sabato 27 luglio 2024

La ricchezza del debito pubblico

 

Il mainstream degli economisti e degli organi d’informazione è riuscito a mettere nella testa di larga parte della popolazione il concetto che il debito pubblico impoverisca il paese, e che di conseguenza sia necessario, essenziale, vitale, indispensabile ridurlo.

E’ un’affermazione completamente infondata.

Il debito pubblico in moneta propria può essere in qualsiasi momento estinto o rifinanziato dal paese che lo emette. Non è un onere, non crea vincoli di solvibilità.

Il debito pubblico corrisponde, centesimo per centesimo, a risparmio di chi possiede i titoli. E il debito pubblico di un paese, e in particolare dell’Italia, è tipicamente detenuto da residenti del paese stesso.

Il debito pubblico è una forma di impiego del risparmio privato che viene automaticamente generato quando lo Stato spende più di quello che tassa. I titoli di Stato sono risparmio, sono valore. Ridurre l’ammontare in circolazione non significa arricchire il paese. Al contrario.

L’eccesso di spesa dello Stato rispetto alla tassazione, cioè il deficit pubblico, oltre certi livelli (che non corrispondono a nessun limite numerico definito a priori) può essere da evitare in quanto inflazionistico. Ma questo è un altro discorso, che non ha nulla a che vedere con la solvibilità dello Stato.

I “vincoli di finanza pubblica”, nei termini in cui ne parla il mainstream, sono una colossale mistificazione. Sono un problema creato senza alcuna necessità. L’ha generato esclusivamente, per quanto riguarda l’Italia, la decisione di aver rinunciato alla propria moneta. Senza alcuna ragione economica.

 

giovedì 25 luglio 2024

martedì 23 luglio 2024

Niente scuse per la Fornero

 


Cottarelli si sbaglia, come si è sbagliata Elsa Fornero, e nessun suo critico si deve scusare. Lo squilibrio tra occupati e pensionati può essere riequilibrato allungando l'età lavorativa (di chi è nelle condizioni di lavorare, s'intende) ma SOLO a condizione che I POSTI DI LAVORO CI SIANO. Il problema della riforma Fornero, in un contesta di feroce austerità promossa da Monti su istruzioni UE, non è di aver fatto lavorare di più ma di aver creato disoccupazione ed esodati. QUESTO è il problema del sistema pensionistico, ma prima ancora dell'economia, finché si seguono le euroricette.

sabato 20 luglio 2024

Come argomentano gli euroausterici

 Qualche giorno fa mi imbatto in un tweet di Riccardo Trezzi, economista sedicente keynesiano, in realtà euroausterico.




La risposta di Riccardo Trezzi (di cui non posso fare screenshot per evidenti motivi) ? "Non sono qui per farmi insultare. Ora la blocco".

Inutile chiedersi dove sarebbe l'insulto. Inutile chiedersi se questa sia un'argomentazione.

Questo è il livello.

martedì 16 luglio 2024

Voleva dire lasche

 Oggi sul Sole 24Ore. Per scrivere sul prestigioso organo della Confindustria, conoscere l'economia non è un requisito indispensabile. Questo lo sapevamo.

Però almeno l'italiano.

Beda Romano a pagina 12.

"Dovrà essere restrittiva nel 2025 la politica di bilancio dei paesi della zona Euro, secondo i ministri delle finanze dell'unione monetaria che si sono riuniti ieri a Bruxelles. La presa di posizione nasce in un contesto economico incerto, ma mentre preoccupa in molti paesi l'elevato debito pubblico. Lo sguardo corre alla Francia. Una fetta dell'establishment tedesco teme che la deriva francese possa condurre altri paesi a politiche troppo lascive".

Zoppica anche la sintassi.

Sull'analisi macroeconomica stendiamo un velo.

mercoledì 10 luglio 2024

Il disastro Giorgetti

 

Come si fa a risollevare il paese se il ministro dell’economia infila una serie di sfondoni come quelli inanellati da Giorgetti e puntualmente riportati dal Sole 24 Ore odierno (pagina 2, articolo sull’assemblea ABI di ieri) ? e come si fa a ritenere la Lega un partito euroscettico e antiausterità, se uno dei suoi principali esponenti si esprime in questi termini ?

“Il ritorno al pareggio del bilancio pubblico al netto dei costi del debito pregresso” è “un dovere morale per le prossime generazioni” prima ancora di essere “un obiettivo politico” o un vincolo comunitario, anche per “uscire dalla condizione di paese ad alto debito perennemente sotto esame”.

