Si sono conclusi
da due giorni i Giochi Olimpici di Rio de Janeiro. L’Italia ha chiuso con un
medagliere discreto, anche buono se confrontato con alcune previsioni alquanto
pessimistiche, che lasciavano temere un netto calo rispetto alle ultime
edizioni.
Con 8 ori, 12
argenti e 8 bronzi si è invece pareggiata Londra 2012 (8-9-11) in termini sia
di ori che di medaglie totali (28), con un miglioramento di composizione (più
argenti e meno bronzi). Quindi un piccolo progresso rispetto agli ultimi Giochi,
e anche ai penultimi di Pechino 2008 (8-9-10).
Certo, storicamente
ci sono stati periodi migliori (tra il 1996 e il 2004), ma anche peggiori (ininterrottamente
tra il 1968 e il 1992, con l’eccezione di Los Angeles 1984, dove però si era
sfruttato il boicottaggio del blocco est europeo). Ben venga quindi il
risultato di Rio, e la non fortissima ma neanche disprezzabile inversione di
tendenza.
Mi piace seguire
i Giochi Olimpici, ma sono decisamente schierato contro l’ipotesi di tenerli a
Roma nel 2024, nelle condizioni attuali dell’economia italiana. Dove le “condizioni
attuali” consistono in un insieme di vincoli, quello dell’Eurosistema, che
impongono limiti massimi ai deficit di bilancio pubblico tali da mantenere l’economia fortemente al di sotto di condizioni di pieno impiego delle risorse produttive, impedendo così di risolvere una crisi dovuta a depressione della domanda.
Finché si rimane
all’interno di questo sistema, si è costretti ad aumentare tasse o a tagliare servizi
pubblici per coprire una spesa in più. Detto in soldoni, c’è il forte rischio
di chiudere ospedali per pagare le Olimpiadi, o cose del genere. A meno che qualcuno
dimostri che è il costo dei Giochi verrebbe interamente coperto da risorse
private, cosa che mi lascia però fortemente scettico.
Se l’Italia si sgancia dai vincoli dell’Eurosistema, rilancia domanda, PIL e occupazione,
riassorbe l’attuale, spaventoso, assurdo “output gap”, si può parlare di tante
cose, compreso di tenere i Giochi in Italia. Fermo restando che anche con l’economia
in condizioni toniche e soddisfacenti vanno sempre valutate le priorità, perché
le risorse disponibili – anche in situazione di pieno impiego – hanno comunque,
in un dato momento, limiti imposti da popolazione, tecnologia e capacità
produttiva.
Però se non sto
costantemente attuando tagli a sanità o pensioni per correre dietro a limiti contabili
privi di senso in un contesto economico pesantemente depresso, di Olimpiadi si
può quantomeno parlare. Oggi, no.