottanta. Niente di equivalente qui. Però USA e UE crescevano a tassi molto simili. Un po’ di più gli USA in termini di PIL totale, un po’ di più la UE (o meglio i paesi che poi l’hanno formata) in termini di PIL procapite (negli USA c’era la crescita demografica che già allora qui mancava).
Gli USA sono più innovativi perché sono la più grande economia mondiale, e un modello aziendale di successo nato là si estende rapidissimamente a tutto il mondo. In Europa otterremmo lo stesso risultato abbattendo le barriere normative ? ma rimarrebbero quelle linguistiche e culturali. Che, ammesso che ci sia da augurarselo, non spariscono in alcuni anni e neanche in svariati decenni.
In Europa non si faceva innovazione ma si cresceva, perché l’innovazione si sapeva adottarla e utilizzarla. Chi arriva dopo può beneficiare dei progressi nati altrove, tanto quanto l’innovatore originario. Spesso anche di più, o comunque più rapidamente.
La mancanza di crescita europea non si risolve con il mercato integrato dei capitali né con gli incentivi fiscali mirati. La mancanza di crescita europea, anzi della UE, anzi ancora di più dell’Eurozona, nasce da un sistema di regole sbagliato nei presupposti. Dalla demonizzazione dei deficit pubblici. Dalle politiche di contrazione della domanda interna per (NON) risolvere un (NON) problema (INVENTATO) di finanza degli Stati.
Il problema sta qui, ed è semplice da risolvere. Ma
difficile da far comprendere.
martedì 4 febbraio 2025
Quanto dura la caccia alle streghe
Giusto un mesetto fa, citando e parafrasando Voltaire, vi dicevo che, come le streghe sono scomparse quando abbiamo smesso di bruciarle, così il problema del debito pubblico scomparirà quando capiremo che è inventato.
Se questa è un’affermazione che può indurre all’ottimismo, un po’ meno lo è la considerazione che la follia della caccia alle streghe alla fine si è esaurita, ma dopo essere durata all’incirca tre secoli, dal 1450 al 1750.
En passant, osserva Alessandro Barbero che quel periodo non è ricompreso “nei secoli bui del medioevo” (che bui a suo parere non sono stati affatto, ma questa è un’altra faccenda). Sono stati i tre secoli successivi all’inizio dell’età moderna.
La follia del considerare il debito pubblico un problema, per non dire il problema fondamentale dell’economia, verrà quindi meno: sicuramente. Però non c’è da giurare che scompaia in fretta.
Però riflettendoci… anche la superstizione del debito pubblico dura da parecchio tempo. Qualcosa come tre secoli, appunto. Si può anche sperare, è lecito, che politici ed opinione pubblica siano sul punto di aprire gli occhi.
Prima o poi deve succedere. I tempi non sono
prevedibili. Ma potremmo anche essere alla fine dei tre secoli di oscurità.
sabato 1 febbraio 2025
Debito pubblico in lire, ma quanto mi costi ?
Spesso anche interlocutori convinti che abbandonare la lira sia stato in errore affermano "certo però che ritornandoci il debito pubblico costerebbe molto di più...".
Lasciamo parlare John Maynard Keynes.
mercoledì 29 gennaio 2025
domenica 26 gennaio 2025
Qualcuno mi spieghi
So benissimo che la spiegazione vera non esiste: non c’è niente da spiegare, il concetto è assurdo.
Però mi piacerebbe che qualcuno sapesse rispondere alla seguente domanda.
Come fanno molte persone, tra cui anche parecchie intelligenti, competenti e in buona fede – non tutte stupide, non tutte disinformate – a dare una risposta convincente (almeno per loro stessi) a quanto segue.
Perché mai uno Stato dovrebbe trarre beneficio dal prendere a prestito la moneta che viene utilizzata nel proprio territorio ?
Il concetto è assurdo e quindi una risposta corretta non esiste. Però deve esistere una spiegazione che per quanto sbagliata suoni plausibile, almeno a quelle persone.
Qual è questa spiegazione ?
Post scriptum: volevate una prova ? ecco qui Piergiorgio Odifreddi, che uno stupido certamente non è.
mercoledì 22 gennaio 2025
Il più pesante limite
Qual è il più pesante limite alla crescita economica e alla riduzione delle diseguaglianze, non solo ma soprattutto in ambito UE, non solo ma soprattutto in ambito italiano ?
La convinzione che il normale processo di immissione di strumenti di scambio e pagamento nell’economia generi un debito.
Un debito non si capisce di chi, da ripagare non si sa a chi.
