Qui di seguito, la trascrizione del mio intervento di mercoledì scorso a Kecskemét. Trovate i dettagli e i video con tutti gli interventi sul sito di Moneta Positiva.
*****
Buongiorno a tutti,
vorrei impiegare alcuni minuti nello spiegare come si è creata una situazione
che riguarda la gestione e i risultati della politica economica italiana come è
stata rappresentata precedentemente, e questo si lega poi all'analisi delle
cause e alle soluzioni che stiamo proponendo.
L'Italia è tra i
paesi che hanno costituito l’euro, l'Ungheria non c’è ancora entrata, mi auguro
che non lo faccia. E chiarire perché
l'ingresso nell'euro è stato un problema serio specialmente per l'Italia è
importante. L’euro per l'Italia era una moneta più forte di quanto fosse
precedentemente la lira, il che ha creato alcuni scompensi dal lato delle
esportazioni e dei saldi commerciali, che però nel tempo sono rientrati, tanto
che l’Italia negli ultimi anni e anche quest'anno sta generando un surplus
commerciale.
Il problema
fondamentale dell'euro è che si è partiti dal presupposto che il debito
pubblico sia in sé e per sé, sia di per sè stesso un problema, quindi nella
rappresentazioni che circolano, nei titoli di giornale, si parla di debito
pubblico come un fardello, si parla di debito pubblico come un onere per le
future generazioni, con metafore tipo ogni bambino italiano nasce con €50.000
di indebitamento eccetera.
In realtà il
tema va esaminato da un punto di vista differente. Esistono due modi
fondamentali in cui la moneta, il potere d'acquisto, gli strumenti finanziari
entrano in circolazione dell'economia: o l'immissione di potere d'acquisto
viene effettuata dal settore pubblico, oppure viene effettuata dal settore
privato.
Il settore
privato agisce tramite l'espansione del credito: quindi le banche erogando finanziamenti
creano moneta, se ne è parlato prima.
Il settore
pubblico lo fa semplicemente perché lo Stato spende soldi, e questi soldi
servono poi anche a pagare le tasse. Quindi da un lato spende, dall'altro lato incassa
tramite il prelievo fiscale.
L'economia nel
tempo cresce perché cresce la produttività, perché c'è il progresso tecnologico,
in passato c'è stata anche la crescita demografica (oggi non più almeno nella
maggior parte dei paesi europei), perché c'è un po' di inflazione, oggi abbiamo
anche un po' di inflazione in più o parecchia in più di quella che sarebbe auspicabile
ma nessuno punta a un'inflazione pari a zero, gli obiettivi delle banche
centrali sono una inflazione moderata ma positiva, tipo il 2%.
Se questo è vero,
vuol dire che le grandezze dell'economia devono crescere, devono aumentare, e
la maniera in cui queste grandezze finanziarie, dicevo prima, possono
incrementarsi, è solo tramite due canali: la creazione di moneta da parte del
settore privato o la creazione di moneta mediante il deficit di bilancio.
Da questo si
vede che il deficit pubblico non è qualcosa che idealmente non dovrebbe
esistere, che non è virtuoso, che bisognerebbe che scendesse a zero –
idealmente, anche se poi non ci riesce quasi nessuno. E’ qualcosa che è normale
che esista, può essere più alto, può essere meno alto a seconda delle
situazioni contingenti: ma i conti degli Stati normalmente devono essere in
deficit e normalmente sono in deficit.
Se questo è vero
in definitiva cos'è il debito pubblico ? non è altro, non dovrebbe essere altro,
che uno strumento che lo Stato mette a disposizione della popolazione per
impiegare i risparmi.
Ogni volta che
lo Stato spende 100 e preleva 95 c'è una differenza di 5 che rimane in tasca a
qualcuno: è moneta che circola nell'economia, che passa di mano in mano ma alla
fine rimane nelle tasche di qualche soggetto privato, cittadini o aziende.
E questi
soggetti privati gradiscono l’offerta di un servizio di impiego, che non
dovrebbe essere speculativo, che offre protezione, che offre un piccolo
rendimento, e il debito pubblico ha sempre svolto questa funzione.
Quindi se si
parte dal presupposto che il debito pubblico sia il nemico, che sia l'anatema,
che sia una bestia feroce da combattere si parte nella direzione sbagliata. Purtroppo
tutto il sistema dell'eurozona è stato concepito a partire da questo
presupposto. Da quando l'Italia è nell'euro fa politiche, l'abbiamo vista anche
in precedenza, costantemente orientate a ridurre il deficit nel tentativo di
ridurre il debito pubblico.
