domenica 5 ottobre 2025

Il deficit pubblico non impoverisce

 

Molti sembrano ritenere che il deficit pubblico impoverisca il paese, apparentemente perché assimilano il bilancio dello Stato a quello di un’azienda, o anche ai conti di una famiglia.

Se gli incassi di una società sono inferiori ai costi, la società perde soldi ed erode il suo patrimonio, giusto ?

Se le spese di una famiglia superano i redditi, la famiglia si indebita, o si mangia il risparmio di cui dispone, no ?

Beh per uno Stato, per un paese, per un'entità nazionale, funziona diversamente.

Ogni centesimo di eccesso di spesa pubblica rispetto agli incassi fiscali corrisponde a un centesimo di soldi immessi nel settore privato dell’economia.

Il settore privato, e quindi il paese nel suo complesso, non si impoverisce a causa del deficit pubblico. Anzi: lo arricchisce, se il maggior potere d’acquisto in circolazione stimola maggiore produzione di beni e di servizi.

Dovrebbe essere ovvio. Ma la falsa analogia tra bilancio pubblico e bilanci privati manda ancora in confusione troppe persone.

sabato 4 ottobre 2025

Indipendenza: magistratura e banca centrale

 

Sento dire che l’indipendenza dal potere politico dell’istituto di emissione monetaria è necessaria “così come lo è l’indipendenza della magistratura”. Ma è una posizione alquanto opinabile.

La magistratura deve essere indipendente nel senso che le sentenze non devono essere formulate sulla base di ordini governativi. Ma devono conformarsi a leggi approvate dal parlamento. Devono essere strettamente applicative. Il principio della subordinazione dell’attività giudiziaria a un organo espressione della sovranità popolare – il parlamento – è rispettato.

Se l’istituto di emissione è indipendente dal governo e dal parlamento, nasce un vincolo alla formulazione della politica economica, non solo monetaria ma anche fiscale – perché l’istituto di emissione può, a quel punto, condizionare le politiche di spesa, tassazione e deficit. Nasce un vincolo che ha tutti presupposti per risultare estremamente stringente.

In democrazia, l’elettorato è sovrano, il governo opera se e solo se ha la fiducia del parlamento, e tutti gli altri organismi pubblici gli sono subordinati. L’ho detto e scritto non so quante volte: se si perora la causa dell’indipendenza dell’istituto di emissione, si nega la democrazia rappresentativa. E anche la sovranità dello Stato.

giovedì 2 ottobre 2025

Moneta: Valore legale e accettazione fiscale

 

Da alcuni scambi di opinioni con Giovanni Piva è emerso un tema che vale la pena di chiarire e ribadire una volta di più.

Quello che dà valore alla moneta non è il suo cosiddetto “valore legale”.

Valore legale significa che nel territorio dello Stato qualsiasi obbligazione finanziaria denominata nella moneta ufficiale del paese può essere estinta consegnando il corrispondente quantitativo della moneta medesima.

Ma per “moneta” s’intendono, nel caso specifico, solo banconote e monete metalliche. Un assegno o un bonifico bancario non hanno valore legale in quanto rappresentano un trasferimento di depositi: e i depositi bancari sono crediti nei confronti di un istituto. Che si impegna a consegnare al titolare un pari quantitativo di moneta legale, ma potrebbe anche rivelarsi insolvente, e quindi venir meno al suo impegno.

Per dare valore alla moneta, è molto più importante l’accettazione da parte dello Stato per estinguere le obbligazioni fiscali. Lo Stato intermedia, sotto forma di prelievo fiscale, quasi la metà del PIL. Se lo Stato accetta un bonifico bancario in pagamento di IVA o IRPEF, questo è un presupposto di valore estremamente forte.

Che cosa significa ? che anche se legalmente un privato non è obbligato ad accettare un bonifico, cioè il trasferimento a suo favore di un deposito bancario, in pratica non si farà problemi, perché ha la garanzia di poterlo utilizzare per pagare tasse.

Il presupposto su cui si regge il progetto Moneta Fiscale è proprio che lo Stato può dare valore a un titolo accettandolo in pagamento di obbligazioni d’imposta, anche nel contesto dell’Eurozona.

Se si utilizza la Moneta Fiscale, lo Stato si riappropria, a tutti gli effetti pratici, della sovranità monetaria, anche se si continua a usare l’euro come moneta legale.

L’emissione di moneta legale (cioè di euro sotto forma banconote e monete metalliche) non spetta allo Stato e può essere effettuata solo dalla BCE (o su sua autorizzazione). Ma se lo Stato emette Moneta Fiscale, il monopolio BCE di emissione della moneta legale diventa irrilevante.

mercoledì 24 settembre 2025

Declino europeo: quello che non viene capito

 

L’Europa è in perdita di peso vertiginosa nel contesto mondiale. Conta sempre di meno a livello politico, economico, militare.

Una parte importante del problema è l’economia. La quota europea del PIL mondiale è scesa drasticamente da un quarto di secolo a questa parte. E la ragione non è (solo) l’ascesa di grandi nazioni che erano, fino alla fine degli anni Novanta, rimaste ai margini dello sviluppo, quali Cina e India. Il loro emergere non ha impedito agli USA di mantenere inalterato il loro peso e la loro influenza. 

Il declino economico europeo è in larghissima misura attribuibile a una convinzione completamente errata, che influenza però in modo determinante le politiche sviluppate dai vari paesi, soprattutto quelli sottoposti alle “prescrizioni” UE.

La convinzione, cioè, che il deficit di bilancio pubblico sia un impoverimento del paese, e che quindi vada il più possibile contenuto, limitato, possibilmente azzerato.

