Michal Kalecki
(1899 – 1970), economista polacco, è spesso definito un precursore delle idee
esposte nella “Teoria Generale” di Keynes.
In effetti,
prima di Keynes e indipendemente da lui, Kalecki formulò una serie principi generali di
fondamentale importanza, in merito tra l’altro all’utilizzo di politiche
governative di sostegno della domanda per portare i sistemi economici alla
piena occupazione.
Keynes riconobbe
la priorità di Kalecki nel pubblicare queste tesi, anche se fu l’economista inglese
a renderle note a livello internazionale. Kalecki non fu aiutato, da questo
punto di vista, dal fatto di scrivere in polacco.
Nello sviluppare
e nel descrivere i contenuti del progetto Certificati di Credito Fiscale, l’ho
frequentemente definito un’innovazione di politica economica di matrice
keynesiana.
Tre elementi del
progetto CCF sono di particolare rilievo.
Il primo elemento
è la possibilità, per i vari paesi appartenenti all’Eurozona, di introdurre
titoli di Stato (i Certificati di Credito Fiscale, appunto) che il governo
emittente si impegna non a rimborsare in cash, ma ad accettare (in futuro) per
onorare obbligazioni finanziarie nei suoi confronti. In primo luogo, quindi,
per pagare tasse.
Non si tratta
quindi di debito, bensì di un equivalente della moneta. I vari stati, senza
uscire dal sistema euro, recuperano la facoltà di emettere una forma di moneta
nazionale.
Il secondo
elemento del progetto è l’emissione di CCF per effettuare azioni di
sostegno della domanda in misura sufficiente a riportare l’economia a normali
ed adeguate condizioni di occupazione.
I CCF vengono attribuiti
gratuitamente a lavoratori, aziende e allo Stato medesimo.
I lavoratori
migliorano così il loro reddito. Le aziende abbassano i loro costi (con un
immediato recupero di competitività). Lo Stato utilizzano i CCF per ulteriori
azioni di sostegno alla spesa (sovvenzioni a categorie disagiate, rafforzamento
di spesa sociale, interventi in territori colpiti da calamità naturali, accelerazione
di pagamenti ad aziende fornitrici della pubblica amministrazione eccetera).
Il terzo
elemento è che la porzione di CCF destinata a ridurre i costi delle aziende
va dimensionata in modo da abbassare i costi produttivi delle aziende operanti
nei vari stati fino al livello che consente ai paesi meno efficienti
dell’Eurozona (i paesi mediterranei, in pratica) di colmare la differenza con i
paesi dell’ex area marco (la Germania in primo luogo).
Quindi,
riportare il costo del lavoro per unità di prodotto dei vari stati a livelli
all’incirca uguali, ottenendo per un’altra via il risultato che – in regime di
valute nazionali e cambi flessibili – verrebbe conseguito mediante un
riallineamento valutario.
Il
riallineamento dei costi di lavoro per unità di prodotto ha anche la finalità
di impedire che, tra i vari stati dell’Eurozona, si producano sbilanci
commerciali sistematici. I paesi che migliorano la loro competitività mediante
l’introduzione dei CCF hanno l’obiettivo di recuperare contemporaneamente piena
occupazione ed equilibrio della loro bilancia commerciale.
Pochi giorni fa
mi sono imbattuto in questa citazione.
“La piena
occupazione può essere assicurata da un programma di spesa pubblica, a
condizione che esista un adeguato piano per impiegare tutta la forza lavoro
esistente, e purché adeguate forniture di materie prime estere possano essere
ottenute in cambio delle esportazioni”.
Michal Kalecki,
1943
Due precisazioni
un po’ pignole: il “programma di spesa pubblica” dal punto di vista della
formulazione del progetto CCF è più precisamente un “programma di sostegno
pubblico alla spesa” – spesa che in buona parte è, alla fine, privata.
E l’”adeguato
piano per impiegare tutta la forza lavoro esistente” sempre dal punto di vista
del progetto CCF non significa necessariamente espandere (o espandere solo) il
pubblico impiego, ma anche e soprattutto l’occupazione delle aziende private
(grazie al recupero generale della domanda).
Ma stiamo
comunque parlando di: politica pubblica di sostegno alla spesa, e conseguimento
del pieno impiego, rispettando il vincolo di saldi commerciali esteri in
equilibrio.
Direi quanto
basta per definire i CCF un progetto kaleckiano.