Spesso e
volentieri, discutendo in merito alle alternative di uscita dall’attuale
sistema monetario, mi sento esprimere questa obiezione.
“Sì va beh,
questa “riforma morbida”, questo progetto CCF… ma a che serve parlarne, a
Bruxelles, a Berlino, a Francoforte non ti staranno mai a sentire, non ce lo
faranno mai fare”.
Un’obiezione che faccio veramente fatica a comprendere.
Scusate, ma il
break-up dell’euro invece “ce lo fanno fare” ? Avete sentito Draghi, Merkel o
Barroso dire “bella idea, è proprio quello che ci vuole ?”
Se vogliamo
farci dire bravi da questi signori, è semplicissimo. Andiamo avanti così.
Siccome NON
vogliamo andare avanti così, il punto in discussione non è di “fare quello che
a loro piacerà”. E’ di scegliere una via che raggiunge gli obiettivi, e che
massimizza le probabilità di avviarcisi e di percorrerla fino in fondo.
Ora, molti “euroexiters”
mi appaiono presi da una gran voglia di “dare la spallata”. Il sistema va spaccato, è giusto così, cosa fatta capo
ha.
Magari alla fine
avranno ragione loro. A me, sinceramente, ricordano quelli che avrebbero
preferito vincere la guerra partigiana senza gli alleati.
Oppure
sconfiggere Germania e Giappone senza Stalin.
Vi do una
notizia: senza gli angloamericani il 25 aprile non ci sarebbe stato.
E un’altra:
senza Stalin non giurerei che si sarebbe vinta la seconda guerra mondiale, e
come minimo ci sarebbero voluti parecchi anni in più.
Le guerre si
vincono anche e soprattutto avendo gli alleati giusti, ed evitando di farsi più
nemici del necessario.
Ora, se l’attuale
eurosistema, se l’attuale meccanismo di conduzione delle politiche economiche
europee risponde a un disegno totalitario, autocratico, di impoverimento delle
popolazioni – chi conduce questo disegno l’avremo sempre contro di noi.
Può essere. Io
ritengo che i papaveri di Bruxelles – i Barroso, i Van Rompuy, gli Olli Rehn - siano
più banalmente degli ottusi burocrati. Le politiche secondo loro “stanno
funzionando” perché il rischio di break-up dell’euro apparentemente, rispetto a
un anno fa, è molto diminuito, e se ci sono paesi in crisi “è colpa loro,
bisogna incrementare la pressione sulle riforme e sulla competitività”.
Come che sia,
questi signori li avremo sempre contro.
Tuttavia il loro
peso non sarà determinante se ci sarà l’appoggio, o quantomeno il “benign
neglect”, di una serie di altri attori – che hanno interessi ben definiti e
comprensibili (non ho detto giusti o sbagliati, ho detto comprensibili).
L’industria
esportatrice tedesca, che non vuole subire un’improvvisa perdita di
competitività rispetto al resto del mondo (come avverrebbe se l’euro si spacca
e se la moneta tedesca si rivaluta).
I detentori
internazionali di crediti verso l’Italia, che non vogliono subirne la
svalutazione.
La stessa
opinione pubblica italiana, spaventata (per motivi più psicologici che reali,
ma comunque concreti) dall’andare a letto una sera e svegliarsi la mattina con
i propri risparmi che sono diventati “un’altra cosa”.
Il resto della
comunità internazionale, che teme un “evento Lehman”.
Ora, di fronte a
tutto questo, dire che i tedeschi, che i creditori internazionali “hanno
guadagnato prima ed è giusto che lascino sul tavolo qualcosa adesso” è
velleitario. Loro non la pensano così, o se lo pensano non hanno interesse ad
ammetterlo.
Certo, anche
attuare la “riforma morbida” richiede una volontà politica fortissima e un
consenso di pubblica opinione altissimo. Ma ci si può arrivare.
Per il break-up,
volontà e consenso devono essere ANCORA più forti, e le resistenze da superare
saranno MOLTO maggiori.
Senza che ce ne sia
ALCUN MOTIVO, perché le due strade, per l’Italia, sono equivalenti riguardo al
risultato finale.
Allora - vogliamo
provare a sfondare a spallate una porta massiccia ?
O vogliamo dar
retta a chi ci indica che, sul retro, c’è una porta di servizio aperta ?