Non c’è nulla di vero in questa convinzione. Un eccesso di spesa pubblica rispetto al gettito fiscale implica più potere d’acquisto, più soldi, in circolazione nel settore privato. Più soldi in circolazione non impoveriscono nessuno, e anzi è perfettamente normale, anzi necessario, che in un’economia che si sviluppa la circolazione di attività finanziaria si incrementi.

Questo non viene capito dalla maggioranza della popolazione. Economisti a parte, non viene compreso neanche da molti analisti e commentatori in materia di geopolitica, che sento dissertare, dicendo cose anche interessanti, sul ruolo dell’Europa nello scenario mondiale, per poi uscirsene con insensatezze tipo “la Germania garantisce il debito dell’Italia” oppure “l’euro grazie ai bassi tassi d’interesse per alcuni anni ha consentito all’Europa di crescere nonostante il debito pubblico”.

Se fossi un complottista penserei che queste convinzioni sballate siano alimentate da un qualche tipo di propaganda. Per esempio di fonte USA, visto che le menti pensanti statunitensi (ce ne sono) capiscono benissimo l’assurdità di queste affermazioni.

Ma non sono un complottista, e a un disegno USA per tenere in soggezione l’Europa con questi metodi non credo.

Gli europei sono specialisti nel farsi male da soli.

 

domenica 21 settembre 2025

giovedì 18 settembre 2025

Economia o anarchia ?

 

Leggo un tweet (si chiamano ancora così dopo che Twitter è diventato X ?) dell’Istituto Bruno Leoni:

“Potremmo definire l’economia come la scienza che studia l’utilizzo delle risorse scarse per fini alternativi.

In un’economia non libera è l’interferenza dell’azione governativa a determinare le scelte”.

La prima parte del tweet è interessante e anche condivisibile. Implica però un concetto basilare della MMT, scuola di pensiero economico che non credo goda delle simpatie di un’associazione liberal-liberista come l’IBL.

Implica che l’identificazione delle risorse scarse è basilare per l’analisi economica; e la moneta non è una risorsa scarsa. Può essere prodotta in quantità indefinita. L’inflazione è la conseguenza di un eccesso di mobilitazione delle risorse realmente scarse (RRS): che sono lavoro, impianti, energia, materie prime. Non la moneta. La creazione di moneta non è intrinsecamente inflattiva. Lo è se produce l’eccesso di mobilitazione delle RRS.

La seconda parte del tweet è curiosa. Vero, l’azione governativa contribuisce a determinare le scelte. Ma tutte le economie dove esiste un’azione governativa, cioè dove esiste un governo, sono forse “economie non libere” ?

Se all’IBL pensano questo, non sono liberal-liberisti.

Sono anarchici puri.

lunedì 15 settembre 2025

Un chiarimento

 

A proposito dell’ultimo post: ho scritto “chi crede in buona fede al progetto di integrazione politica europea dovrebbe essere in prima fila nel sostenere l’introduzione delle Monete Fiscali nazionali.”

Come ho detto in risposta a un commento di Lidia Riboli, NON è vero il contrario. NON è vero che chi NON crede al progetto di integrazione politica dovrebbe osteggiare la Moneta Fiscale.

L’euro è un pessimo progetto. Introdurlo è stato un catastrofico errore. Ma la Moneta Fiscale, anzi le Monete Fiscali nazionali, sono la via di gran lunga più pratica, più agevole, più percorribile, per superarne le disfunzioni.

Si può essere europeisti o meno (e ovviamente io faccio parte del “meno”). Ma è oggettivo che in questo momento (momento che dura da un quarto di secolo) siamo vittime di un meccanismo sbagliato nell’impostazione e perverso nelle conseguenze. Va ricercata e percorsa la strada più plausibile per superare il problema.

Su questo – SE non si hanno secondi fini – è inevitabile concordare.

domenica 14 settembre 2025

Malafede eurista

 

Chi crede in buona fede al progetto di integrazione politica europea dovrebbe essere in prima fila nel sostenere l’introduzione delle Monete Fiscali nazionali. Sono il modo per dare agli Stati la possibilità di attuare politiche fiscali espansive senza incrementare il debito pubblico da rimborsare in euro, quello che non si accetta di condividere né di garantire incondizionatamente da parte della BCE.

Invece la Moneta Fiscale italiana, introdotta con in Superbonus 110%, è stata violentemente osteggiata dall’establishment eurista / europeista, e alla fine eliminata. Nonostante funzionasse. PROPRIO perché funzionava.

Difficile a questo punto ipotizzare qualcosa di diverso dalla malafede riguardo agli euristi che parlano di risolvere le disfunzioni dell’eurosistema. Risolvere le disfunzioni non interessa. O quantomeno, è un obiettivo del tutto secondario.

L’obiettivo di gran lunga primario è togliere potere agli Stati e centralizzarlo sull’asse Bruxelles – Francoforte. Se poi il risultato è creare problemi e non risolverli mai, questo è considerato un effetto collaterale spiacevole ma accettabile.

sabato 13 settembre 2025

Scegliere tra inflazione e disoccupazione ?

 

Esiste un trade-off tra inflazione e disoccupazione ? veramente per abbassare una bisogna alzare l’altra ?

In realtà, a gestione corretta delle variabili macroeconomiche, no. Un eccesso di domanda che innesca conseguenze indesiderate sui prezzi equivale a dire che si sta spingendo il sistema economico a livelli superiori alla piena occupazione, quindi la domanda può essere “raffreddata” senza impatti sensibili sui livelli di impiego della forza lavoro. 

E se invece l’inflazione deriva da shock dal lato dei costi, ad esempio delle materie prime, la strategia corretta non è abbattere la domanda: è tamponare l’inflazione abbassando imposte indirette, quali ad esempio IVA e accise.

