sabato 1 novembre 2025

La crescita che manca al governo Meloni

 

Gli ultimi dati sul PIL mostrano, tanto per cambiare, un’Italia a crescita zero. Naturalmente si leggono tante diagnosi e ricette su come aumentare produttività, come eliminare vincoli allo sviluppo, come spendere al meglio “le poche risorse che ci sono”.

E continua invece a mancare il riconoscimento che nella stanza c’è un elefante: la carenza di domanda. Problema che tecnicamente è facilissimo da risolvere, come dimostrato dall’utilizzo del Superbonus durante il periodo Covid e immediatamente successivo.

Nel frattempo al MEF Giancarlo Giorgetti si pavoneggia con i complimenti ricevuti da UE e FMI. Dopo aver messo la bara sulla Moneta Fiscale in modo parecchio più drastico di quanto avesse fatto Draghi.

Nonostante tutto ciò, la maggioranza attuale ha ottime probabilità di durare fino alla scadenza della legislatura e di rivincere le prossime elezioni politiche. Solo e semplicemente perché l’opposizione è un accrocchio da cui emergono poche idee, ancora meno proposte valide, e su quelle poche non c’è nemmeno consenso interno alla (cosiddetta) coalizione.

La Moneta Fiscale è la strada giusta e l’azione politica da effettuare è reintrodurla, potenziata e migliorata. Sul come farlo, in questo blog trovate molte indicazioni. Sul chi dovrebbe farlo, o si può sperare che lo faccia, mi avvalgo della facoltà di non rispondere.

lunedì 27 ottobre 2025

Il livello ottimale di deficit pubblico

 

L’Eurozona da un quarto di secolo sta distruggendo la propria crescita e condannandosi all’irrilevanza economica, e quindi geopolitica, perché rifiuta caparbiamente, stolidamente, stupidamente di accettare che il deficit pubblico è una condizione normale e necessaria dell’economia, non un sintomo di inefficienza o di indisciplina, non un generatore di sprechi, non un nemico da combattere.

In un sistema economico che si sviluppa, il potere d’acquisto in circolazione deve aumentare di conseguenza, e devono quindi accrescersi gli strumenti di pagamento, cioè la moneta intesa in senso ampio.

Il deficit pubblico è semplicemente il mezzo ottimale per generare questo accrescimento, per immettere moneta nel sistema economico.

Immettere potere d’acquisto stimola domanda per beni e servizi, il che a sua volta spinge le aziende ad aumentare investimenti e occupazione. La crescita della produttività ne è la naturale conseguenza.

Naturalmente la velocità di crescita della capacità produttiva ha dei limiti, superati i quali l’immissione di moneta nell’economia genera inflazione a livelli indesiderati.

Ma non esiste a priori un livello numerico da non superare mai. Non ha senso imporre il pareggio di bilancio, non ha senso imporre il limite del 3%.

Il deficit di bilancio va ridotto se l’inflazione sale in maniera significativa e persistente oltre qualche punto percentuale all’anno. Sempre che l’inflazione non sia generata da incrementi di prezzo di materie prime o altri input produttivi.

In quest’ultimo caso il deficit non va ridotto, ma orientato verso la riduzione di imposte indirette quali IVA o accise.

 

venerdì 24 ottobre 2025

Età della popolazione e fiducia nel futuro

 

Abbiamo meno fiducia, meno speranza in quello che arriverà nel prossimo futuro perché la popolazione è più anziana rispetto a 20, 30, 40 anni fa ?

Lo sento dire così spesso che è diventato un luogo comune. E naturalmente c’è del vero. Ma credo sia solo una parte di verità, e anche abbastanza piccola.

Certo, negli anni del baby boom nasceva un milione di bambini all’anno, oggi neanche trecentomila. E certo, negli anni Ottanta questi boomers avevano venti, trenta, quarant’anni. Entravano nel mondo del lavoro o percorrevano la fase di più rapida crescita professionale. Avevano molti anni davanti a sé, molto tempo per immaginare e realizzare progetti, avevano obiettivi di costruzione, non di mantenimento.

Però non è tutta la storia. La via media si è allungata. Le condizioni di salute sono molto migliori. Sarà una mia impressione ma non credo: i cinquantenni, i settantenni, perfino i novantenni oggi dimostrano 10 o 15 anni meno di allora.

Gli orizzonti di vita futura attiva si sono veramente accorciati ? molto meno di quanto si potrebbe pensare.

Se c’è meno fiducia nel futuro non è perché il sessantenne del 2025 non possa essere costruttivo quanto un quarantenne del 1985. E’ perché i deliranti dogmi dell’euroausterità hanno bloccato, da un quarto secolo in qua, la crescita dell’economia. La popolazione invecchia anche in molti paesi dell’estremo oriente.

Che però crescono, perché non hanno delegato la gestione dei loro interessi a una cupola di inetti venduti, che siede a Bruxelles e prende ordini da centrali di potere esterne.

 

mercoledì 22 ottobre 2025

Austerità e diete

 

Imporre austerità a un paese che non ha problemi di inflazione è come mettere a dieta stretta una persona in perfetto peso forma. Questo è quanto ha fatto all’Italia, tra il 2011 e il 2013, la triade UE – Monti – Letta.

L’unico risultato possibile era indebolire l’organismo, cioè l’economia, e questo è accaduto.

I danni inflitti al paese dalla triade sopra menzionata sono stimabili nell’ordine non di centinaia ma di migliaia di miliardi. Questo in termini strettamente economici. Poi ci sono state vite rovinate, carriere spezzate, famiglie ridotte in povertà e disperazione, giovani privati di prospettive.

E la UE secondo qualcuno dovrebbe essere la soluzione di non si sa che ?

 

domenica 19 ottobre 2025

Il problema del debito pubblico in moneta estera

 

Il debito pubblico in moneta sovrana non è un problema, il debito pubblico in moneta estera può esserlo: perché la moneta sovrana può essere liberamente emessa dallo Stato debitore, la moneta estera no.

Dovrebbe essere un concetto ovvio, eppure paradossalmente viene contestato da alcuni sostenitori della MMT (che però IMHO la MMT non l’hanno capita fino in fondo) e, allo stesso tempo, da alcuni euroausterici.

