venerdì 22 maggio 2015

Clausole di salvaguardia non procicliche nell’ambito del progetto CCF



Come discusso in questo post, l’attuale Eurosistema impone agli stati membri l’adozione di “clausole di salvaguardia”, sotto forma di interventi restrittivi nel caso in cui determinati obiettivi di finanza pubblica – in particolare il rapporto tra deficit pubblico e PIL – rischino di non essere conseguiti.

Questi interventi hanno, come visto, effetti pesantemente prociclici nel momento in cui il mancato raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica è causato dalla debolezza della congiuntura. Se il deficit pubblico è più alto del previsto perché il contesto economico generale è sfavorevole, è estremamente controproducente reagire con incrementi di tassazione e/o tagli di spesa. Il risultato è di indebolire ulteriormente la domanda, con pesanti conseguenze su occupazione e PIL.

Per tale motivo, le politiche di austerità imposte a vari paesi dell’Eurozona, in particolare da metà 2011 in poi, hanno aggravato e incancrenito la crisi invece di risolverla: questo, particolarmente nei paesi che le hanno adottate con maggiore intensità, quali Grecia e Italia. Meno peggio è andata a chi ha attuato l’austerità (a fatti, anche se magari non a parole) in modo meno intenso. E’ il caso ad esempio di Spagna e Irlanda. Vedi qui, quiquiqui per una serie di dati e di commenti sul tema.

Nell’ambito del progetto CCF, l’intero sistema delle clausole di salvaguardia può essere costruito in modo enormemente meno penalizzante per le economie dei vari stati, condizione chiave per arrivare a un sistema monetario e di governance economica efficiente e sostenibile.



Nel momento in cui l’Italia constatasse un andamento dell’economia meno favorevole del previsto, con la previsione ad esempio di mancare dell’1% l’obiettivo di deficit pubblico in rapporto al PIL, lo scompenso potrebbe essere sanato adottando uno o più (in combinazione) dei seguenti interventi.

UNO, conversione in CCF di alcune spese, di cui era previsto il sostenimento in euro.

DUE, introduzione di tasse (o aumento di tasse esistenti) a fronte del pagamento delle quali il contribuente riceve un ammontare equivalente di CCF. In effetti non si tratterebbe di un vero prelievo fiscale, ma di una conversione forzata di euro contro CCF.

TRE, incentivazione (su base volontaria, in questo caso) ai titolari di CCF a posporre il loro utilizzo a fronte dell’incremento del loro valore facciale (in pratica è il riconoscimento di un interesse pagato in “moneta fiscale”).

QUATTRO, collocamento sul mercato (ovviamente anche in questo caso su base volontaria) di CCF in cambio di euro.

I provvedimenti sub TRE e QUATTRO sono per definizione economicamente indolori, in quanto vengono attuati solo nei confronti di chi ritiene di aver interesse e convenienza ad aderirvi.

I provvedimenti sub UNO e DUE sarebbero invece imposti con atto di legge. Facciamo l’ipotesi, conservativa al massimo grado, in cui il governo italiano non riesca a ottenere nulla dalle azioni TRE e QUATTRO, e sia quindi costretto ad agire solo in forza di provvedimento legislativi (e non mediante operazioni di mercato).

Nel caso di un rischio di maggior deficit dell’1% rispetto agli obiettivi di finanza pubblica, come sopra ipotizzato, si tratterebbe di circa 16 miliardi di euro in totale.

Immaginiamo di ripartire l’azione in parti uguali, per metà adottando il provvedimento UNO (conversione in CCF di alcune spese, di cui era previsto il sostenimento in euro) e per metà adottando il provvedimento DUE (introduzione di tasse o aumento di tasse esistenti, a fronte del pagamento delle quali il contribuente riceve un ammontare equivalente di CCF).

Si tratterebbe quindi di circa 8 miliardi di conversioni di spesa, e di altri circa 8 di raccolta di euro in cambio di erogazione di CCF. Le cifre corrispondono all’1% circa della spesa pubblica totale (nel primo caso) e del gettito fiscale complessivo (nel secondo).

Mi sembra evidente la differenza tra una sostituzione di spesa (erogo a dipendenti pubblici, pensionati, fornitori della pubblica amministrazione qualche euro in meno, ma in cambio do CCF all’incirca di pari valore) e un taglio secco.

Analogamente, è ben diverso subire un incremento di prelievo fiscale, rispetto a un prelievo di euro sostituito da un erogazione di CCF, anche in questo caso all’incirca di pari valore.