Questo a gestione corretta. Solo che il mondo non è ideale, e la gestione della macroeconomia, come di qualsiasi altra cosa, non è sempre corretta, precisa, cronometrica, impeccabile.

Però anche in un mondo non ideale, va sempre ricordato che la disoccupazione è molto più nociva dell’inflazione.

La disoccupazione è un dramma per chi la vive. Un’inflazione al 4% invece che al 2% è un fattore di modesto disordine del sistema economico, ha alcuni effetti redistributivi non gradevoli, ma certamente non è un dramma.

E’ un dramma solo se diventa estrema, se raggiunge livelli a tre, a quattro, a enne cifre. Ma questo avviene solo in circostanze estreme, non solo per un po’ di eccesso di domanda.

E’ fuori luogo citare Weimar. Per accadimenti di quel genere, serve aver perso una guerra mondiale, avere subito riparazioni di guerra pari a un multiplo del PIL, vedersi occupare una porzione del territorio in cui si concentra il 30% della produzione industriale e il 50% delle risorse minerarie.

La piena occupazione è compatibile con un’inflazione bassa e stabile. Ma se c’è da scegliere, la piena occupazione è, deve essere, l’obiettivo primario.

mercoledì 10 settembre 2025

L’eurista che voleva diventare alto

 

Una classica argomentazione a supporto della decisione italiana di utilizzare l’euro, o per dirla diversamente di entrare nell’eurosistema, si sintetizza come segue.

I paesi economicamente forti hanno una moneta forte. L’euro è una moneta più forte della lira. Quindi era necessario che l’Italia entrasse nell’euro per rafforzare la sua economia.

La definirei un’inversione del nesso causa-effetto.

Per chiarire meglio, lasciatemi menzionare l’esperienza di un mio amico immaginario, chiamiamolo Alfredo.

Alfredo non è molto alto di statura. Per carità non lavora in un circo, ma è alto 1,70.

Un giorno ha deciso che gli sarebbe piaciuto essere due metri.

Siccome è una persona analitica e scrupolosa, si è informato e ha scoperto che le persone alte due metri portano mediamente il 49 di scarpe, mentre lui calzava il 41.

Detto fatto, si è comprato un paio di scarpe numero 49.

Sapete cosa ? se le è infilate, si è misurato l’altezza, e ha scoperto di essere ancora alto 1,70.

Però qualcosa era cambiato.

Era cambiato che non riusciva più a camminare.

Alfredo, dicevo, è un amico immaginario. Chi potrebbe essere così tontolone da ragionare in quel modo ?

Beh, che cosa diciamo però degli euristi a cui è sfuggito che l’economia forte implica una moneta forte, ma il viceversa non funziona ?

La moneta forte (non tua) che usi (ma non emetti, e non gestisci) non rende la tua economia forte.

La fa solo inciampare.

lunedì 8 settembre 2025

L’assurda austerità francese

 

Oggi sapremo se il governo francese regge o viene sfiduciato. Qualunque cosa succeda, è bene integrare le considerazioni dell'ultimo post con un ulteriore dato.

Si è visto che la motivazione di “mettere sotto controllo il debito pubblico” è infondata e pretestuosa. Una manovra restrittiva manderebbe l’economia in recessione e con ogni probabilità PEGGIOREREBBE il rapporto debito pubblico / PIL. Vedi Italia 2011.

Altrettanto infondata è la spiegazione secondo la quale la Francia ha bisogno di ridimensionare il debito privato a causa di presunti, eccessivi livelli di saldi commerciali esteri e di posizione finanziaria internazionale. Per due ragioni: queste variabili non si trovano a livelli preoccupanti, e in ogni caso i problemi di debito privato, anch’essi, si aggravano se viene attuata una manovra fortemente restrittiva. Motivo ? esplodono le insolvenze di aziende e di privati. Anche qui, vedi Italia post 2011.

L’unica ragione sensata per fare austerità in Francia sarebbe un livello troppo elevato di inflazione, purché causata da eccesso di domanda aggregata.

Ma a quanto si attesta l’inflazione in Francia ? all’1%.

L’austerità che si cerca di imporre alla Francia è un pretesto, o se vogliamo una leva, per ottenere altri risultati. Attacco ai diritti, ai redditi, allo stato sociale. Crescita delle diseguaglianze.

Vediamo se passa. Spero e credo di no.

mercoledì 27 agosto 2025

Francia, ma che crisi è ?

 

La Francia è in una situazione di forte instabilità politica. Il governo Bayrou, che non ha a sua disposizione una maggioranza parlamentare, sta cercando di far approvare una manovra fiscale restrittiva invisa sia alle destre che alle sinistre. La sua sopravvivenza è in forte dubbio, e ci si chiede se la stessa presidenza Macron potrà raggiungere la scadenza naturale (che è il 2027).

La spiegazione diciamo così “ufficiale” è che siamo in presenza di un problema di finanza pubblica. Sappiamo, dall’orribile esperienza italiana del 2011, che questo è una scusa dietro cui si nascondono altre finalità. Imporre austerità aggrava la situazione dell’economia e non risolve il problema degli alti livelli di debito pubblico (116% del PIL a fine 2025 in Francia, secondo le ultime previsioni FMI – World Economic Outlook Aprile 2024.).

Problema, è quasi superfluo ripeterlo, che è inventato dal nulla. Il rischio di solvibilità del debito pubblico non esisterebbe se la Francia non avesse adottato l’euro, e nella misura in cui è reale si risolve istantaneamente se (ma solo se) la BCE (presieduta oggi da una francese, come nel 2012 lo era da un italiano…) reitera il whatever it takes draghiano. 