I sedicenti MMTers dicono: debito in moneta sovrana o in moneta estera non fa differenza perché lo Stato debitore può sempre “utilizzare il cambio”. Altrimenti detto, può (nel secondo caso) emettere moneta propria, cambiarla nella moneta estera ed estinguere il debito. Non è un problema, perché non ha limiti all’emissione della moneta sovrana, giusto ?

Gli euroausterici partono dalla medesima riflessione per arrivare alla conclusione opposta. Il debitore può emettere moneta sovrana, usarla per comprare moneta estera ed estinguere il debito, quindi il debito pubblico non dovrebbe essere mai un problema. Ma nella realtà non è così. L’Argentina non è mai stata in grado di emettere pesos per comprare dollari in misura sufficiente ad estinguere il debito, e da decenni passa da un default all’altro sul debito in dollari. Quindi, ne deducono certi euroausterici, disporre di una moneta sovrana non elimina il problema del debito pubblico. Per cui il debito è debito, ed è un potenziale problema a prescindere dalla moneta di denominazione.

Elaborando su un concetto suggeritomi da Giovanni Piva, si arriva a identificare l’errore insito in queste argomentazioni. E ci si arriva riflettendo su un caso limite. Se fosse sempre possibile cambiare moneta sovrana per acquistare moneta estera, uno Stato potrebbe produrre ZERO PIL, indebitarsi in moneta estera per finanziare tutta la spesa interna (consumi, investimenti, spesa privata, spesa pubblica, qualsiasi cosa) ed emettere moneta propria per – dopo averla cambiata – estinguere il debito.

Ovviamente non è così, perché la moneta di uno Stato che non produce nulla non vale nulla.

Sempre ovviamente, uno Stato che non produce nulla non esiste. Ma è chiaro che senza arrivare al caso limite, può esistere uno Stato che si indebita in moneta estera in misura eccessiva rispetto al suo potenziale produttivo. E quello Stato NON può utilizzare il cambio per risolvere il problema. Semplicemente, il tentativo di cambiare moneta sovrana in moneta estera in quantità sufficiente fa crollare il cambio a livelli tali da rendere la manovra impossibile.

Per cui: no, il debito in moneta sovrana non è un problema – non è neanche vero debito. Mentre sì, il debito in moneta estera è debito, e può essere un guaio. E il motivo è che lo Stato ha pieno controllo sulla quantità di moneta sovrana emessa, ma non ha controllo sulla moneta estera che qualcun altro sarà disposto a scambiare con la sua moneta sovrana: non ha controllo né sulla quantità né sulle condizioni.

 

martedì 14 ottobre 2025

Uovo e gallina, un problema risolto

 

Identificata la risposta corretta all’annoso problema “è nato prima l’uovo o la gallina ?”, perlomeno se credete alla biologia evoluzionistica (se siete creazionisti non so che dirvi, provate a leggere la Bibbia e magari nel Vecchio Testamento c’è la risposta).

Le specie si evolvono e quindi a un certo punto una non gallina ha generato una mutazione definibile come gallina.

La non gallina non era una gallina ma comunque un animale che deponeva uova.

Quindi è nato prima l’uovo, da cui è sbucata quella che grazie alla mutazione era a tutti gli effetti una gallina (vabbè inizialmente un pulcino, ma poi diventando grande…).

Nessun dubbio: è nato prima l’uovo, deposto da una non gallina, e la gallina è arrivata dopo.

Prossimamente mi riprometto di trattare un tema apparentemente non connesso ma in realtà sì: perché tutti comprano azioni quando i prezzi sono alti e nessuno quando sono bassi ?

lunedì 13 ottobre 2025

La finanziarizzazione non è invincibile

 

Consiglio la lettura di un libro pubblicato da pochi mesi, “Prima che tutto crolli” di Luciano Balbo (Longanesi 2025). Contiene parecchie considerazioni illuminanti e centrate sulla finanziarizzazione delle economie, cioè sul predominio dell’establishment finanziario rispetto al sistema produttivo e al sistema economico, sugli effetti negativi che ha prodotto riguardo a diseguaglianze e concentrazione della ricchezza, sul rischio che prima o poi (più prima che poi) inneschi una crisi sistemica.

Consiglio la lettura ma siccome sono un noto rompiscatole (!) segnalo il suo principale (s’intende a mio parere) difetto. Una carenza di interpretazione  di alcuni temi macroeconomici, che conduce l’autore a pensare che gli Stati dipendano necessariamente dai mercati finanziari per sostenere i deficit e i debiti pubblici e che la mobilità dei capitali sottragga ai singoli governi la capacità di contrastarli (“se no scappano altrove”).

Per la verità qualche sentore che le cose non stiano esattamente così Balbo ce l’ha: cita la MMT commentando grossomodo che sembrano degli eretici ma forse, probabilmente, hanno delle ragioni. Ma è solo un sentore.

I fatti che, rispetto all’interessante esposizione di Balbo, vanno meglio compresi sono IMHO i seguenti (ben noti ai lettori di questo blog…).

UNO: il deficit pubblico non è un impoverimento del paese che lo genera ma un normale strumento di immissione del potere d’acquisto finanziario, che deve crescere di pari passo con lo sviluppo del PIL nominale.

DUE: in assenza di deficit pubblico in moneta sovrana, il potere d’acquisto finanziario cresce solo per il canale privato, il che è appunto un’importante causa della finanziarizzazione di cui Balbo denuncia gli eccessi.

TRE: se lo Stato emette la sua moneta, non c’è alcun bisogno di emettere debito per “finanziare il deficit”. Il deficit pubblico genera automaticamente risparmio privato e l’emissione di debito pubblico è un’opportunità (non una necessità) che viene offerta al settore privato per impiegare il risparmio generato dal deficit.

QUATTRO: se lo Stato controlla l’emissione monetaria, non c’è alcun bisogno di preoccuparsi che gli investitori istituzionali “scappino” rendendo impossibile finanziare la spesa pubblica eccedente le tasse (cioè il deficit).