E’ un vincolo del tutto immaginario, ma le decisioni
di politica economica vengono prese come se fosse reale, esistenziale,
essenziale.
domenica 19 gennaio 2025
Annullare il debito pubblico ? no
Il debito pubblico non va annullato. Il debito pubblico è un falso problema. Il debito potenzialmente problematico è quello in moneta straniera. Il debito in moneta nazionale è una semplice e utile forma di impiego del risparmio privato che si crea automaticamente quanto lo Stato introduce moneta nell’economia mediante il deficit pubblico.
L’Italia non deve annullare il debito pubblico in euro. Deve tornare a emettere la sua moneta nazionale – per esempio, moneta fiscale – e introdurre QUELLA nell’economia tramite i deficit pubblici.
Tenuto conto della crescita reale dell’economia e di
un minimo di inflazione, l’incidenza del debito pubblico in moneta straniera –
L’UNICO che può rappresentare un problema – comincerà gradualmente a calare. Smetterà
in poco tempo dall’essere percepito come un rischio e come un vincolo, e in un
periodo di tempo non lungo diventerà completamente irrilevante.
giovedì 16 gennaio 2025
La moneta come strumento di controllo politico
La moneta incorpora due caratteristiche apparentemente così antitetiche da sembrare del tutto contraddittorie. E’, da una parte, un oggetto di uso quotidiano, probabilmente più di qualsiasi altro uno strumento imprescindibile, utilizzato da chiunque, noto a qualsiasi persona e a qualsiasi organizzazione. Ed è però anche un’entità che mette in difficoltà la persona media se gli si chiede di definirla e ancora di più di identificarne le funzioni, l’origine e le modalità di gestione.
Che cosa è esattamente la moneta ?
Chi la crea ?
Chi la gestisce ?
Come si è formata ?
E’ indispensabile che esista ?
Penso che anche persone di ottimo livello culturale e professionale sarebbero in seria difficoltà, se venisse loro chiesto di dare una risposta precisa e circostanziata a queste domande.
I manuali universitari di economia politica, che per qualche oscura (?) ragione tendono a parlare poco di moneta, a trattarla come un fatto di natura acquisito, come fosse l’aria o l’acqua, le rare volte che entrano in tema distinguono tre funzioni fondamentali della moneta:
Unità di conto: è il sistema di misura utilizzato per quantificare crediti, debiti, incassi, pagamenti, patrimoni eccetera.
Intermediario di scambio: barattare beni e servizi è possibile ma poco pratico. Uno strumento di compensazione omogeneo e standardizzato è quindi indispensabile per gestire un’economia minimamente complessa e articolata.
Riserva di valore: la popolazione tende a consumare una parte del proprio reddito e a risparmiarne un’altra parte, e il risparmio può essere accumulato in un’attività finanziaria utilizzabile per spese future. La moneta è una di queste attività finanziarie.
Fin qui tutto abbastanza chiaro. Ma non viene praticamente mai citata una quarta funzione.
La moneta è uno strumento di controllo politico.
Non viene mai citata, eppure è sotto gli occhi di tutti.
Nulla vieta di produrre la moneta a seguito di un accordo tra soggetti privati, tra cittadini e aziende, allo scopo di attivare il funzionamento di un circuito di compensazione multilaterale. Ce ne sono esempi interessanti e ben funzionanti, il WIR in Svizzera, il Sardex in Italia.
Ma in pratica è difficile utilizzarli al di sopra di dimensioni locali. Sono accordi contrattuali tra privati, che valgono nella misura in cui si riesce a creare una sufficiente varietà di interscambio di prodotti, e a tutelare il rispetto degli accordi.
Nella grande maggioranza dei casi la moneta è invece un bene pubblico, nel senso che è lo Stato a imporne il valore e quindi a determinarne l’utilizzo.
E lo strumento tramite il quale se ne impone il valore è la tassazione. Siccome una notevole parte della produzione di reddito è assorbita dal settore pubblico tramite tasse, accise, bolli, imposte dirette, imposte indirette, contributi sociali, se lo Stato prescrive che questi pagamenti debbano essere effettuati mediante una determinata entità, questa entità assume immediatamente valore, anche se il suo costo di produzione è pressoché nullo e la sua funzione d’uso (al di là dell’utilizzo nei sistemi di pagamento, in prima istanza verso lo Stato) è inesistente.
Non è una scoperta recente. “A prince, who should enact that a certain proportion of his taxes should be paid in a paper money of a certain kind, might thereby give a certain value to this paper money”. Lo scriveva Adam Smith nel 1776, e non credo che sia stato il primo ad accorgersene.