Non mi convince però neanche una diffusa interpretazione alternativa, secondo la quale imporre austerità in Francia serve a tamponare un problema di debito estero privato, che nascerebbe da forti deficit commerciali. Il già citato WEO FMI prevede in effetti per il 2025 un saldo delle partite correnti francesi positivo, sia pure marginalmente, per lo 0,2% del PIL. E la Net International Investment Position francese a fine 2024, informa Eurostat, è negativa ma per il 20,2% del PIL: che non è uno squilibrio pesante (si avvicinava al 30% in Italia nel 2011).

Inoltre non è affatto vero che un problema di debito privato si risolva con una manovra fiscale restrittiva. L’austerità, certo, spingerebbe la Francia in surplus commerciale; ma produrrebbe disoccupazione e fallimenti aziendali. Famiglie e imprese indebitate in uno scenario del genere vedrebbero le insolvenze aumentare, non viceversa (vedi anche in questo caso l’esperienza italiana negli anni immediatamente successivi al 2011).

Quindi ?

Quindi, l’austerità non è la soluzione di problemi (inventati o inesistenti) né di debito pubblico né di debito privato.

L’austerità serve a quello a cui è sempre servita: attaccare il welfare, aumentare le diseguaglianze, comprimere redditi e diritti delle fasce sociali deboli.

E’ la storia di sempre. La finanza pubblica è una scusa, e le spiegazioni alternative sono fuori strada.

 

martedì 26 agosto 2025

Che cosa tiene in piedi il baraccone

 

Per approfondire il tema dell'ultimo post: se nessuno è in grado di spiegare sensatamente a che cosa dovrebbe servire l’integrazione politica europea e (tema connesso) l’Unione Europea, che dovrebbe esserne il prodromo, è anche legittimo chiedersi perché la UE nel frattempo continui a esistere (e a fare danni).

Vilfredo Pareto probabilmente chiamerebbe in causa “la persistenza degli aggregati” cioè l’inerzia che tende a mantenere in essere le istituzioni e le strutture sociali, anche dopo che se ne è ampiamente constatata l’inutilità e anzi la nocività. 

Ma penso che si possa affermare qualcosa di più specifico.

Il baraccone, cioè la UE, resta in piedi perché ha acquisito una capacità di influenzare le decisioni politiche dei paesi membri che una serie di gruppi di potere riescono a manovrare a loro vantaggio.

E chi ha questa capacità di manovra ovviamente conta di più, a priori e a maggior ragione a posteriori, di chi non ne ha.

La UE è uno strumento che gli stati membri grandi utilizzano a loro vantaggio più dei piccoli; le nazioni con un establishment compatto e coeso più di quelle con una classe dirigente frazionata e litigiosa; le grandi istituzioni finanziarie più di quelle di minori dimensioni; le grandi aziende più delle PMI.

Esiste quindi un ampio ventaglio di interessi specifici che almeno fino a oggi valutano di poter ricavare vantaggi propri; vantaggi per loro pesano in positivo più delle pesantissime disfunzioni del sistema.

Il saldo netto è pesantemente negativo, ma la distribuzione di danni e benefici è fortemente asimmetrica.

Durerà all’infinito questa situazione ? no, perché le disfunzioni sono sempre più difficili da giustificare e da tollerare.

Però i tempi in cui il baraccone collasserà, o si affloscerà su se stesso, sono imprevedibili.

 

domenica 24 agosto 2025

Quello che Draghi non spiega

 

Puntuale come un temporale post ferragostano, è arrivato l’intervento di Mario Draghi al Meeting di Rimini, dove ha detto quello che ormai da tempo ripete ogni volta che entra in tema.

L’”Europa” non funziona. E’ irrilevante politicamente e sempre meno importante economicamente. “Quindi” è URGENTISSIMO, VITALE raddoppiare, triplicare, decuplicare gli sforzi per uscire dall’impasse. Europa o morte, sempre di più.

Quello che Draghi non spiega MAI è per quale ragione dovrebbe essere imprescindibile, o necessario, o quantomeno utile, fondere un certo di numero di stati in un’entità politica di dimensione maggiore.

Nel resto del mondo non lo sta facendo NESSUNO. Chi è grande a volte è efficace nel perseguire i propri interessi, a volte no. Chi è piccolo pure. Ma nessuno sta rinunciando alla propria identità nazionale.

Perché lo debbano fare 27 stati che hanno in comune (più o meno) la contiguità territoriale, ma non la lingua, non gli interessi economici, non gli stili di vita, non il carattere delle popolazioni, questo proprio nessuno l’ha spiegato in modo sensato.

Poi, se l’integrazione avesse dato risultati mirabolanti, o quantomeno significativamente positivi, la giustificazione starebbe nel risultato.

Ma è vero il contrario, e lo dice Draghi per primo.

L’unica azione sensata è smontare il baraccone. Il prima possibile.

 

 

sabato 23 agosto 2025

Conversare con convinzione

 

Caro compagno Claudio, che cosa ci costringe ? Chiacchierare con chiunque ? Conversare comporta concentrazione. Condividere cavillosi concetti con certe controparti crea considerevoli cefalee. Chiaro che con Carlo, commilitone colto, ci compiacciamo. Con Camillo ? Considero corretto chiudere cortesemente conversazione.