CINQUE: l’emissione monetaria che si produce nel momento in cui si genera deficit pubblico non è necessariamente inflazionistica. Non lo è se rimette in moto capacità produttiva inutilizzata. Non lo è se viene destinata a ridurre imposte indirette quali IVA e accise (imposte regressive, peraltro).

Molti dei problemi denunciati da Balbo si risolvono restituendo agli Stati il pieno controllo dell’emissione monetaria, e vincolando i governi ad attuare politiche di piena occupazione, e di contenimento dell’inflazione mediante riduzione delle imposte regressive sui consumi (non mediante contrazione della domanda).

Quello che dal libro di Balbo non emerge con sufficiente chiarezza è che un potentissimo fattore di crescita patologica della finanziarizzazione è proprio il dogma dell’indipendenza delle banche centrali. Che in effetti vanno abolite: l’emissione monetaria deve essere gestita direttamente dal ministero dell’economia.

Difficile, politicamente, ottenere tutto questo ? gli interessi costituiti contrari sono fortissimi ? certo che sì. Ma difficile è tutto quello che va nella direzione di  diminuire la presa dell’establishment finanziario su politica ed economia.

Difficile, ma non impossibile. Servono però idee molto chiare su cosa è essenziale ottenere.

 

venerdì 10 ottobre 2025

Chi danneggiano gli zerovirgolisti

 

Claudio Borghi della Lega lamenta che ad ogni consultazione elettorale compaiono sulla scena piccoli partitini che si presentano come sovranisti eurocritici, sottraendo consensi al suo partito. A suo giudizio sono elementi di disturbo, in qualche modo sostenuti / supportati dal PD, che sarebbe il beneficiario della loro presenza. Meno voti alla Lega e al centrodestra, più percentuale e più seggi al PD.

Questo varrebbe, in particolare, per Democrazia Sovrana Popolare di Marco Rizzo, che dei partitini è probabilmente il più visibile (Rizzo sul piano comunicativo ci sa fare, ed è presente sui media più di quanto pesi elettoralmente).

L’interpretazione di Borghi mi lascia dubbioso, per due motivi (connessi).

Uno, dei consensi che ottiene Rizzo qualcuno sarà senz’altro sottratto alla Lega. Ma altri elettori DSP in sua assenza non voterebbero, o voterebbero scheda bianca, o magari M5S. Che l’elettore DSP sia un elettore leghista “fuorviato”  sarà vero in qualche caso, ma nella maggioranza non credo proprio.

Due, il sovranista eurocritico è molto dissuaso dal votare Lega, più che dall’esistenza di Rizzo, da quella di Giorgetti. Che è indistinguibile da un ministro PD se non per il fatto di essere più euroausterico di un ministro PD. Anzi lo definirei MOLTO più euroausterico, visto come ha affossato la Moneta Fiscale (tra l’altro con gli applausi del teammate di Borghi, l'ineffabile Alberto Bagnai).

I problemi della Lega nel farsi apprezzare dai sovranisti euroscettici ci sono, ma Rizzo ? non lo è, o quantomeno non è certo il principale.

 

domenica 5 ottobre 2025

Il deficit pubblico non impoverisce

 

Molti sembrano ritenere che il deficit pubblico impoverisca il paese, apparentemente perché assimilano il bilancio dello Stato a quello di un’azienda, o anche ai conti di una famiglia.

Se gli incassi di una società sono inferiori ai costi, la società perde soldi ed erode il suo patrimonio, giusto ?

Se le spese di una famiglia superano i redditi, la famiglia si indebita, o si mangia il risparmio di cui dispone, no ?

Beh per uno Stato, per un paese, per un'entità nazionale, funziona diversamente.

Ogni centesimo di eccesso di spesa pubblica rispetto agli incassi fiscali corrisponde a un centesimo di soldi immessi nel settore privato dell’economia.

Il settore privato, e quindi il paese nel suo complesso, non si impoverisce a causa del deficit pubblico. Anzi: lo arricchisce, se il maggior potere d’acquisto in circolazione stimola maggiore produzione di beni e di servizi.

Dovrebbe essere ovvio. Ma la falsa analogia tra bilancio pubblico e bilanci privati manda ancora in confusione troppe persone.

sabato 4 ottobre 2025

Indipendenza: magistratura e banca centrale

 

Sento dire che l’indipendenza dal potere politico dell’istituto di emissione monetaria è necessaria “così come lo è l’indipendenza della magistratura”. Ma è una posizione alquanto opinabile.

La magistratura deve essere indipendente nel senso che le sentenze non devono essere formulate sulla base di ordini governativi. Ma devono conformarsi a leggi approvate dal parlamento. Devono essere strettamente applicative. Il principio della subordinazione dell’attività giudiziaria a un organo espressione della sovranità popolare – il parlamento – è rispettato.

Se l’istituto di emissione è indipendente dal governo e dal parlamento, nasce un vincolo alla formulazione della politica economica, non solo monetaria ma anche fiscale – perché l’istituto di emissione può, a quel punto, condizionare le politiche di spesa, tassazione e deficit. Nasce un vincolo che ha tutti presupposti per risultare estremamente stringente.

In democrazia, l’elettorato è sovrano, il governo opera se e solo se ha la fiducia del parlamento, e tutti gli altri organismi pubblici gli sono subordinati. L’ho detto e scritto non so quante volte: se si perora la causa dell’indipendenza dell’istituto di emissione, si nega la democrazia rappresentativa. E anche la sovranità dello Stato.

giovedì 2 ottobre 2025

Moneta: Valore legale e accettazione fiscale

 

Da alcuni scambi di opinioni con Giovanni Piva è emerso un tema che vale la pena di chiarire e ribadire una volta di più.

Quello che dà valore alla moneta non è il suo cosiddetto “valore legale”.

Valore legale significa che nel territorio dello Stato qualsiasi obbligazione finanziaria denominata nella moneta ufficiale del paese può essere estinta consegnando il corrispondente quantitativo della moneta medesima.

Ma per “moneta” s’intendono, nel caso specifico, solo banconote e monete metalliche. Un assegno o un bonifico bancario non hanno valore legale in quanto rappresentano un trasferimento di depositi: e i depositi bancari sono crediti nei confronti di un istituto. Che si impegna a consegnare al titolare un pari quantitativo di moneta legale, ma potrebbe anche rivelarsi insolvente, e quindi venir meno al suo impegno.