Quindi lo Stato è il produttore naturale della moneta, anzi il monopolista naturale della produzione della moneta o quanto meno della maggior parte di essa.
Dovrebbe essere allora evidente che nell’interesse pubblico la funzione di produzione della moneta debba essere monitorata e monitorabile dalla collettività. Essere soggetta a controllo e scrutinio della cittadinanza, con la massima trasparenza concepibile.
E invece, a leggere e ad ascoltare la narrazione degli organi di informazione cosiddetti “accreditati”, per qualche ragione la funzione di emissione monetaria deve restare avvolta in un alone di sacralità, in una cortina di mistero, e soprattutto deve restare al di fuori del controllo dei politici impiccioni e incompetenti, quando non disonesti, e comunque sempre propensi a “comprare consenso con il denaro pubblico”.
Il punto è che i politici possono essere impiccioni, incompetenti, disonesti e propensi a comprare consenso – o meno. Ma sono soggetti a meccanismi di scelta e valutazione mediante libere elezioni. Se crediamo nella democrazia.
Se invece, appunto, uno strumento così importante, così essenziale come l’emissione e il controllo della moneta viene sottratto alla sfera politica, il risultato è metterlo nelle mani di un gruppo di persone magari competentissime (o magari no); ma che non sono state selezionate e confermate al loro posto in funzione della loro capacità di promuovere l’interesse pubblico bensì…
…bensì l’interesse di qualcun altro, o di
qualcos’altro.
lunedì 13 gennaio 2025
Chiarimenti sul debito estero
Il fatto che un paese sia indebitato nei confronti di soggetti esteri è un problema ? una domanda semplice che però riceve risposte spesso confuse, contraddittorie o semplicemente sbagliate. Qualche chiarimento è utile e occorre partire distinguendo varie casistiche.
Debito pubblico in moneta estera detenuto da soggetti esteri: è un potenziale rischio ma non perché siano stranieri i detentori. Il rischio è dovuto al fatto che è straniera la moneta. Lo Stato che si è indebitato potrebbe avere difficoltà ad approvvigionarsi della moneta (emessa da terzi) necessaria per estinguere il debito. Questo non significa che sia SEMPRE un errore per lo Stato emettere debito in valuta. Può avere senso se ad esempio si vogliono effettuare investimenti pubblici che richiedono strutture o tecnologie non disponibili all’interno del paese, e che entità straniere sono disponibili a fornire solo se pagati in altre valute. In questo caso la situazione dello Stato è analoga a quella di un’azienda che si indebita per investire: non è necessariamente sbagliato, dipende da quali investimenti si effettuano. Però di sicuro è più rischioso rispetto a usare soldi propri.
Debito pubblico in moneta nazionale detenuto da soggetti esteri: non è rischioso e non è neanche da considerare un vero debito in quanto lo Stato emittente può sempre emettere moneta per estinguere il debito quando arriva a scadenza. Il default può sempre essere evitato. Naturalmente se il debito si accompagna a un accumulo di deficit pubblici è possibile che si inneschi un eccesso di inflazione. Ma questo dipende dal livello dei deficit, non dal livello né dal detentore né dalla moneta di emissione del debito.
Debito privato in moneta estera detenuto da soggetti esteri: in prima istanza il problema non dovrebbe essere dello Stato ma dei soggetti privati che hanno contratto il debito. E lo sarebbe anche se i creditori fossero nazionali. Il problema può esondare dalla sfera privata alla sfera pubblica se le dimensioni diventano tali da produrre situazioni di dissesto su aziende o su settori produttivi o finanziari così rilevanti da rendere opportuno un intervento pubblico. In questo caso il debito privato diventa pubblico e si ricade nella prima casistica.
Debito privato in moneta nazionale detenuto da soggetti esteri: anche in questo caso si possono creare fenomeni di dissesto sistemico tali da richiedere un intervento pubblico, che però sono molto più facili da gestire perché le passività sono espresse in moneta nazionale. E anche in questo caso non rileva che i creditori siano nazionali o stranieri.
Quale è la sintesi ?
Che il debito realmente pericoloso è quello pubblico in moneta straniera. E quello privato in moneta straniera se raggiunge livelli tali da spingere lo Stato a interventi che lo trasformano in pubblico.
Conta la nazionalità della moneta, non la nazionalità
del creditore.
venerdì 10 gennaio 2025
giovedì 9 gennaio 2025
La Groenlandia non è UE
Probabilmente le uscite di Trump sulla possibile annessione della Groenlandia agli USA sono sparate delle sue solite, destinate a non avere seguito. Però gli zelanti europeisti dimostrano di non conoscere il contesto quando gli rispondono indignati che “non sono ammessi attacchi ai confini UE".