martedì 19 agosto 2025

Storiella semiseria scrivesi

Sottotitolo: Sermone solenne

Sotto Sua Santita' Sisto Sacerdote Sommo si segnalo' singolarmente Silvio Sassetti, senese. Salmista stimato, serio, studioso, scienziato sapiente, schiari' splendidamente scibili sconosciuti, sproloquio' spietatamente sul suo secolo, stigmatizzandolo severamente. Storico saggio, sicuro, solerte, signoreggio' sugli sciocchi seccatori, sagacemente sprezzandoli. Sebbene senza sane supposizioni stranamente spregiato, stette saldo, si serbo' sempre suddito sottomesso, sopportando saviamente stupide satire sleali, segretamente stampate. Sorvolando sugli scemi sentimentalismi settari scrisse, stigmatizzandoli, sedici studi storici sapientemente semplici, sereni, scultorei. Sublime, si sacrifico' soccorrendo secondo suoi sinceri sentimenti sociali. Strapazzatosi si stremo', subiti sette salassi senza sentirne sollievo, sfinito, sul scendere serotino salmodiando santamente spiro'.


sabato 16 agosto 2025

Vi hanno raccontato che il deficit pubblico è brutto

 

Vi hanno raccontato che il deficit pubblico è un problema. Che va ridotto. Che è un pericolo. Che lo Stato rischia di finire i soldi.

Non vi hanno invece detto che:

Quando lo Stato spende più di quanto preleva, il settore privato dell’economia aumenta il suo potere d’acquisto.

Quando lo Stato spende più di quanto preleva, il settore privato dell’economia incrementa i mezzi finanziari in suo possesso, quindi il suo risparmio finanziario.

E l’incremento di risparmio finanziario è permanente, anche se i soldi ricevuti dal settore privato tramite il deficit dello Stato vengono spesi. Perché la spesa trasferisce risorse finanziarie da un soggetto a un altro, ma sempre nell’ambito del settore privato.

Vi hanno raccontato una cosa che sembra ovvia e naturale.

E invece è una BUGIA ENORME. Una delle più grandi menzogne mai raccontate.

martedì 12 agosto 2025

Chiarimenti sull’effetto espansivo del deficit pubblico

 

Conversando con Giovanni Piva, mi sono reso conto della necessità di chiarire alcune cose in merito all’effetto espansivo del deficit pubblico e a come questo effetto (non) vari in funzione di come viene “finanziato”.

Deficit pubblico significa che lo Stato spende più di quanto preleva con le tasse. Quindi immette moneta nell’economia. Questo è (dovrebbe essere ?) chiaro a chiunque.

Tuttavia, se contestualmente lo Stato emette titoli per “finanziare il deficit”, la moneta immessa viene ritirata e quindi l’effetto espansivo sparisce. Giusto ?

NO.

Lo Stato quando spende, spende MONETA. Quella entra nell’economia.

E se lo Stato spende per stipendi pubblici o per investimenti, IMMEDIATAMENTE genera PIL. La moneta passa di mano (arrivando al dipendente pubblico o al fornitore delle opere pubbliche) che si ritrovano con un incremento del loro risparmio finanziario.

Se viene loro offerta una forma di impiego sotto forma di titoli di Stato, sono di solito interessati ad utilizzarla. Ma l’effetto espansivo sul PIL SI E’ COMUNQUE GIA’ VERIFICATO.

NON è affatto vero che “l’effetto espansivo svanisce perché la moneta precedentemente emessa viene ritirata”.

OK, obietta qualcuno, ma se invece il deficit alimenta trasferimenti (esempio, pensioni) o riduzioni di tasse, che non contribuiscono direttamente al PIL ?

In questo caso l’effetto espansivo avviene per la quota di trasferimenti / riduzioni di tasse che si trasforma in spesa del ricevente, e non in crescita del suo risparmio personale. Una stima plausibile è che l’80% sia spesa e il 20% sia risparmiata.

Bene, su 1.000 euro di deficit 800 verranno spesi, e accresceranno le disponibilità finanziarie dei fornitori di beni e servizi verso cui la spesa si è diretta. I quali saranno poi interessati a utilizzare i titoli di Stato, SE vengono emessi, come strumento di impiego delle LORO accresciute disponibilità finanziarie. I 200 resteranno ai percipienti, i quali a loro volta li impiegheranno – magari in titoli di Stato.

Spero a questo punto sia chiaro che l’effetto espansivo del deficit pubblico deriva dalla quota di deficit che viene SPESA IN BENI E SERVIZI, a prescindere che il deficit pubblico si accompagni all’emissione di titoli di Stato – o meno.

Un altro esempio che forse aiuta a chiarire ulteriormente quanto sopra. Immaginiamo che lo Stato spenda non utilizzando la moneta ma DIRETTAMENTE titoli di Stato. Esempio: assume un insegnante o un infermiere e lo paga in BTP. Non si usa, ma non c’è nulla di tecnicamente impossibile, e neanche di tecnicamente complesso.

L’incremento di PIL è esattamente dello stesso importo rispetto all’eventualità (di gran lunga più comune) di pagarlo in moneta.

E se paghiamo in titoli di Stato una pensione ?

Il pensionato in parte la spende (vendendo prima i BTP) e in parte trattiene i titoli come forma di risparmio.

E da dove viene la domanda per i BTP venduti dal pensionato ?

Dal fatto che la spesa del pensionato in beni e servizi accresce le disponibilità finanziarie del fornitore dei beni e servizi medesimi.

In sintesi: che a fronte del deficit pubblico si emettano titoli di Stato o meno; che la spesa pubblica avvenga in moneta o in titoli; NON CAMBIA NULLA riguardo all’effetto di espansione del PIL.

L’effetto espansivo nasce DA UN’ALTRA COSA: dalla quota di deficit che alimenta, direttamente o indirettamente, la spesa in beni e servizi.

E l’emissione di titoli di Stato non vanifica nulla dell’effetto espansivo perché “la moneta precedentemente emessa viene ritirata”.

Conta la maggior disponibilità di potere d’acquisto a disposizione dell’economia (che il deficit automaticamente incrementa, sia che vengano sia che non vengano emessi titoli) e la propensione a spendere questo potere d’acquisto.