Per dare valore alla moneta, è molto più importante l’accettazione da parte dello Stato per estinguere le obbligazioni fiscali. Lo Stato intermedia, sotto forma di prelievo fiscale, quasi la metà del PIL. Se lo Stato accetta un bonifico bancario in pagamento di IVA o IRPEF, questo è un presupposto di valore estremamente forte.

Che cosa significa ? che anche se legalmente un privato non è obbligato ad accettare un bonifico, cioè il trasferimento a suo favore di un deposito bancario, in pratica non si farà problemi, perché ha la garanzia di poterlo utilizzare per pagare tasse.

Il presupposto su cui si regge il progetto Moneta Fiscale è proprio che lo Stato può dare valore a un titolo accettandolo in pagamento di obbligazioni d’imposta, anche nel contesto dell’Eurozona.

Se si utilizza la Moneta Fiscale, lo Stato si riappropria, a tutti gli effetti pratici, della sovranità monetaria, anche se si continua a usare l’euro come moneta legale.

L’emissione di moneta legale (cioè di euro sotto forma banconote e monete metalliche) non spetta allo Stato e può essere effettuata solo dalla BCE (o su sua autorizzazione). Ma se lo Stato emette Moneta Fiscale, il monopolio BCE di emissione della moneta legale diventa irrilevante.

mercoledì 24 settembre 2025

Declino europeo: quello che non viene capito

 

L’Europa è in perdita di peso vertiginosa nel contesto mondiale. Conta sempre di meno a livello politico, economico, militare.

Una parte importante del problema è l’economia. La quota europea del PIL mondiale è scesa drasticamente da un quarto di secolo a questa parte. E la ragione non è (solo) l’ascesa di grandi nazioni che erano, fino alla fine degli anni Novanta, rimaste ai margini dello sviluppo, quali Cina e India. Il loro emergere non ha impedito agli USA di mantenere inalterato il loro peso e la loro influenza. 

Il declino economico europeo è in larghissima misura attribuibile a una convinzione completamente errata, che influenza però in modo determinante le politiche sviluppate dai vari paesi, soprattutto quelli sottoposti alle “prescrizioni” UE.

La convinzione, cioè, che il deficit di bilancio pubblico sia un impoverimento del paese, e che quindi vada il più possibile contenuto, limitato, possibilmente azzerato.

Non c’è nulla di vero in questa convinzione. Un eccesso di spesa pubblica rispetto al gettito fiscale implica più potere d’acquisto, più soldi, in circolazione nel settore privato. Più soldi in circolazione non impoveriscono nessuno, e anzi è perfettamente normale, anzi necessario, che in un’economia che si sviluppa la circolazione di attività finanziaria si incrementi.

Questo non viene capito dalla maggioranza della popolazione. Economisti a parte, non viene compreso neanche da molti analisti e commentatori in materia di geopolitica, che sento dissertare, dicendo cose anche interessanti, sul ruolo dell’Europa nello scenario mondiale, per poi uscirsene con insensatezze tipo “la Germania garantisce il debito dell’Italia” oppure “l’euro grazie ai bassi tassi d’interesse per alcuni anni ha consentito all’Europa di crescere nonostante il debito pubblico”.

Se fossi un complottista penserei che queste convinzioni sballate siano alimentate da un qualche tipo di propaganda. Per esempio di fonte USA, visto che le menti pensanti statunitensi (ce ne sono) capiscono benissimo l’assurdità di queste affermazioni.

Ma non sono un complottista, e a un disegno USA per tenere in soggezione l’Europa con questi metodi non credo.

Gli europei sono specialisti nel farsi male da soli.

 

domenica 21 settembre 2025

giovedì 18 settembre 2025

Economia o anarchia ?

 

Leggo un tweet (si chiamano ancora così dopo che Twitter è diventato X ?) dell’Istituto Bruno Leoni:

“Potremmo definire l’economia come la scienza che studia l’utilizzo delle risorse scarse per fini alternativi.

In un’economia non libera è l’interferenza dell’azione governativa a determinare le scelte”.

La prima parte del tweet è interessante e anche condivisibile. Implica però un concetto basilare della MMT, scuola di pensiero economico che non credo goda delle simpatie di un’associazione liberal-liberista come l’IBL.

Implica che l’identificazione delle risorse scarse è basilare per l’analisi economica; e la moneta non è una risorsa scarsa. Può essere prodotta in quantità indefinita. L’inflazione è la conseguenza di un eccesso di mobilitazione delle risorse realmente scarse (RRS): che sono lavoro, impianti, energia, materie prime. Non la moneta. La creazione di moneta non è intrinsecamente inflattiva. Lo è se produce l’eccesso di mobilitazione delle RRS.

La seconda parte del tweet è curiosa. Vero, l’azione governativa contribuisce a determinare le scelte. Ma tutte le economie dove esiste un’azione governativa, cioè dove esiste un governo, sono forse “economie non libere” ?

Se all’IBL pensano questo, non sono liberal-liberisti.

Sono anarchici puri.

lunedì 15 settembre 2025

Un chiarimento

 

A proposito dell’ultimo post: ho scritto “chi crede in buona fede al progetto di integrazione politica europea dovrebbe essere in prima fila nel sostenere l’introduzione delle Monete Fiscali nazionali.”

Come ho detto in risposta a un commento di Lidia Riboli, NON è vero il contrario. NON è vero che chi NON crede al progetto di integrazione politica dovrebbe osteggiare la Moneta Fiscale.

L’euro è un pessimo progetto. Introdurlo è stato un catastrofico errore. Ma la Moneta Fiscale, anzi le Monete Fiscali nazionali, sono la via di gran lunga più pratica, più agevole, più percorribile, per superarne le disfunzioni.

Si può essere europeisti o meno (e ovviamente io faccio parte del “meno”). Ma è oggettivo che in questo momento (momento che dura da un quarto di secolo) siamo vittime di un meccanismo sbagliato nell’impostazione e perverso nelle conseguenze. Va ricercata e percorsa la strada più plausibile per superare il problema.

