I risultati del
primo turno delle presidenziali francesi hanno dato luogo a diverse
interpretazioni.
Da un lato, si è
sottolineato lo spostamento degli elettori verso posizioni anti-establishment.
Dall’altro, si
fa notare che dei tre principali candidati – Macron, Le Pen e Mélenchon – è
proprio Macron, il candidato establishment per eccellenza, ad aver ottenuto la
maggior crescita di consensi.
In effetti
Macron è salito dal 24% al 27,8%, Marine Le Pen dal 21,3% al 23,2% e Mélenchon
dal 20% al 22%.
Quest’ultimo
punto è corretto, ma non racconta tutta la storia. La crescita di Macron è
stata, in buona sostanza, prodotta dalla devastante erosione dei consensi subita dai due tradizionali “pilastri del sistema”, i repubblicani (crollati dal 20%
al 4,8%) e i socialisti (dal 6,4% all’1,8).
Marine Le Pen è
invece salita nonostante la comparsa sulla scena di Zemmour, che pur ottenendo
un risultato inferiore alle attese ha comunque raggiunto il 7,1%.
Una riflessione
più completa può essere effettuata sommando i voti di tutti i candidati
classificabili come anti-establishment.
Nel 2017
avevamo:
Anti-establishment
di destra: Le Pen + Dupont-Aignan + Asselineau = 21,3% + 4,7% + 0,9% = 26,9%
Anti-establishment
di sinistra: Mélenchon + Poutou + Arthaud + Cheminade = 19,6% + 1,1% + 0,6% +
0,2% = 21,5%.
Quindi
anti-establishment 48,4%, establishment (per differenza) 51,6%.
Nel 2022 la
situazione è diventata:
Anti-establishment
di destra: Le Pen + Zemmour + Dupont-Aignan = 23,2% + 7,1% + 2,1% = 32,4%.
Anti-establishment
di sinistra: Mélenchon + Roussel + Poutou + Arthaud = 22,0% + 2,3% + 0,8% +
0,6% = 25,7%.
Quindi
anti-establishment 58,1%, establishment 41,9%.
Lo spostamento
verso l’anti-establishment effettivamente c’è, ed è tutt’altro che marginale: dieci punti.
Tutto questo fa
differenza ? con ogni probabilità, non sul risultato finale delle elezioni
presidenziali. Al ballottaggio, come cinque anni fa si sfideranno Macron e Le
Pen. L’esito sarà più equilibrato rispetto al 2017, quando finì 66,1% a 33,9%.
Ma non fino al
punto da ribaltare l’esito. Marine Le Pen, al 32,4% dell’anti-establishment di
destra potrà aggiungere – si stima – forse un terzo dell’anti-establishment di
sinistra. Diciamo otto-nove punti, che la porterebbero al 41%.
Forse un altro
8% dell’anti-establishment di sinistra potrebbe astenersi al ballottaggio. Col
che il 41% di Marine Le Pen salirebbe automaticamente a 41 / 92 = 44,5% circa.
Non è da
escludere che un 1-2% arrivi dai Repubblicani, crollati al primo turno, come
detto, al 4,8% (rispetto al 20% ottenuto da Fillon nel 2017). E sul piano
aritmetico una piccola spinta a Marine Le Pen potrebbe essere fornita da tassi
di astensione più alti, presso l’elettorato filo-establishment, rispetto
all’anti-establishment di destra.
In definitiva,
anche la combinazione di fattori, tra quante ragionevolmente possibili, più
sfavorevole a Macron lo vede vincente. Con qualcosa tipo quattro punti di
margine, 52% - 48%.
Per ipotizzare
un esito finale diverso bisogna immaginare un’ondata lepenista maggioritaria
presso i melenchoniani. E francamente questo mi sembra fuori dalla realtà.
Certo, Macron si
è indebolito. Certo, il suo indebolimento potrebbe produrre una maggioranza
fragile in occasione delle elezioni parlamentari, che si terranno a giugno, e
quindi difficoltà nella sua futura azione di governo.
Ma avremo comunque
– cioè avranno i francesi – Macron per altri cinque anni. Anche se una percentuale
di elettori nettamente maggioritaria, e in forte crescita rispetto al 2017,
preferirebbe di gran lunga un presidente diverso. Ma funzionerà ancora, a suo
favore, la spaccatura dell’anti-establishment tra destra e sinistra.