 

mercoledì 6 agosto 2025

Ponte sullo Stretto ?

 

Leggo che l’inaugurazione del ponte sullo stretto di Messina è stata programmata per il 2032.

Segnatevi questa previsione (in fondo mancano solo sette anni, con un po’ di fortuna saremo in circolazione per controllare).

Un’altra opera in programmazione, sempre con fine lavori 2032, è la metropolitana a Monza sotto casa mia.

Delle due, forse ce ne sarà una.

Forse.

E non sarà il ponte.

domenica 3 agosto 2025

Cosa vogliono i sovranisti (segue)

 

Per tornare sul tema dell'ultimo post: i sovranisti desiderano appartenere a un’entità politica che si autodetermina democraticamente.

Che cosa significa ?

Significa che non delega le sue decisioni a entità esterne, e le affida invece a organismi eletti, e rimuovibili nel momento in cui l’elettorato valuti negativamente il loro comportamento.

La UE non è nulla di tutto questo. Limita e idealmente vorrebbe azzerare gli spazi di controllo democratico, sulla base del presupposto (inaccettabile e comunque costantemente smentito dalla realtà) che gli elettorati non siano in grado di decidere cosa sia opportuno per se stessi, e che una burocrazia tecnocratica sia invece in grado di farlo al meglio.

Questo è la UE, e questo è il motivo per cui ne auspico la sparizione.

 

venerdì 1 agosto 2025

Cosa vogliono i sovranisti

 

Un po’ a sorpresa, l’accordo USA-UE sui dazi è stato criticato soprattutto dagli europeisti. Forse perché hanno visto smentito (una volta di più) il dogma che l’Europona gigante ha più forza contrattuale, più potere, più influenza degli staterelli nanetti.

Si sono visti, e questo sorprende di meno, molti di loro commentare cose tipo “voi sovranisti fate barricate contro il trasferimento di poteri a Bruxelles ed ecco i risultati. La UE è debole ed esce male dai negoziati, e voi la attaccate invece di darle più autorità”.

Qui c’è un equivoco evidente.

I sovranisti non si lamentano del fatto che la UE avrebbe potuto condurre meglio i negoziati.

I sovranisti non vogliono una UE che conduce meglio i negoziati.

I sovranisti vogliono un’Europa in cui ogni stato si autodetermina.

I sovranisti NON vogliono che la UE conduca proprio nulla.

I sovranisti NON vogliono la UE.

I sovranisti vogliono che ogni stato persegua autonomamente i propri interessi, rendendone conto al suo elettorato.

Mediante, se del caso e su determinati temi, accordi con altri stati (europei o magari anche no). Ma caso per caso e per ragioni specifiche e adeguatamente meditate e motivate.

I sovranisti non vogliono la UE. Come concetto di principio. Certo, rafforzato dal dato evidente che la UE non risolve i problemi veri, e anzi ne inventa di immaginari, rendendoli reali (e non risolvendoli mai).

 

domenica 27 luglio 2025

Aziende italiane svendute allo straniero ? non proprio

 

L’economia italiana, da Maastricht in poi, ha molti problemi, però di tanto in tanto anzi spesso ci si preoccupa di quelli che non esistono.

Quante volte avete sentito dire che le aziende italiane vengono massicciamente comprate da concorrenti e da investitori stranieri ? Che la nostra economia è ormai ampiamente colonizzata ?

Parecchie, immagino. Ma poi se si vanno a guardare i dati (pagine 17 e 18 qui, fonte Bankitalia) si scopre che gli investimenti diretti italiani all’estero erano, al 31 marzo 2025, stimati pari a 596 miliardi di euro; gli investimenti diretti esteri in Italia ammontavano invece a 445 miliardi. Saldo positivo per oltre 150 miliardi, quindi.

Siamo in presenza di quella che definirei un’illusione ottica. Quando uno straniero compra in Italia, l’oggetto della transazione è conosciuto. Quando un italiano compra all’estero, spesso si tratta di qualcosa che nessuno qui ha mai sentito nominare. Salvo casi particolarmente noti tipo Ferrero con Kellog’s: ma sono eccezioni.

Semplicemente, conosciamo meglio le cose nostre che quelle estere: ma non è provincialismo, sicuramente la stessa situazione si verifica in qualsiasi altro paese. E’ la normalità.

Le aziende italiane all’estero, a comprare, ci vanno. Spesso e volentieri, e più frequentemente di quanto avvenga il contrario.

 

mercoledì 23 luglio 2025

Il novanta per cento non capisce ?

 

Un altro, ennesimo luogo comune: “il 90% delle persone non capisce quello che non va, lì sta il problema”.

No, il 90% è probabilmente una stima eccessiva.

Penso che la consapevolezza dei meccanismi di manipolazione sia più alta del 10%. Ad esempio, riguardo alle bugie che si raccontano sull’euro e sul debito pubblico.

Il problema non è quello.

Il problema è che qualcuno effettivamente non capisce, qualcuno non sa che farci, qualcuno non pensa nemmeno che sia possibile farci qualcosa, qualcun altro ancora è semplicemente troppo impegnato a seguire i fatti suoi (e a evitare che escano di controllo).

E così le cose vanno avanti. Per inerzia. Nella direzione sbagliata, ma è una direzione molto difficile da modificare.

Non impossibile, beninteso. Ma i tempi sono lunghi e incerti.

domenica 20 luglio 2025

La moneta legale non è moneta obbligatoria

 

I sostenitori della “moneta sana” si scagliano costantemente contro la moneta di Stato perché è “manipolabile dai politici” nonché “imposta con la violenza”.