L'unico
risultato che si è ottenuto è un'economia italiana che ha sostanzialmente
smesso di crescere: quindi PIL reale, retribuzioni eccetera sono rimaste
praticamente piatte dall'introduzione dell'euro - in effetti si parla del 2002
come anno di partenza ma è stato realmente il 1999, le banconote hanno
cominciato a circolare tre anni dopo ma la moneta unica è partita ormai quasi
25 anni fa, 25 anni il primo gennaio del 2024: un quarto di secolo senza crescita
economica
Quindi abbiamo
demonizzato il debito pubblico, abbiamo demonizzato il deficit di bilancio,
senza renderci conto che i deficit di bilancio sono necessari per ottenere una
crescita armonica e sostenibile dell'economia. Anche perché se blocchiamo
l'introduzione di moneta dell'economia mediante l'azzeramento dei deficit
pubblici, l'unico canale di creazione di mezzi finanziari che rimane è il
credito privato, i finanziamenti del sistema privato.
Il sistema
finanziario privato per sua natura è prociclico e destabilizzante. Le banche
erogano facilmente credito quando l'economia va bene e accelerano in questo modo
l'espansione; quando ci sono problemi chiedono di rientrare. Per citare la
famosa battuta attribuita a Mark Twain, il banchiere è un signore che ti presta
l'ombrello quando c'è il sole e te lo chiede indietro quando si mette a piovere.
Questa è la realtà
dei fatti. Abbiamo un sistema che è stato concepito nella maniera sbagliata, abbiamo
un'economia italiana che siccome “soffriva” (tra virgolette) il “problema”
originale di un debito pubblico, in proporzione al PIL, più alto degli altri
paesi dell’eurozona, ha visto applicare dei principi di gestione che hanno
condotto il paese in un periodo di mancata crescita e di maggiore instabilità
economica.
Qui sta il
problema fondamentale dell'Italia nell'euro o per essere precisi dell'Italia
all'interno delle regole che governano l'eurosistema.
Un problema che
può sembrare apparentemente staccato ma si ricollega è il ruolo della banca
centrale. Le banche centrali hanno assunto un'importanza enorme perché si
pretende che siano i mercati dei capitali, i mercati finanziari, a decidere se
un paese è affidabile dal punto di vista della sua gestione della finanza
pubblica. Quindi teoricamente la tesi è che ci si va a finanziare sul mercato
emettendo titoli di Stato, e questi titoli di Stato non vengono garantiti da
chi emette la moneta.
Questo è
estremamente pericoloso perché i mercati finanziari possono per motivi anche irrazionali,
anche speculativi, comportarsi in maniera illogica o comunque impedire a un
paese di rifinanziarsi nel periodo in cui ne hanno più bisogno.
Tutto questo si
evita se l'istituto di emissione lavora in stretto coordinamento con il governo,
arrivo a dire se non è più un organismo indipendente ma lavora alle strette
dipendenze del governo, se di fatto è un'agenzia che fa parte del governo.
Quindi la tesi
dell'indipendenza delle banche centrali dal governo in realtà è molto
pericolosa. Eppure è una tesi che si è diffusa negli ultimi decenni in maniera
sempre più forte, sempre più assertiva, e si è sostanzialmente preteso che le
banche centrali dovessero completamente svincolarsi dalla finanza pubblica
degli stati. Altrimenti detto, gli stati devono essere “virtuosi”, devono
essere una politica fiscale tendenzialmente sempre restrittiva, devono ridurre
il debito pubblico o comunque non devono essere sostenute dalle banche centrali
nel momento in cui ci sono dei problemi sul rifinanziamento del debito.
Questo è un
problema che non nasce con l'euro ma che con l'euro diventa molto ma molto più
serio perché anche banche centrali autonome, più o meno indipendenti rispetto
al governo, sono però inserite nello stesso sistema nazionale, alla fine in qualche
modo devono coordinarsi.
Con l'euro si è invece
creata una banca centrale comune, staccata e non più nessun modo
sostanzialmente collegata con i governi nazionali, e ne abbiamo visto
l'assurdità appunto quando nel 2011 la BCE ha inviato una lettera a firma Trichet
– Draghi, ha mandato una lettera al governo italiano praticamente dettandogli le
linee di politica economica.
Allora non so se
vi rendete conto che questo è un problema gravissimo per la democrazia. Ai
tempi c'era il governo Berlusconi: era un governo buono ? era un governo
cattivo ? ognuno può avere la sua opinione ma era un governo che era stato
eletto dai cittadini italiani, aveva la maggioranza in Parlamento. E’ caduto
perché la Banca Centrale ha minacciato sostanzialmente di non sostenere, di non
garantire il debito pubblico italiano se non fossero state effettuate una serie
di riforme che poi, come spiegava Stefano precedentemente, sono state negli
anni successivi in realtà attuate senza risolvere nessun problema di finanza
pubblica e per contro peggiorando la situazione del paese, la situazione
dell'occupazione.