Le azioni adottate in Italia, principalmente tra metà 2011 e metà 2012 e soprattutto ad opera del governo Monti, sarebbero state enormemente meno recessive se attuate con queste modalità. Con ogni probabilità, l’Italia avrebbe evitato una contrazione del 4% circa complessivo del PIL tra 2012 e 2013 - approssimativamente circa 60 miliardi di euro annui. Il maggior gettito fiscale prodotto dal più alto livello di PIL sarebbe stato molto superiore a quanto necessario per compensare l’effetto futuro dei CCF una volta giunti a scadenza.

Analogamente, le clausole di salvaguardia sopra delineate garantiscono un altissimo livello di gestibilità, nell’ipotesi di attuazione del progetto CCF, a fronte di eventuali sviluppi meno favorevoli del previsto – dovuti a una risposta dell’economia meno rapida, o alle condizioni generali del contesto economico nazionale o internazionale.

domenica 17 maggio 2015

La partita greca è sempre aperta


Si sta parlando abbastanza diffusamente, negli ultimi giorni, di questo articolo di Anatole Kaletsky, disponibile qui in versione italiana.

Kaletsky ritiene che Syriza sia ormai destinata alla sconfitta, ma le sue argomentazioni mi appaiano infondate.

A suo parere, il governo greco faceva originariamente affidamento sul fatto di partire da una situazione di surplus primario – cioè di avere a disposizione un eccesso di incassi rispetto alle spese pubbliche, esclusi i pagamenti di interessi e i rimborsi di debito.

Questo avrebbe consentito di sospendere i pagamenti sul debito estero e di destinare il surplus a manovre di rilancio dell’economia.

Date le condizioni problematiche dell’economia greca, su cui sicuramente ha influito anche la situazione di incertezza e di stallo nelle trattative, secondo Kaletsky questo surplus non ci sarà. Quindi la Grecia non disporrà delle risorse per effettuare azioni espansive.

Inoltre, sempre a suo parere, a seguito di un default sul debito estero la BCE smetterà di rifinanziare mediante l’ELA (Emergency Liquidity Assistance) il sistema bancario greco, provocandone il collasso finanziario.

Riguardo al primo punto, come accade a molti (e l’ho già fatto notare in parecchi articoli di questo blog), Kaletsky non considera che la Grecia può introdurre una forma di moneta complementare, i CCF, in affiancamento all’euro (non in sostituzione), e utilizzarla per rilanciare l’economia.

Partire da una situazione di surplus o di deficit primario cambia poco. Se gli incassi in euro sono 101 e le spese 100, e servono 5 per espandere adeguatamente la domanda, i CCF da emettere saranno 4. Se gli incassi sono 99 e le spese 100, ne serviranno 6 (questo senza contare gli effetti indotti, cioè il recupero di incassi fiscali conseguente alla ripresa e alla stabilizzazione dell’economia). In entrambe le situazioni la manovra è possibile, dato che l’emissione di CCF può liberamente essere messa in atto dal governo greco.

Quanto all’ELA, certo, se la BCE la sospende, il sistema bancario greco collassa. Ma se è intenzionata a farlo in caso di default sul debito estero, anche in questo caso non fa differenza che esista (in partenza) un surplus o un deficit primario. Se il governo greco crede a questa minaccia, non ha alternative all’accettare quanto propongono i creditori. In assenza di un accordo, infatti, il default è sicuro: un piccolo surplus sarebbe assolutamente insufficiente a evitarlo.

Ma la minaccia non è credibile. L’ELA, in realtà, potrebbe essere sospesa già oggi: se la BCE non lo fa, a parte motivazioni giuridiche che rendono dubbia la legittimità della mossa, è perché teme le conseguenze di una Grexit disordinata. In pratica la sospensione dell’ELA è una bomba atomica che la BCE in teoria può sganciare, ma che rischia di produrre più danni a chi la utilizza che a chi ne viene colpito.
 
Prevedere il risultato della partita greca è difficile, o meglio aleatorio. Io mi auguro il successo di Syriza. Non ho certezze, ma continuo a non vedere motivi che lo rendano impossibile. Non le argomentazioni di Kaletsky, comunque.

sabato 16 maggio 2015

Tax Credit Certificates: Fixing the Dysfunctionalities of the Euro Monetary System


Tax Credit Certificates: almost a currency, but not quite

 

 

TCCs are a security incorporating the right to reduce future tax payments due to the issuing government.

 

 

After two years from their issuance, TCCs would be used to exercise the right to a reduction in whatever financial obligation toward public administrations (taxes, social contributions, fines etc.).

 

 

The TCCs would be exchanged for euros in the financial market similarly to any zero-coupon government bond.

 

 

They would presumably trade at a small discount vis-à-vis par value, as their acceptance to settle taxes implies that they do not carry any default risk.

 

 

TCCs would also presumably be accepted as a means of payment, to be used for instance in combination with credit or debit cards.


TCCs advantages

 

 

TCCs would be allocated at no charge to several recipients:

 

 

To employed workers, including self-employed, to increase their purchasing power.