Su questo – SE non si hanno secondi fini – è inevitabile concordare.

domenica 14 settembre 2025

Malafede eurista

 

Chi crede in buona fede al progetto di integrazione politica europea dovrebbe essere in prima fila nel sostenere l’introduzione delle Monete Fiscali nazionali. Sono il modo per dare agli Stati la possibilità di attuare politiche fiscali espansive senza incrementare il debito pubblico da rimborsare in euro, quello che non si accetta di condividere né di garantire incondizionatamente da parte della BCE.

Invece la Moneta Fiscale italiana, introdotta con in Superbonus 110%, è stata violentemente osteggiata dall’establishment eurista / europeista, e alla fine eliminata. Nonostante funzionasse. PROPRIO perché funzionava.

Difficile a questo punto ipotizzare qualcosa di diverso dalla malafede riguardo agli euristi che parlano di risolvere le disfunzioni dell’eurosistema. Risolvere le disfunzioni non interessa. O quantomeno, è un obiettivo del tutto secondario.

L’obiettivo di gran lunga primario è togliere potere agli Stati e centralizzarlo sull’asse Bruxelles – Francoforte. Se poi il risultato è creare problemi e non risolverli mai, questo è considerato un effetto collaterale spiacevole ma accettabile.

sabato 13 settembre 2025

Scegliere tra inflazione e disoccupazione ?

 

Esiste un trade-off tra inflazione e disoccupazione ? veramente per abbassare una bisogna alzare l’altra ?

In realtà, a gestione corretta delle variabili macroeconomiche, no. Un eccesso di domanda che innesca conseguenze indesiderate sui prezzi equivale a dire che si sta spingendo il sistema economico a livelli superiori alla piena occupazione, quindi la domanda può essere “raffreddata” senza impatti sensibili sui livelli di impiego della forza lavoro. 

E se invece l’inflazione deriva da shock dal lato dei costi, ad esempio delle materie prime, la strategia corretta non è abbattere la domanda: è tamponare l’inflazione abbassando imposte indirette, quali ad esempio IVA e accise.

Questo a gestione corretta. Solo che il mondo non è ideale, e la gestione della macroeconomia, come di qualsiasi altra cosa, non è sempre corretta, precisa, cronometrica, impeccabile.

Però anche in un mondo non ideale, va sempre ricordato che la disoccupazione è molto più nociva dell’inflazione.

La disoccupazione è un dramma per chi la vive. Un’inflazione al 4% invece che al 2% è un fattore di modesto disordine del sistema economico, ha alcuni effetti redistributivi non gradevoli, ma certamente non è un dramma.

E’ un dramma solo se diventa estrema, se raggiunge livelli a tre, a quattro, a enne cifre. Ma questo avviene solo in circostanze estreme, non solo per un po’ di eccesso di domanda.

E’ fuori luogo citare Weimar. Per accadimenti di quel genere, serve aver perso una guerra mondiale, avere subito riparazioni di guerra pari a un multiplo del PIL, vedersi occupare una porzione del territorio in cui si concentra il 30% della produzione industriale e il 50% delle risorse minerarie.

La piena occupazione è compatibile con un’inflazione bassa e stabile. Ma se c’è da scegliere, la piena occupazione è, deve essere, l’obiettivo primario.

mercoledì 10 settembre 2025

L’eurista che voleva diventare alto

 

Una classica argomentazione a supporto della decisione italiana di utilizzare l’euro, o per dirla diversamente di entrare nell’eurosistema, si sintetizza come segue.

I paesi economicamente forti hanno una moneta forte. L’euro è una moneta più forte della lira. Quindi era necessario che l’Italia entrasse nell’euro per rafforzare la sua economia.

La definirei un’inversione del nesso causa-effetto.

Per chiarire meglio, lasciatemi menzionare l’esperienza di un mio amico immaginario, chiamiamolo Alfredo.

Alfredo non è molto alto di statura. Per carità non lavora in un circo, ma è alto 1,70.

Un giorno ha deciso che gli sarebbe piaciuto essere due metri.

Siccome è una persona analitica e scrupolosa, si è informato e ha scoperto che le persone alte due metri portano mediamente il 49 di scarpe, mentre lui calzava il 41.

Detto fatto, si è comprato un paio di scarpe numero 49.

Sapete cosa ? se le è infilate, si è misurato l’altezza, e ha scoperto di essere ancora alto 1,70.

Però qualcosa era cambiato.

Era cambiato che non riusciva più a camminare.

Alfredo, dicevo, è un amico immaginario. Chi potrebbe essere così tontolone da ragionare in quel modo ?

Beh, che cosa diciamo però degli euristi a cui è sfuggito che l’economia forte implica una moneta forte, ma il viceversa non funziona ?

La moneta forte (non tua) che usi (ma non emetti, e non gestisci) non rende la tua economia forte.

La fa solo inciampare.

lunedì 8 settembre 2025

L’assurda austerità francese

 

Oggi sapremo se il governo francese regge o viene sfiduciato. Qualunque cosa succeda, è bene integrare le considerazioni dell'ultimo post con un ulteriore dato.

Si è visto che la motivazione di “mettere sotto controllo il debito pubblico” è infondata e pretestuosa. Una manovra restrittiva manderebbe l’economia in recessione e con ogni probabilità PEGGIOREREBBE il rapporto debito pubblico / PIL. Vedi Italia 2011.

Altrettanto infondata è la spiegazione secondo la quale la Francia ha bisogno di ridimensionare il debito privato a causa di presunti, eccessivi livelli di saldi commerciali esteri e di posizione finanziaria internazionale. Per due ragioni: queste variabili non si trovano a livelli preoccupanti, e in ogni caso i problemi di debito privato, anch’essi, si aggravano se viene attuata una manovra fortemente restrittiva. Motivo ? esplodono le insolvenze di aziende e di privati. Anche qui, vedi Italia post 2011.

L’unica ragione sensata per fare austerità in Francia sarebbe un livello troppo elevato di inflazione, purché causata da eccesso di domanda aggregata.

Ma a quanto si attesta l’inflazione in Francia ? all’1%.