Tra loro si annovera un consistente numero di nostalgici del gold standard o (versione aggiornata dello stesso concetto) di entusiasti del bitcoin.

Mi pare opportuno ricordare ai monetasanisti che nessuna autorità pubblica impedisce di stipulare contratti denominati in moneta non di Stato. Niente vieta di firmare contratti, anche di lavoro o di collaborazione professionale, da regolare in bitcoin, in lingotti d’oro o in barili di petrolio.

In pratica non succede quasi mai, ma non a causa di una qualche ”imposizione violenta”. E’ che utilizzare in modo massiccio una moneta diversa da quella statale è estremamente poco pratico.

Per le esigenze di funzionamento di un’economia moderna, l’utilizzo di una moneta statale è in pratica indispensabile. Alla moneta statale si possono tranquillamente affiancare strumenti di scambi alternativi (personalmente sono un grande ammiratore del WIR e del Sardex): ma in funzione complementare, non sostitutiva.

sabato 19 luglio 2025

Quanto è diffusa la cattiveria ?

 

E’ un luogo comune, uno tra i tanti, dire che “al mondo c’è sempre più cattiveria”. Ma che cosa si intende per “persona cattiva” ?

Non è cattivo chi è occasionalmente (magari anche frequentemente) meschino, avido, gretto o insensibile. Sono comportamenti che di tanto in tanto abbiamo tutti. Per poi essere, in altri momenti, generosi, empatici, collaborativi e comprensivi.

Dipende dai momenti, dalle circostanze, dalle pressioni che subiamo, dai vincoli a cui siamo soggetti.

La mia definizione di cattivo è invece: qualcuno che trae piacere dal vedere il prossimo in difficoltà, dal fargli del male, dall’umiliarlo.

Esistono persone così ? purtroppo sì, ma per fortuna sono rare.

Il motivo per cui sembrano più numerose è che gli effetti dei loro comportamenti sono spesso molto visibili.

Perché non di rado ottengono più successo professionale, fanno più strada nelle organizzazioni, di quanto le loro capacità giustifichino.

Il motivo ? la stragrande maggioranza degli altri, con cui interagiscono, non riesce a capacitarsi che l'interlocutore possa essere così tanto sleale, bugiardo, prevaricatore. Perché se non ti viene spontaneo adottare certi comportamenti, non riesci neanche, emotivamente (intellettualmente sì, ma l’emotività in questi casi prevale sull’intelletto) ad aspettarteli dagli altri.

La buona notizia è che i cattivi sono pochi. La brutta notizia è che fanno più danno di quanto il loro numero farebbe pensare.

 

mercoledì 16 luglio 2025

Tennis e politica

 

Tutti contenti per la vittoria di Jannik Sinner a Wimbledon. Però, siccome senza un po’ di polemica non ci si diverte, nei giorni successivi si è parlato parecchio dell’assenza di rappresenti istituzionali / governativi italiani in occasione della finale.

Una constatazione però non l’ho letta, ed è tuttavia (mi sembra) pertinente.

Non è che domenica scorsa ci sia stata la prima finale Slam con presenza italiana degli ultimi anni. In effetti dal 2010 in poi se ne sono viste non poche:

Francesca Schiavone, Roland Garros 2010 (vinta).

Francesca Schiavone, Roland Garros 2011 (persa).

Sara Errani, Roland Garros 2012 (persa).

Flavia Pennetta, US Open 2015 (vinta).

Roberta Vinci, US Open 2015 (persa).

Matteo Berrettini, Wimbledon 2021 (persa).

Jannik Sinner, Australian Open 2024 (vinta).

Jasmine Paolini, Roland Garros 2024 (persa).

Jasmine Paolini, Wimbledon 2024 (persa).

Jannik Sinner, US Open 2024 (vinta).

Jannik Sinner, Australian Open 2025 (vinta).

Jannik Sinner, Roland Garros 2025 (persa).

Jannik Sinner, Wimbledon 2025 (vinta).

Un totale di tredici presenze, se non mi è sfuggito qualcosa. E quante volte sono stati presenti ad assistere il presidente della repubblica o il capo del governo ?

Risposta: una sola. A New York nel 2015. Perché Matteo Renzi, noto furbacchione, andava sul sicuro: giocavano due italiane e quindi quello Slam non si poteva perderlo.

In effetti la polemica è nata dalla constatazione che a Wimbledon, a tifare Alcaraz, c’era il re di Spagna. Però tra Nadal e Alcaraz gli spagnoli di finali Slam negli ultimi vent’anni ne hanno fatte una tonnellata e non risulta che reali o primi ministri siano stati sistematicamente in tribuna.

Per quanto ne sappiamo,  il re Filippo era magari a Londra per farsi prendere le misure di uno dei suoi raffinatissimi abiti di sartoria esclusiva, e già che c’era se ne è andato anche a vedere il match. Ma non risulta essere una prassi sistematica, neanche per gli spagnoli.

Per cui Filippo ha visto Alcaraz perdere, e peccato per lui. Mattarella e Giorgia Meloni non hanno visto Sinner vincere, o più probabilmente l’hanno visto in TV, e va bene lo stesso. E ragioni per far polemica proprio non ce ne sono.

 

domenica 13 luglio 2025

Tassare di più i ricchi: è giusto ?

 

La sperequazione tra redditi e ricchezze detenute dalle varie classi sociali suscita indignazione, e ne seguono richieste di introdurre meccanismi fiscali che in qualche misura riequilibrino la situazione. In particolare, introdurre e/o inasprire la tassazione su patrimoni e successioni.

Il problema di queste proposte è che tendono a far pensare che la disponibilità di potere d’acquisto sia un dato fisso, e che quindi per dare qualcosa in più ai meno ricchi sia necessario togliere qualcosa ai ricchi.