 

 

To enterprises, as a function of their labor costs, to reduce them and immediately improve competitiveness.

 

 

To partially fund government expenditures such as higher pensions, unemployment subsidies, public investments etc.

 

 

Two major benefits:

Higher internal demand.

Improved enterprises competitiveness.

 

 

===> GDP and employment expansion, no external trade imbalances.


TCCs are neither debt nor “legal tender” money

 

 

TCCs are not debt, as the issuing government has no obligation, under whatever circumstance, to reimburse them.

 

 

TCCs are not legal tender money either: nobody, other than the issuing government, is forced to accept them to settle a euro-denominated financial obligation. As such, they do not conflict with the ECB monopoly to issue legal tender money in the Eurozone.

 

 

Only the issuing government commits itself, by law, to accept TCCs to honor the right to tax reduction attached to them. This is the source of TCCs value.


Issuing and allocating TCCs: basic principles

 

 

TCCs issuances would follow a set of rules.

 

 

Issuances size and allocation must be such to:

Closing the current output gap.

Reducing unemployment to pre-2008 financial crisis levels.

Raising inflation close to ECB 2% target.

Preventing external trade imbalances.

 

 

In addition, the TCC program can be structured in a way that:

In each year, the issuing government has a zero balance between euro outflows and euro inflows.

The public debt / GDP ratio steadily falls to attain the Fiscal Compact 60% target.

 

 

Remember: TCCs are not debt.

Neither in theory, nor in practice, the issuing government could be forced to default on a TCC, since TCCs imply a commitment to accept them, not to reimburse them.


TCCs program main features: the case of Italy

 

 

2016
2017
2018
2019
2020
TCCs issuances – bln
 
 
90
150
200
200
200
TCCs uses
 
 
 
 
90
150
200

 

 

TCCs annual issuances would gradually increase up to € 200 bln.

 

It is worth remembering that the Italian 2015 GDP is 9% lower than 2007’s. Output gap estimate is 19% assuming potential GDP to have grown at a modest 1% per year. This approximately corresponds to € 300 bln.

 

The two-year delay between issuances and uses allows the economy to grow, to generate higher gross tax revenues and to offset TCCs uses.

 

 

TCCs issuances: proposed break down
To employees
 
 
35%
To enterprises
40%
Others
25%

 

Issuances to employees implies increasing net salary by up to 20% (€ 240 in TCC) for a worker making € 1.200 per month.

 

Meanwhile, enterprises gross labor costs achieve a reduction of up to 18%.

 

 


Main effects: the case of Italy

 

 

Forecast
 
 
Without
With
Sensitivity -multiplier
Multiplier
1,30
 
TCC
TCC
0,70
Average real GDP growth rate, 2016-2020
1,1%
3,8%
2,4%
Unemployment, 2020
 
 
12,5%
5,5%
9,0%
Average public deficit (-) / surplus (+), 2016-2020 - % GDP
-0,9%
1,8%
-0,9%
Public debt 2020 - % GDP
 
127,6%
91,9%
111,1%
Average current account surplus, 2016-2020
3,9%
1,9%
3,5%

 

 

Based on a 1,30 multiplier (GDP real growth caused by TCCs issuances) the outcome is:

 

Strong GDP recovery.

Unemployment back to pre-2008 crisis levels.

Strong improvement in public deficit / public debt.

 

The 1,30 multiplier estimate is consistent with recent findings (including from Olivier Blanchard, former IMF chief economist) and is likely to be conservative, as the multiplier is usually higher when demand recovers from depressions.

 

Even a much lower (0,70) multiplier would anyway result in a significant GDP / employment recovery and in a lower public debt ratio to GDP (public deficit being unchanged).


Safeguard clauses

 

 

The EU requires Eurozone members to offset, mainly by raising taxes and/or cutting public expenditures, any shortfall vis-a-vis public deficit targets.

 

 

But in a demand-depressed environment, such actions are procyclical, deteriorate the economy and fail to improve public finances status.

 

 

A TCC program could contemplate a set of safeguard clauses much more flexible and effective:

 

 

Instead of cutting expenditures, replace certain euro expenses with TCC-funded expenses.

Instead of only increasing taxes, compensate higher levies by granting TCC to taxpayers (ie compulsory euro-for-TCC swaps).

Issuing longer term TCC (tax-backed bonds) to reduce euro debt.

Offer, on a voluntary basis, to TCC holders (upon expiration) to postpone using them, in exchange for a face value increase (ie an interest “paid” in “tax money”).

 

 

This allows to constantly achieve, without any procyclical effect on the economy:

===> A zero balance between euro outflows and euro inflows, in each year.

===> A steady fall in the public debt / GDP ratio, to attain the Fiscal Compact 60% target.