Ho già citato, in questo blog, Robin Brooks, un economista mainstream molto attivo (tra l’altro) su twitter: interessanti i dati che commenta, ma spesso non si rende conto delle incoerenze che spuntano nelle sue analisi.
Per esempio giusto
ieri, qui
ci fa sapere che la BCE sbaglia ad alzare i tassi velocemente e intensamente come sta avvenendo. Apparentemente (dice) sta entrando in gioco la “paura del cambio flessibile” (fear of floating), che spinge ad alzare i tassi per evitare una svalutazione troppo forte. Invece è meglio “lasciare che l’euro si aggiusti e che [il cambio] sia lo stabilizzatore automatico che è supposto essere”.
Il problemino sottostante a questa affermazione, in sé assolutamente condivisibile, è il seguente.
Se il cambio flessibile è un preziosissimo stabilizzatore automatico, non è stato FOLLE eliminare i cambi flessibili ALL’INTERNO dell’eurozona, e in maniera molto difficilmente reversibile, come è avvenuto con l’introduzione dell’euro ?
L’affermazione di Brooks, in altri termini, starebbe benissimo in bocca a un eurocritico. Che direbbe: giusto, lasciamo che il cambio dell’euro scivoli, mitigando gli effetti di Putin che ci taglia il gas (mentre gli USA sono autosufficienti). Aiutiamo chi è più colpito dalle difficoltà rispetto a chi lo è meno. Proprio a questo serve la fluttuazione del cambio.
Ma aggiungerebbe anche, l’eurocritico: quanto sarebbe stato utile, allora, per i paesi mediterranei svalutare rispetto a quelli del Nord ?
Brooks non è affatto un eurocritico. Però dovrebbe allora spiegare perché il cambio flessibile è un insostituibile stabilizzatore se si parla di euro / dollaro, mentre si è allegramente e serenamente deciso di farne a meno nell’ambito dell’eurozona.
Ma questa spiegazione Brooks non la dà, insistendo invece sull’utilità delle regole fiscali e delle riforme strutturali.
Che essendo
procicliche e deflattive, sono invece risultate un problema ancora peggiore del
cambio fisso.
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