L’austerità che si cerca di imporre alla Francia è un pretesto, o se vogliamo una leva, per ottenere altri risultati. Attacco ai diritti, ai redditi, allo stato sociale. Crescita delle diseguaglianze.

Vediamo se passa. Spero e credo di no.

mercoledì 27 agosto 2025

Francia, ma che crisi è ?

 

La Francia è in una situazione di forte instabilità politica. Il governo Bayrou, che non ha a sua disposizione una maggioranza parlamentare, sta cercando di far approvare una manovra fiscale restrittiva invisa sia alle destre che alle sinistre. La sua sopravvivenza è in forte dubbio, e ci si chiede se la stessa presidenza Macron potrà raggiungere la scadenza naturale (che è il 2027).

La spiegazione diciamo così “ufficiale” è che siamo in presenza di un problema di finanza pubblica. Sappiamo, dall’orribile esperienza italiana del 2011, che questo è una scusa dietro cui si nascondono altre finalità. Imporre austerità aggrava la situazione dell’economia e non risolve il problema degli alti livelli di debito pubblico (116% del PIL a fine 2025 in Francia, secondo le ultime previsioni FMI – World Economic Outlook Aprile 2024.).

Problema, è quasi superfluo ripeterlo, che è inventato dal nulla. Il rischio di solvibilità del debito pubblico non esisterebbe se la Francia non avesse adottato l’euro, e nella misura in cui è reale si risolve istantaneamente se (ma solo se) la BCE (presieduta oggi da una francese, come nel 2012 lo era da un italiano…) reitera il whatever it takes draghiano. 

Non mi convince però neanche una diffusa interpretazione alternativa, secondo la quale imporre austerità in Francia serve a tamponare un problema di debito estero privato, che nascerebbe da forti deficit commerciali. Il già citato WEO FMI prevede in effetti per il 2025 un saldo delle partite correnti francesi positivo, sia pure marginalmente, per lo 0,2% del PIL. E la Net International Investment Position francese a fine 2024, informa Eurostat, è negativa ma per il 20,2% del PIL: che non è uno squilibrio pesante (si avvicinava al 30% in Italia nel 2011).

Inoltre non è affatto vero che un problema di debito privato si risolva con una manovra fiscale restrittiva. L’austerità, certo, spingerebbe la Francia in surplus commerciale; ma produrrebbe disoccupazione e fallimenti aziendali. Famiglie e imprese indebitate in uno scenario del genere vedrebbero le insolvenze aumentare, non viceversa (vedi anche in questo caso l’esperienza italiana negli anni immediatamente successivi al 2011).

Quindi ?

Quindi, l’austerità non è la soluzione di problemi (inventati o inesistenti) né di debito pubblico né di debito privato.

L’austerità serve a quello a cui è sempre servita: attaccare il welfare, aumentare le diseguaglianze, comprimere redditi e diritti delle fasce sociali deboli.

E’ la storia di sempre. La finanza pubblica è una scusa, e le spiegazioni alternative sono fuori strada.

 

martedì 26 agosto 2025

Che cosa tiene in piedi il baraccone

 

Per approfondire il tema dell'ultimo post: se nessuno è in grado di spiegare sensatamente a che cosa dovrebbe servire l’integrazione politica europea e (tema connesso) l’Unione Europea, che dovrebbe esserne il prodromo, è anche legittimo chiedersi perché la UE nel frattempo continui a esistere (e a fare danni).

Vilfredo Pareto probabilmente chiamerebbe in causa “la persistenza degli aggregati” cioè l’inerzia che tende a mantenere in essere le istituzioni e le strutture sociali, anche dopo che se ne è ampiamente constatata l’inutilità e anzi la nocività. 

Ma penso che si possa affermare qualcosa di più specifico.

Il baraccone, cioè la UE, resta in piedi perché ha acquisito una capacità di influenzare le decisioni politiche dei paesi membri che una serie di gruppi di potere riescono a manovrare a loro vantaggio.

E chi ha questa capacità di manovra ovviamente conta di più, a priori e a maggior ragione a posteriori, di chi non ne ha.

La UE è uno strumento che gli stati membri grandi utilizzano a loro vantaggio più dei piccoli; le nazioni con un establishment compatto e coeso più di quelle con una classe dirigente frazionata e litigiosa; le grandi istituzioni finanziarie più di quelle di minori dimensioni; le grandi aziende più delle PMI.

Esiste quindi un ampio ventaglio di interessi specifici che almeno fino a oggi valutano di poter ricavare vantaggi propri; vantaggi per loro pesano in positivo più delle pesantissime disfunzioni del sistema.

Il saldo netto è pesantemente negativo, ma la distribuzione di danni e benefici è fortemente asimmetrica.

Durerà all’infinito questa situazione ? no, perché le disfunzioni sono sempre più difficili da giustificare e da tollerare.

Però i tempi in cui il baraccone collasserà, o si affloscerà su se stesso, sono imprevedibili.

 

domenica 24 agosto 2025

Quello che Draghi non spiega

 

Puntuale come un temporale post ferragostano, è arrivato l’intervento di Mario Draghi al Meeting di Rimini, dove ha detto quello che ormai da tempo ripete ogni volta che entra in tema.

L’”Europa” non funziona. E’ irrilevante politicamente e sempre meno importante economicamente. “Quindi” è URGENTISSIMO, VITALE raddoppiare, triplicare, decuplicare gli sforzi per uscire dall’impasse. Europa o morte, sempre di più.

Quello che Draghi non spiega MAI è per quale ragione dovrebbe essere imprescindibile, o necessario, o quantomeno utile, fondere un certo di numero di stati in un’entità politica di dimensione maggiore.

Nel resto del mondo non lo sta facendo NESSUNO. Chi è grande a volte è efficace nel perseguire i propri interessi, a volte no. Chi è piccolo pure. Ma nessuno sta rinunciando alla propria identità nazionale.

Perché lo debbano fare 27 stati che hanno in comune (più o meno) la contiguità territoriale, ma non la lingua, non gli interessi economici, non gli stili di vita, non il carattere delle popolazioni, questo proprio nessuno l’ha spiegato in modo sensato.