C’è un errore di fondo. La gestione del sistema economico nelle economie avanzate prende per un dato di fatto questo presupposto: ma il presupposto è sbagliato. Da diversi decenni, il potere d’acquisto in circolazione è artificialmente compresso e le economie vengono mantenute a livelli inferiori al pieno impiego.

Il che crea la sperequazione, perché i ceti sociali svantaggiati sono costretti ad accettare condizioni di lavoro e di reddito spostate verso la pura sussistenza. L’offerta di lavoro viene razionata senza che ce ne sia necessità, e la forbice dei redditi si allarga di conseguenza.

Ci sono buone ragioni, di equità e di giustizia sociale, per tassare di più i ricchi, ma il problema delle diseguaglianze si risolve molto più efficacemente generando e mantenendo condizioni di pieno impiego delle risorse produttive: in primo luogo, del lavoro. Condizioni in cui la domanda è forte e stabile, e in cui le aziende sono spinte a competere per ottenere le prestazioni dei lavoratori – e non viceversa.

sabato 12 luglio 2025

Sviluppare la borsa non è la soluzione

 

Uno dei luoghi comuni in voga nell’ambiente finanziario italiano è che molti problemi verrebbero risolti grazie allo sviluppo del mercato azionario nazionale.

Lo sento dire da quarant’anni perché la mia carriera professionale è partita, appunto, quarant’anni fa. Ma senza dubbio lo si diceva anche prima. Con la ricchezza del tessuto imprenditoriale, con la vitalità delle PMI che caratterizza l’Italia, come può il listino di borsa essere composto da poche centinaia di titoli ?

Quarant’anni dopo i titoli sono sempre poche centinaia.

Il motivo per la verità è semplicissimo. Le floride PMI italiane sono aziende che fatturano, nella stragrandissima maggioranza dei casi, pochi milioni o poche decine di milioni.

E aziende di quelle dimensioni in borsa non ha senso che ci vadano. Se lo fanno, i valori scambiati sono risibili. L’interesse degli investitori istituzionali, che hanno grosse somme da muovere, è pressoché inesistente: non perché le aziende non vengano apprezzate, ma perché se hai una corazzata non ti muovi in uno stagno. I costi indotti, legali, di comunicazione, di produzione di dati, sono pesanti, a fronte di utilità scarsa o nulla per la gestione societaria.

Le PMI italiane semplicemente non sono oggetti adatti al mercato azionario. Non è né un bene né un male. E’ un fatto.

domenica 6 luglio 2025

Euro e surplus commerciale

 

Utilizzare l’euro comporta due macroproblemi, di cui uno è forse il più evidente ed è stato il primo, storicamente, a essere identificato. Ma non è il principale, ed è bene avere le idee chiare in merito.

Anche un efficace divulgatore come Claudio Borghi ogni tanto cade nell’equivoco.


“Oggi rivaluteremmo” se uscissimo dall’unione monetaria ? rivaluteremmo perché l’Italia ha un surplus commerciale di 60 miliardi all’anno ?

No, non rivaluteremmo. Il surplus commerciale è una determinante dell’evoluzione del cambio, ma solo una di parecchie.

L’Italia, pur non essendo uscita dall’euro, ha trasformato, tra il 2011 e il 2013, un deficit commerciale in un surplus. Ma questo non significa che sia diventata più competitiva, né che la rottura dell’euro implicherebbe una rivalutazione della Nuova Lira.

Il surplus commerciale è stato conseguito a seguito delle feroci politiche di compressione della domanda interna, e quindi delle importazioni, attuate in quegli anni.

Se l’euro si rompesse, l’Italia non rivaluterebbe la sua moneta. Molto più plausibile è una svalutazione, anche se probabilmente non di grande entità.

Fermo restando che il problema principale dell’euro non è la mancanza di flessibilità del cambio. Che è un problema, grave, molto grave.

Ma non così grave come lo è il non disporre delle leve di azione per condurre una politica economica, e principalmente una politica fiscale, conforme al mandato degli elettori.


sabato 5 luglio 2025

La differenza tra il Superbonus e il PNRR

 

Il Superbonus ha prodotto un rimbalzo del PIL (dopo gli anni del Covid) molto superiore al previsto, senza alcun incremento del rapporto debito pubblico / PIL.

Il PNRR non ha generato nulla di tutto questo. Finito il Superbonus, quando dovevano entrare in azione i mirabili effetti del PNRR, la crescita si è nuovamente afflosciata all’usuale zero virgola (usuale da quando l’Italia è nell’euro, s’intende).

La differenza ?

Il Superbonus sono stati soldi in più entrati nel sistema economico.

Il PNRR no. La quantità di soldi che entrano nell’economia (il deficit pubblico) è invariata, siamo solo vincolati a spendere come da mirabili ricette UE.

Tutto qui.

martedì 1 luglio 2025

Il problema inesistente

 

Non passa giorno che non si legga un articolo, un tweet, un post, con contenuti grosso modo simili a questo (qui riferiti agli USA, ma potrebbe essere qualsiasi altro paese).


Già, perché nessun partito politico “affronta il problema” ?

Risposta: perché il problema NON ESISTE.

Il debito pubblico è semplicemente una forma di impiego, offerta alla collettività, del risparmio finanziario privato.

E in un’economia che si sviluppa, dove le grandezze monetarie e finanziarie aumentano di dimensione nel tempo (per effetto della crescita reale e dell’inflazione, poca o tanta che sia) è ASSOLUTAMENTE NORMALE CHE AUMENTI ANCHE LA DIMENSIONE DEL DEBITO PUBBLICO.

Al mondo ci sono molti problemi veri.

Quello del debito pubblico è un problema inventato.