Questo ha dichiarato l’ineffabile ministro.

Neanche quattro righe, che contengono però tre autentiche bestialità.

UNO, non c’è nulla di “morale” nel pareggio del bilancio pubblico. Il deficit, cioè l’eccesso di spesa pubblica rispetto alle tasse, è il principale canale tramite il quale lo Stato immette nell’economia mezzi di pagamento, che sono anche unità di potere d’acquisto. E questi mezzi DEVONO crescere nel tempo, perché l’economia e i suoi valori monetari nel tempo CRESCONO. Da cui: la condizione NORMALE del bilancio pubblico è IL DEFICIT, NON IL PAREGGIO. E infatti, salvo rare e transitorie eccezioni, i bilanci pubblici di tutti gli Stati sono in deficit.

DUE, ma se avesse ragione Giorgetti, cioè se il pareggio di bilancio fosse un “dovere morale”, perché allora parlare di pareggio “al netto dei costi del debito pregresso”, cioè esclusi gli interessi ? Gli interessi sul debito pubblico sono una forma di spesa “più morale” rispetto, per esempio, alla spesa per la sanità, per l’istruzione, per le infrastrutture pubbliche ?

TRE, vogliamo capire una volta per tutte che l’Italia NON è un “paese ad alto debito” ? l’Italia è un paese CREDITORE NETTO SULL’ESTERO. Le attività finanziarie e patrimoniali possedute da residenti italiani all’estero sono SUPERIORI ai beni italiani detenuti da stranieri. Quello che è alto è il debito della pubblica amministrazione, che NON è debito del paese, perché in misura preponderante è detenuto da italiani. E (questo spero che lo capisca anche Giorgetti) i cittadini italiani fanno parte del paese tanto quanto la sua pubblica amministrazione.

Un ministro dell’economia che non fa altro se non rifriggere stantii e logori luoghi comuni, smentiti mille volte sia in teoria che in pratica. Come del resto i suoi predecessori. Ma anche peggio.

 

martedì 9 luglio 2024

La truffa europeista

 

E’ perfettamente lecito sostenere che i paesi europei si troverebbero in una posizione economica, geopolitica, sociale molto più forte, molto più solida, molto più prospera, se si fondessero in un’unica entità politica. Non è la mia opinione, ma è assolutamente legittimo esporre e difendere le motivazioni per andare in quella direzione.

E’ però completamente truffaldino affermare che SICCOME l’unità politica è una bella cosa, OCCORRE mettere in atto tutti i possibili passaggi preliminari, in termini di cessioni di sovranità, per raggiungere quell’obiettivo finale.

E’ truffaldino perché l’unità politica non è affatto un obiettivo condiviso dalla maggioranza dei cittadini dei vari stati dell’Unione Europea, paese per paese. E senza questa opinione favorevole, l’unione politica può essere bella o può essere brutta, ma rimane un traguardo verso il quale NON si è ancora formata la volontà di dirigersi.

Nel frattempo le forme di integrazione e di cooperazione messe in atto all’interno della UE non vanno giudicate in funzione di un ipotetico, ma al momento inesistente (nel senso di non condiviso) obiettivo finale: bensì per i risultati che ottengono.

Inutile quindi dire (per esempio) che la moneta unica o le regole di bilancio “magari” hanno dei difetti ma non possono essere messe in discussione per non compromettere l’obiettivo degli Stati Uniti d’Europa. L’obiettivo oggi non c’è.

Ci sono invece i risultati della governance eurozonica. E sono pessimi.

 

sabato 6 luglio 2024

Potenziale di crescita, a breve e a lungo termine

 

La mancanza di potere d’acquisto tarpa la crescita dell’economia, e questo blog è dedicato infatti a spiegare che certi limiti sono puramente artificiali, che sono un fattore di strumentalizzazione politica, e che possono essere rimossi.

Però occorre aver chiaro che i limiti fisici esistono e, inoltre, che non sono gli stessi nel breve e nel lungo periodo.

Esempio.

Supponiamo di voler aumentare il numero di persone, esistenti in tutto il mondo, che sanno leggere e scrivere. E supponiamo che su otto miliardi di persone il numero degli analfabeti sia il 10% del totale, cioè ottocento milioni.