Poi, se l’integrazione avesse dato risultati mirabolanti, o quantomeno significativamente positivi, la giustificazione starebbe nel risultato.

Ma è vero il contrario, e lo dice Draghi per primo.

L’unica azione sensata è smontare il baraccone. Il prima possibile.

 

 

sabato 23 agosto 2025

Conversare con convinzione

 

Caro compagno Claudio, che cosa ci costringe ? Chiacchierare con chiunque ? Conversare comporta concentrazione. Condividere cavillosi concetti con certe controparti crea considerevoli cefalee. Chiaro che con Carlo, commilitone colto, ci compiacciamo. Con Camillo ? Considero corretto chiudere cortesemente conversazione.

martedì 19 agosto 2025

Storiella semiseria scrivesi

Sottotitolo: Sermone solenne

Sotto Sua Santita' Sisto Sacerdote Sommo si segnalo' singolarmente Silvio Sassetti, senese. Salmista stimato, serio, studioso, scienziato sapiente, schiari' splendidamente scibili sconosciuti, sproloquio' spietatamente sul suo secolo, stigmatizzandolo severamente. Storico saggio, sicuro, solerte, signoreggio' sugli sciocchi seccatori, sagacemente sprezzandoli. Sebbene senza sane supposizioni stranamente spregiato, stette saldo, si serbo' sempre suddito sottomesso, sopportando saviamente stupide satire sleali, segretamente stampate. Sorvolando sugli scemi sentimentalismi settari scrisse, stigmatizzandoli, sedici studi storici sapientemente semplici, sereni, scultorei. Sublime, si sacrifico' soccorrendo secondo suoi sinceri sentimenti sociali. Strapazzatosi si stremo', subiti sette salassi senza sentirne sollievo, sfinito, sul scendere serotino salmodiando santamente spiro'.


sabato 16 agosto 2025

Vi hanno raccontato che il deficit pubblico è brutto

 

Vi hanno raccontato che il deficit pubblico è un problema. Che va ridotto. Che è un pericolo. Che lo Stato rischia di finire i soldi.

Non vi hanno invece detto che:

Quando lo Stato spende più di quanto preleva, il settore privato dell’economia aumenta il suo potere d’acquisto.

Quando lo Stato spende più di quanto preleva, il settore privato dell’economia incrementa i mezzi finanziari in suo possesso, quindi il suo risparmio finanziario.

E l’incremento di risparmio finanziario è permanente, anche se i soldi ricevuti dal settore privato tramite il deficit dello Stato vengono spesi. Perché la spesa trasferisce risorse finanziarie da un soggetto a un altro, ma sempre nell’ambito del settore privato.

Vi hanno raccontato una cosa che sembra ovvia e naturale.

E invece è una BUGIA ENORME. Una delle più grandi menzogne mai raccontate.

martedì 12 agosto 2025

Chiarimenti sull’effetto espansivo del deficit pubblico

 

Conversando con Giovanni Piva, mi sono reso conto della necessità di chiarire alcune cose in merito all’effetto espansivo del deficit pubblico e a come questo effetto (non) vari in funzione di come viene “finanziato”.

Deficit pubblico significa che lo Stato spende più di quanto preleva con le tasse. Quindi immette moneta nell’economia. Questo è (dovrebbe essere ?) chiaro a chiunque.

Tuttavia, se contestualmente lo Stato emette titoli per “finanziare il deficit”, la moneta immessa viene ritirata e quindi l’effetto espansivo sparisce. Giusto ?

NO.

Lo Stato quando spende, spende MONETA. Quella entra nell’economia.

E se lo Stato spende per stipendi pubblici o per investimenti, IMMEDIATAMENTE genera PIL. La moneta passa di mano (arrivando al dipendente pubblico o al fornitore delle opere pubbliche) che si ritrovano con un incremento del loro risparmio finanziario.

Se viene loro offerta una forma di impiego sotto forma di titoli di Stato, sono di solito interessati ad utilizzarla. Ma l’effetto espansivo sul PIL SI E’ COMUNQUE GIA’ VERIFICATO.

NON è affatto vero che “l’effetto espansivo svanisce perché la moneta precedentemente emessa viene ritirata”.

OK, obietta qualcuno, ma se invece il deficit alimenta trasferimenti (esempio, pensioni) o riduzioni di tasse, che non contribuiscono direttamente al PIL ?

In questo caso l’effetto espansivo avviene per la quota di trasferimenti / riduzioni di tasse che si trasforma in spesa del ricevente, e non in crescita del suo risparmio personale. Una stima plausibile è che l’80% sia spesa e il 20% sia risparmiata.

Bene, su 1.000 euro di deficit 800 verranno spesi, e accresceranno le disponibilità finanziarie dei fornitori di beni e servizi verso cui la spesa si è diretta. I quali saranno poi interessati a utilizzare i titoli di Stato, SE vengono emessi, come strumento di impiego delle LORO accresciute disponibilità finanziarie. I 200 resteranno ai percipienti, i quali a loro volta li impiegheranno – magari in titoli di Stato.

Spero a questo punto sia chiaro che l’effetto espansivo del deficit pubblico deriva dalla quota di deficit che viene SPESA IN BENI E SERVIZI, a prescindere che il deficit pubblico si accompagni all’emissione di titoli di Stato – o meno.

Un altro esempio che forse aiuta a chiarire ulteriormente quanto sopra. Immaginiamo che lo Stato spenda non utilizzando la moneta ma DIRETTAMENTE titoli di Stato. Esempio: assume un insegnante o un infermiere e lo paga in BTP. Non si usa, ma non c’è nulla di tecnicamente impossibile, e neanche di tecnicamente complesso.

L’incremento di PIL è esattamente dello stesso importo rispetto all’eventualità (di gran lunga più comune) di pagarlo in moneta.

E se paghiamo in titoli di Stato una pensione ?

Il pensionato in parte la spende (vendendo prima i BTP) e in parte trattiene i titoli come forma di risparmio.

E da dove viene la domanda per i BTP venduti dal pensionato ?

Dal fatto che la spesa del pensionato in beni e servizi accresce le disponibilità finanziarie del fornitore dei beni e servizi medesimi.