Altro tema: si
sostiene che solo le banche centrali debbono preoccuparsi dell'inflazione, di
combatterla. Non solo è il loro obiettivo primario ma – si dice - sono l'unico
soggetto che è in grado di gestirla.
In realtà si è
constatato che questo non è vero, abbiamo avuto per parecchi anni un’inflazione
troppo bassa. Sembra un ricordo lontano nel tempo ma ancora nel 2020 il
problema era l’inflazione troppo bassa: si sono fatte politiche di Quantitative
Easing, si sono comprati titoli di Stato ma l'inflazione rimaneva comunque inchiodata
vicino a zero, non raggiungeva l’obiettivo del 2%.
Ma non lo
raggiungeva perché perché la Banca Centrale immetteva moneta nell'economia
senza però che il governo fosse autorizzato a fare più spesa pubblica con
quella moneta, rimanevano in essere i vincoli di deficit e di debito pubblico,
quindi non si è risolto nulla.
Oggi a causa di
fenomeni come il Covid, le rotture delle catene di fornitura alle aziende
provocate dai lockdown, poi la guerra in Ucraina, la crescita del petrolio, la
crescita del gas, abbiamo un problema di inflazione troppo alta. L'unico modo con
cui le banche centrali la combattono è alzare i tassi di interesse, quindi
stringere il credito, perché è in realtà è l'unica arma che hanno a disposizione.
Allora la mia
domanda è: ma perché invece di continuare ad aumentare i tassi, che
sull'inflazione può avere degli effetti ma solo perché produce o aggrava una
recessione economica, non si fanno altre cose tipo ridurre l'IVA, tipo ridurre
le accise sui carburanti, tipo ridurre le imposte indirette sui generi di prima
necessità ?
E la risposta è
sempre: perché aumenta il deficit pubblico e aumenta il debito pubblico.
Torniamo al discorso precedente, si cerca di rispettare dei parametri di
deficit e di debito pubblico che in realtà non hanno un senso logico.
Se vogliamo
avere un'economia che cresce in maniera armonica, che cerca di raggiungere i
migliori obiettivi in termini di crescita economica e di stabilità monetaria,
non possiamo ragionare come se esistesse una politica monetaria staccata dalla
politica fiscale e che per di più è anche in grado di condizionare la politica
fiscale. Dobbiamo vedere la politica economica come un tutt’uno.
Il motivo per
cui noi insistiamo a proporre lo strumento della moneta fiscale è che si tratta
di un titolo emesso dallo stato e che ha valore in quanto serve a pagare tasse
in futuro. E’ proprio questo che unisce la politica fiscale e la politica
monetaria, che mette lo Stato, il governo, nella condizione di poter gestire la
propria politica economica immettendo moneta quando serve. Tenuto conto di
vincoli che esistono, non è che può farlo all’infinito, ma i vincoli sono il
pieno impiego, l'occupazione, lo sviluppo armonico dell'economia, la stabilità
dei prezzi, aggiungo anche evitare deficit commerciali che creino debito estero
in moneta straniera.
Quest’ultimo è
un potenziale problema nel momento in cui una crescita eccessiva dell'economia
alimenta importazioni che a loro volta creano debito (privato stavolta) in
moneta straniera: che può anch’esso diventare destabilizzante. Poi ci sono
paesi come gli Stati Uniti che hanno enormi deficit commerciali in dollari e
quindi il problema è molto inferiore anche se non proprio inesistente. Comunque
è un debito in dollari e i dollari loro li stampano.
In conclusione:
io ero contrario all'introduzione dell'euro nel momento in cui si è deciso di
lanciarlo. Però ho sempre pensato, da quando la crisi dell'euro è partita, che
fosse troppo complicato operativamente e anche politicamente romperlo. Non è
impossibile ma il grado di complessità è molto alto. Quello che invece si può
fare e per cui noi ci battiamo è tenere l'euro ma introdurre uno strumento
monetario autonomamente gestito dallo Stato nazionale, per quanto ci riguarda
in particolare dallo Stato italiano. Questo serve in particolare agli stati che
sono nell’euro. In che misura servirebbe all'Ungheria dipende da quanto la
banca centrale è completamente indipendente o si coordina e si collega col
Governo Nazionale.
In Italia però è
uno strumento che ci porrebbe in grado di ottenere obiettivi veramente molto
significativi in termini di crescita armonica dell'economia e in termini di
stabilità del sistema finanziario. Viene purtroppo osteggiato a livello
politico perché ridà autonomia al paese: chi punta invece alla cessione di
sovranità, chi punta a centralizzare le decisioni politiche e in particolare di
politica economica vede con ostilità questa innovazione. Per capire, però, la
situazione dell'economia e del sistema politico italiano è molto importante avere
chiari e riflettere su questi temi. Grazie.