In primo luogo, perché l’Unione Europea non è un’unione politica, non è uno stato, e chi ne parla come se fosse tale scambia i suoi desideri per realtà che non si sono ancora concretizzate (né sembrano vicine a farlo).
In secondo luogo, la Groenlandia NON appartiene alla
UE. La situazione è riassunta con molta chiarezza da Wolfgang Munchau nel suo
sito Eurointelligence (articolo uscito ieri, 8.1.2025).
Chiaro ? la Groenlandia non fa parte della UE, e può secedere dalla Danimarca se la maggioranza della popolazione decide di farlo a seguito di un referendum. E a quel punto è anche libera di accettare un’eventuale proposta di adesione agli Stati Uniti d’America.
Succederà ? a me pare fantapolitica, però è un
percorso possibile. Quello che invece è certo è che non si tratterebbe in alcun
modo di un “attacco ai confini” del non-Stato noto come Unione Europea.
sabato 4 gennaio 2025
Voltaire, le streghe e il debito pubblico
Voltaire scrisse che le streghe hanno smesso di esistere quando abbiamo smesso di bruciarle.
Allo stesso modo, il debito pubblico cesserà di essere considerato un problema quando smetteremo di alambiccarci su come risolverlo.
Perché NON è un problema.
Per uno Stato, il rischio di insolvenza sul debito pubblico esiste, in forma più o meno accentuata, se si rinuncia a utilizzare la propria moneta, o comunque se si decide di emettere debito in moneta straniera.
Ma nessuna di queste due cose è necessaria, e nemmeno utile.
Uno Stato può emettere moneta, tramite l'eccesso di spesa pubblica rispetto alle entrate fiscali, quindi tramite il deficit pubblico.
E questa emissione corrisponde a un incremento del risparmio finanziario a disposizione del settore privato.
Non c’è necessità di emettere debito pubblico per “finanziare il deficit”.
Se viene offerta la possibilità di investire in debito pubblico, è per fornire al settore privato una forma di impiego del risparmio GENERATO dal deficit pubblico.
Il deficit pubblico prodotto tramite l’utilizzo moneta nazionale va “dosato” in modo corretto per non creare eccessi di inflazione. Ma non comporta alcun rischio di insolvenza.
La rinuncia a utilizzare la propria moneta crea invece un pericolo di default che altrimenti non esisterebbe.
La soluzione non è “ridurre il debito pubblico”. E’ tornare a utilizzare la propria moneta.
La soluzione non è bruciare le streghe. E’ capire che
non esistono.
giovedì 2 gennaio 2025
Il calcio, la Germania e i conti con il passato
Il 22 dicembre scorso, la Juve Stabia, formazione che gioca in serie B, ha sconfitto 1-0 il Cesena. Il gol della vittoria è stato segnato da un giovane difensore-centrocampista, in prestito dalla Lazio, che sta per compiere 22 anni ed ha così realizzato la sua prima rete in un campionato professionistico.
Non una notizia epocale in sé. La particolarità della situazione sta però nel nome del marcatore. Che si chiama Romano Benito Floriani Mussolini. E che è proprio il pronipote del tizio di cui porta il nome e il cognome (in seconda e in quarta posizione).
Secondo alcuni resoconti giornalistici, una parte del pubblico (la metà dei presenti secondo qualcuno) ha reagito all’avvenimento esibendosi non solo nelle consuete esultanze, ma anche in plateali saluti a braccio teso.
E non sono mancati commenti, su giornali e social media vari, del tipo “ancora una volta l’Italia, al contrario della Germania, dimostra di non aver fatto i conti con il passato. Una cosa del genere da loro non sarebbe mai potuta accadere”.
Effettivamente non sarebbe mai potuta accadere in quanto Adolf Hitler non ha avuto pronipoti che giocano a calcio, anzi a quanto risulta non ha avuto nessun discendente diretto. Quanto al trito e ritrito leitmotiv dei “conti con il passato”, però, mi viene spontaneo far notare quanto segue.
Se è vero che al governo, in Italia, abbiamo un’esponente di un partito di destra, post-fascista dice qualcuno, neo-fascista rincara qualcun altro, è anche vero che stando ai sondaggi in Germania rischia di superare il 20% alle prossime elezioni Alternative fur Deutschland, AfD.
E AfD è un partito di destra, post-nazista dice qualcuno, neo-nazista rincara qualcun altro.
Quindi quali conti con il passato hanno fatto, i tedeschi
? negli stadi non so, ma fuori dagli stadi, a occhio e croce, gli stessi che
abbiamo fatto, o non fatto, noi.