In sintesi: che a fronte del deficit pubblico si emettano titoli di Stato o meno; che la spesa pubblica avvenga in moneta o in titoli; NON CAMBIA NULLA riguardo all’effetto di espansione del PIL.

L’effetto espansivo nasce DA UN’ALTRA COSA: dalla quota di deficit che alimenta, direttamente o indirettamente, la spesa in beni e servizi.

E l’emissione di titoli di Stato non vanifica nulla dell’effetto espansivo perché “la moneta precedentemente emessa viene ritirata”.

Conta la maggior disponibilità di potere d’acquisto a disposizione dell’economia (che il deficit automaticamente incrementa, sia che vengano sia che non vengano emessi titoli) e la propensione a spendere questo potere d’acquisto.

 

mercoledì 6 agosto 2025

Ponte sullo Stretto ?

 

Leggo che l’inaugurazione del ponte sullo stretto di Messina è stata programmata per il 2032.

Segnatevi questa previsione (in fondo mancano solo sette anni, con un po’ di fortuna saremo in circolazione per controllare).

Un’altra opera in programmazione, sempre con fine lavori 2032, è la metropolitana a Monza sotto casa mia.

Delle due, forse ce ne sarà una.

Forse.

E non sarà il ponte.

domenica 3 agosto 2025

Cosa vogliono i sovranisti (segue)

 

Per tornare sul tema dell'ultimo post: i sovranisti desiderano appartenere a un’entità politica che si autodetermina democraticamente.

Che cosa significa ?

Significa che non delega le sue decisioni a entità esterne, e le affida invece a organismi eletti, e rimuovibili nel momento in cui l’elettorato valuti negativamente il loro comportamento.

La UE non è nulla di tutto questo. Limita e idealmente vorrebbe azzerare gli spazi di controllo democratico, sulla base del presupposto (inaccettabile e comunque costantemente smentito dalla realtà) che gli elettorati non siano in grado di decidere cosa sia opportuno per se stessi, e che una burocrazia tecnocratica sia invece in grado di farlo al meglio.

Questo è la UE, e questo è il motivo per cui ne auspico la sparizione.

 

venerdì 1 agosto 2025

Cosa vogliono i sovranisti

 

Un po’ a sorpresa, l’accordo USA-UE sui dazi è stato criticato soprattutto dagli europeisti. Forse perché hanno visto smentito (una volta di più) il dogma che l’Europona gigante ha più forza contrattuale, più potere, più influenza degli staterelli nanetti.

Si sono visti, e questo sorprende di meno, molti di loro commentare cose tipo “voi sovranisti fate barricate contro il trasferimento di poteri a Bruxelles ed ecco i risultati. La UE è debole ed esce male dai negoziati, e voi la attaccate invece di darle più autorità”.

Qui c’è un equivoco evidente.

I sovranisti non si lamentano del fatto che la UE avrebbe potuto condurre meglio i negoziati.

I sovranisti non vogliono una UE che conduce meglio i negoziati.

I sovranisti vogliono un’Europa in cui ogni stato si autodetermina.

I sovranisti NON vogliono che la UE conduca proprio nulla.

I sovranisti NON vogliono la UE.

I sovranisti vogliono che ogni stato persegua autonomamente i propri interessi, rendendone conto al suo elettorato.

Mediante, se del caso e su determinati temi, accordi con altri stati (europei o magari anche no). Ma caso per caso e per ragioni specifiche e adeguatamente meditate e motivate.

I sovranisti non vogliono la UE. Come concetto di principio. Certo, rafforzato dal dato evidente che la UE non risolve i problemi veri, e anzi ne inventa di immaginari, rendendoli reali (e non risolvendoli mai).

 

domenica 27 luglio 2025

Aziende italiane svendute allo straniero ? non proprio

 

L’economia italiana, da Maastricht in poi, ha molti problemi, però di tanto in tanto anzi spesso ci si preoccupa di quelli che non esistono.

Quante volte avete sentito dire che le aziende italiane vengono massicciamente comprate da concorrenti e da investitori stranieri ? Che la nostra economia è ormai ampiamente colonizzata ?

Parecchie, immagino. Ma poi se si vanno a guardare i dati (pagine 17 e 18 qui, fonte Bankitalia) si scopre che gli investimenti diretti italiani all’estero erano, al 31 marzo 2025, stimati pari a 596 miliardi di euro; gli investimenti diretti esteri in Italia ammontavano invece a 445 miliardi. Saldo positivo per oltre 150 miliardi, quindi.

Siamo in presenza di quella che definirei un’illusione ottica. Quando uno straniero compra in Italia, l’oggetto della transazione è conosciuto. Quando un italiano compra all’estero, spesso si tratta di qualcosa che nessuno qui ha mai sentito nominare. Salvo casi particolarmente noti tipo Ferrero con Kellog’s: ma sono eccezioni.

Semplicemente, conosciamo meglio le cose nostre che quelle estere: ma non è provincialismo, sicuramente la stessa situazione si verifica in qualsiasi altro paese. E’ la normalità.

Le aziende italiane all’estero, a comprare, ci vanno. Spesso e volentieri, e più frequentemente di quanto avvenga il contrario.

 

mercoledì 23 luglio 2025

Il novanta per cento non capisce ?

 

Un altro, ennesimo luogo comune: “il 90% delle persone non capisce quello che non va, lì sta il problema”.

No, il 90% è probabilmente una stima eccessiva.

Penso che la consapevolezza dei meccanismi di manipolazione sia più alta del 10%. Ad esempio, riguardo alle bugie che si raccontano sull’euro e sul debito pubblico.

Il problema non è quello.

Il problema è che qualcuno effettivamente non capisce, qualcuno non sa che farci, qualcuno non pensa nemmeno che sia possibile farci qualcosa, qualcun altro ancora è semplicemente troppo impegnato a seguire i fatti suoi (e a evitare che escano di controllo).

E così le cose vanno avanti. Per inerzia. Nella direzione sbagliata, ma è una direzione molto difficile da modificare.

Non impossibile, beninteso. Ma i tempi sono lunghi e incerti.