Se avviamo un programma intensivo di istruzione e alfabetizzazione, possiamo insegnare a leggere e a scrivere a tutte queste persone. Servono grandi risorse di strutture e di personale, ma concettualmente è possibile. In quanto tempo ? diciamo in un anno, con un grande sforzo organizzativo.

Bene.

Ora supponiamo di porci un obiettivo ancora più ambizioso. Non ci basta portare il numero degli alfabetizzati da 7,2 a 8 miliardi. Vogliamo arrivare a 10.

E’ concettualmente possibile raggiungere questo obiettivo in un anno ?

No, perché quei due miliardi di persone in più semplicemente non esistono.

E’ possibile in un periodo più lungo ?

Sì, avviando un programma intensivo di supporto alla natalità, incentivando le nascite, generando due miliardi di bambini E POI insegnando loro a leggere e a scrivere.

Dovrebbe essere evidente che generare due miliardi di bambini richiede AL MINIMO nove mesi, e che per alfabetizzare un bambino occorre che raggiunga una certa età, mediamente stimabile diciamo in sei anni.

Per quante risorse si possano mettere a disposizione, aumentare il numero degli individui alfabetizzati sulla terra ha dei tempi. E mentre per un incremento di ottocento milioni il tempo può, almeno in teoria, essere di un anno, per un incremento superiore il tempo non può essere inferiore a oltre sei anni.

Rimuovere i limiti al pieno impiego delle risorse produce risultati di breve termine (metto all’opera le risorse che ci sono) e di lungo termine (creo le condizioni per disporre di più risorse fisiche). Ma i tempi non sono gli stessi. Il recupero del potenziale inespresso può essere relativamente rapido, l’incremento del potenziale massimo richiede più tempo.

Fermo restando che la rimozione dei limiti artificiali alla crescita permette di conseguire entrambi gli obiettivi. In tempi diversi, però.

Applicato all’economia questo che cosa significa ? che se un determinato settore economico ha un 10% di manodopera qualificata inoperosa, quel 10% può essere messo al lavoro in tempi relativamente rapidi. E’ “solo” questione di potere d’acquisto e di domanda.

Ma oltre quel 10%, devo formare nuovo personale qualificato. E questo ha dei tempi più lunghi.

 

mercoledì 3 luglio 2024

Chi è indipendente da chi ?

Nelle alte sfere europee ed eurocratiche c’è molto nervosismo per gli esiti del secondo turno delle elezioni politiche francesi. Ed è interessante riflettere su due recenti dichiarazioni.

Da un lato, il ministro delle finanze tedesco, Christian Lindner, ha affermato che la Germania potrebbe opporsi all’intervento della BCE per calmierare i tassi sui titoli di Stato francesi (s’intende, in caso di esito “troppo favorevole” a Marine Le Pen, che potrebbe mandare in fibrillazione i mercati finanziari).

Dall’altro, il presidente di una grande banca francese (Société Générale), che peraltro è un italiano (Lorenzo Bini Smaghi, già membro del comitato direttivo BCE) ha ribattuto che la dichiarazione di Lindner “ha oltrepassato il limite perché ha dato l’impressione di minare l’indipendenza della Banca Centrale Europea”.

Ora, lungi da me sostenere la posizione di Lindner, esponente dell’euroausterismo più ottuso. Però l’affermazione di Bini Smaghi ripropone la solita domanda: ma perché è anatema mettere in dubbio l’indipendenza della BCE dai governi, mentre viene ritenuto perfettamente normale, al contrario, che la BCE condizioni pesantemente l’operato dei governi medesimi (come è del tutto evidente almeno dal 2011, cioè dalla famigerata lettera Trichet – Draghi inviata al governo Berlusconi) ?

Una volta di più, si riconferma che l’eurozona è un mostro antidemocratico. L’istituto di emissione monetaria è indipendente dai governi, che non si devono neanche azzardare a mettere in discussione questo dato di fatto. Ma l’istituto di emissione monetaria condiziona pesantemente le politiche degli stati membri, fino a mettere in atto vere e proprie azioni di ricatto. E questo agli eurocrati e agli euroausterici appare invece perfettamente normale.

Tutto questo sarebbe inaccettabile anche se producesse effetti positivi sul benessere economico dei cittadini dell’Eurozona. Ma gli effetti sono invece pessimi.

La domanda (retorica) è la solita. Per quanto tempo ancora dobbiamo accettare questa situazione ?