Breve (ma non
tanto) post per rispondere a un commento ricorrente di chi ancora dubita di
quanto sia stato disastroso per l’Italia l’ingresso nell’euro.
L’argomentazione
degli euroausterici è molto semplice. Certo, le prestazioni dell’Italia dall’ingresso
nell’euro in poi sono state estremamente deludenti. Ma solo la Grecia si è
trovata in difficoltà ancora maggiori. Gli altri se la sono cavata, chi più chi
meno, meglio, o meno peggio. “Quindi” il problema non è l’euro, ma l’Italia
stessa.
Una precisazione
a monte: di crisi dell’euro si parla all’incirca dal 2010, quando sono esplosi
gli spread dei cosiddetti PIGS. Ma
nel quartetto inizialmente l’Italia non c’era. C’erano Portogallo, Irlanda,
Grecia e Spagna.
L’Italia è
arrivata un annetto dopo, e i PIGS sono diventati PIIGS.
Effettivamente,
tre dei quattro membri del quartetto originario (Grecia a parte) sono usciti
dalle difficoltà di quel periodo meglio dell’Italia. E quindi l’Italia, sempre
con l’eccezione della Grecia, è l’outlier
in negativo dell’eurozona.
Le motivazioni
tuttavia sono semplici, e non hanno nulla a che vedere con “la mancata volontà
italiana di attuare le riforme” (che non si capisce tra l’altro perché sarebbe
mancata, visto che con la sola eccezione dell’anno gialloverde, metà 2018 –
metà 2019, da fine 2011 in poi l’Italia ha sempre avuto governi di stretta
osservanza bruxellese).
In primo luogo, l’Eurozona
si divide in due blocchi: il Nord caratterizzato da poca inflazione e (prima
dell’euro) valute tendenzialmente forti, e il Sud connotato da più inflazione e
valute tendenzialmente deboli.
Ne segue che la
moneta unica rende più competitive le produzioni del Nord, e meno quelle del
Sud. Il Nord, la Germania in particolare, ha quindi potuto generare grossi surplus
commerciali: è cresciuto sulla domanda esterna molto più che su quella interna.
A danno del resto dell’Eurozona.
Il Sud però non
comprende solo l’Italia ma, come detto, anche altri paesi che hanno subito meno
danni. Portogallo, Spagna, mettiamoci pure anche la Francia.
Perché questi
paesi sono stati alla fine meno penalizzati dall’eurocrisi ? perché hanno “riformato”
? no, perché la UE ha chiuso un occhio mentre loro generavano deficit pubblici
ben superiori a quelli italiani.
I dati rilevanti
li fornisce Bankitalia, a pagina 4 qui.
La crisi dei
debiti sovrani ha dispiegato i suoi effetti nel triennio 2011-3. In questo
periodo, l’Italia si è letteralmente svenata, massacrando cittadini e aziende,
producendo decine di migliaia di fallimenti e il raddoppio della povertà,
perdendo cinque punti di PIL durante tredici trimestri consecutivi di
recessione, nello sforzo disperato di tenere il livello del 3% per il rapporto
deficit / PIL.
E c’è riuscita,
o quasi. Sui tre anni, il deficit cumulato è stato del 9,4%. Peccato che il DEBITO
PUBBLICO rispetto al PIL sia invece aumentato di TREDICI punti, per la
motivazione peggiore – l’impatto negativo sul denominatore.
Gli altri ?
anche loro hanno dato il massimo per raggiungere il 3% annuo, o qualcosa di
molto vicino ?
Ma neanche per
idea. Nei tre anni aggregati, la Francia ha registrato il 14,3%. La Spagna il 28,8%.
Il Portogallo il 19%.
Quindi a seconda
dei casi cinque, dieci, venti punti in più di risorse finanziarie immesse nell’economia.
In tre anni.
Come mai siamo
stati trattati così male ? la spiegazione ricorrente è: perché abbiamo un
debito pubblico più alto (rispetto al PIL) degli altri. Ma, a parte che la
strategia si è rivelata, come detto, fallimentare se lo scopo era di ridurlo,
questa è semplicemente un’ulteriore prova che l’Italia nell’euro non ci doveva
proprio entrare.
L’Italia non ha
mai avuto, da decenni in qua, una posizione finanziaria sull’estero problematica.
Oggi è addirittura un paese CREDITORE NETTO. La NIIP (Net International Investment
Position) italiana a fine 2021 (dati Eurostat) era POSITIVA in misura pari al
7,4% del PIL. La Francia era a -32,1%, la Spagna a -70,4%, il Portogallo a
-95,9%.
Dei paesi
considerati, l’Italia era ed è proprio quello che NON ha vissuto al di sopra dei
propri mezzi, che NON ha sistematicamente speso più di quanto producesse. Ed è
stata invece trattata come se, più di tutti, avesse bisogno di comprimere
domanda interna e investimenti. Con effetti catastrofici sulla crescita.
L’alto debito
pubblico italiano va di pari passo con l’alto risparmio privato, Gli italiani
semplicemente hanno più di altri utilizzato l’investimento in titoli di Stato
come allocazione preferenziale del loro risparmio.
Tutto il
problema del debito pubblico italiano si riduce alla necessità di rifinanziarlo
a scadenza. Ma il rifinanziamento non è mai un problema per uno Stato che
emette debito nella SUA moneta e gode della garanzia dell’istituto di
emissione.
Con l'ingresso nell’euro,
l’Italia si è creata un problema (l’alto debito pubblico) che con la lira non
esisteva. Ha adottato politiche che potevano avere una qualche minima parvenza
di senso se ci fosse stato un alto livello di debito netto esterno al paese –
che non c’era. Non ha ovviamente risolto il problema (inventato) del debito
pubblico, e “in compenso” ha devastato la sua stessa economia.
Ecco perché il
progetto dell’euro, pessimo in sé, è stato catastrofico per l’Italia più che
per altri paesi.